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Domenica, 28 Luglio 2019 09:36

Tre poesie inedite di “mastro” Bruno Pelaggi nel nuovo libro di Domenico Pisani

Scritto da Bruno Greco
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La famiglia Timpano (“Fatunedha”) nel quartiere “Zzàccanu", in posa di fronte alla casa di mastro Bruno, che si vede seminascosto dalla porta (Stampa fotografica del 1965 da un originale perduto, collezione privata) La famiglia Timpano (“Fatunedha”) nel quartiere “Zzàccanu", in posa di fronte alla casa di mastro Bruno, che si vede seminascosto dalla porta (Stampa fotografica del 1965 da un originale perduto, collezione privata)

Mastro Bruno Pelaggi, come uno spettro, si insinua con rinnovata scaltrezza nei meandri dell’infinito dibattito culturale che lo riguarda, facendo ancora parlare di sé e suscitando la curiosità degli appassionati e degli studiosi. A distanza di più di 100 anni dalla morte il suo spirito suggerisce, stuzzica e rivisita la sua posizione nell’universo letterario calabrese quanto la sua stessa vita. Di fatto, oggi come ieri, burla, ironia e denuncia sociale restano gli ingredienti più pregiati del suo particolare carattere. L’interesse sul poeta-scalpellino si riaccende col nuovo saggio dello storico dell’arte Domenico Pisani (figlio del compianto artista Giuseppe Maria), “Bruno Pelaggi e il suo tempo. Un poeta e le lotte politiche fin de siècle a Serra San Bruno” (ConSenso Publishing). Come riporta il Corriere della Calabria, il nuovo libro di Pisani nasce dalla scoperta di diciotto pagine manoscritte, (pubblicate anche nel volume), che secondo l'autore sarebbero coeve del poeta-scalpellino serrese. Un manoscritto che a suo dire, date la pagine ingiallite e l’anzianità dell’inchiostro di china sulle stesse, «può essere considerato la trascrizione di uno dei manoscritti perduti redatti dalla figlia del poeta, Maria Stella, oppure, come è tradizione, da un’amica della ragazza». Pagine, tra cui compare anche un foglio mutilo, considerate dunque da Pisani "sorelle" di quelle originali oggi andate perdute e che contengono una decina di poesie di “mastro” Bruno Pelaggi, di cui tre inedite rispetto alle pubblicazioni del nipote Angelo Pelaia prima e del pronipote Biagio Pelaia poi. Si tratta di un sonetto scritto nel 1896 in occasione «dello sposalizio di don Peppino Pisani e di donna Luigina Barillari»; di un altro (quello del foglio mutilo) dedicato a monsignor Giuseppe Barillari, vescovo coadiutore di Cariati, che reca in calce la scritta «Vi bacia rispettosamente la mano il vostro servo Bruno Pelaggi», e che Pisani attribuisce alla figlia di “mastro” Bruno, Maria Stella, dopo aver fatto il confronto con la grafia della firma apposta in calce all’atto di successione del padre; e una poesia, la terza, dedicata a “Chichiriddì” o “Chichirichì”, già conosciuta però tronca di 20 strofe e con una in più di cui invece nel manoscritto non c’è traccia. 

Alla pubblicazione degli inediti Pisani affianca una biografia più ricca del poeta, in cui ricostruisce anche le storie (corredate spesso da rare immagini d'epoca) di tanti personaggi che popolavano le sue poesie e la Serra San Bruno di fine '800. Il tutto grazie a un minuzioso studio durato anni attraverso la consultazione di documenti dell’Archivio di Stato di Catanzaro, degli archivi comunali e privati, delle Arciconfraternite religiose locali, di alcune collezioni fotografiche private e ovviamente degli archivi della Certosa. Un ulteriore saggio che si va ad aggiungere al già prezioso contributo sul poeta fornito da Angelo e Biagio Pelaia, da Sharo Gambino, e da studiosi del calibro di Umberto Bosco e Tonino Ceravolo. Un’altra buona notizia per il poeta dopo la collocazione nel dizionario biografico Treccani. 

Oltre al rinvenimento delle tre nuove poesie, Pisani fa emergere anche alcune incongruenze con i versi riportati negli scritti del passato. Lo storico dell’arte, confrontando il manoscritto con le poesie pubblicate nella prima edizione di Angelo Pelaia (1965), segnala che «significative difformità si trovano nei titoli e in alcuni versi». La più interessante, a suo parere, riguarda la poesia conosciuta come “A Umberto I° re d’Italia” o come “Lettera ad Umberto I”. Nel manoscritto scoperto da Pisani il titolo è completamente diverso, come differente è anche il destinatario dei versi: “Lamienti calabrisi. A sua maestà Vittorio Emanuele III re d’Italia”. Con il nuovo lavoro di Pisani si aprono dunque nuovi spiragli sulla vita di “mastro” Bruno e sullo studio problematico delle fonti dei suoi versi, impreziositi da un ricco corredo di immagini che tracciano rapporti. Senza tralasciare i passaggi che riguardano gli ideali politici del poeta-scalpellino e la sua tendenza a indirizzare la sua poesia di protesta contro gli uomini di potere (nonostante il suo forte legame con il parlamentare del Regno Bruno Chimirri). Attitudine, quella della poesia, che probabilmente – ricostruisce ancora Pisani – era cara a più di un serrese dell’epoca.