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Lunedì, 10 Giugno 2013 13:15

Barricate a Scala Coeli: la discarica in mezzo alle colture protette

Scritto da Sergio Pelaia
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mini presidio_blocco_dei_camion_20_maggioSCALA COELI – Camminando lungo la strada che porta alla discarica si intuisce subito che la calma bucolica che si respira tutt’intorno è effimera. Più che di una strada, per la verità, si tratta di un sentiero sterrato, una mulattiera che si intrufola in mezzo alle colline verdeggianti chiuse a semicerchio che sembrano proteggere, tra terreni coltivati e prati lasciati al pascolo degli animali, l’avanzata del fiume Nicà verso lo Jonio. C’è qualcuno che, senza farsi vedere, sorveglia il sentiero, dall’alto. Sono le sentinelle della valle, appostate sulle colline controllano con discrezione che non ci provino di nuovo, perché finora hanno vinto loro ma sanno bene che si tratta solo di una battaglia.
Una battaglia vera, che si sta combattendo nelle ultime settimane proprio qui, sul territorio che fu teatro, nel 510 a.C., del leggendario conflitto tra Sibari e Crotone, luogo di interesse storico e di rara bellezza naturalistica, dove la “Bieco S.r.l.” ha realizzato una discarica di rifiuti speciali non pericolosi che agli occhi di molti è una ferita aperta nel cuore della valle. 
Qui erano stati avviati i lavori per la costruzione di una diga che avrebbe potuto fornire acqua per irrigare i tanti terreni che nella zona sono destinati all’agricoltura, ma l’opera è stata accantonata per far spazio alla discarica. L’impianto si trova in località “Pipino”, agro del comune di Scala Coeli. E’ stato realizzato tra il 2009 e il 2010, e i problemi che ne hanno bloccato la messa in funzione non sono solo di natura meramente burocratica. 
Sul territorio ci sono molti sindaci che si oppongono al progetto, così come moltissimi cittadini che si sono organizzati in comitati. In prima linea c’è la Rete difesa del territorio “Franco Nisticò”, il movimento “Le Lampare”, il Comitato Anti discarica e il Comitato Valle del Nicà. A muoverli è la convinzione, innanzitutto, che non sia quello il luogo adatto per una discarica che, tra l’altro, essendo di modeste dimensioni, non risolverebbe il problema dei rifiuti che soffoca tutto il basso Jonio Cosentino. Poi c’è il fiume, ci sono le sponde da cui i crotoniati con ingegnosi stratagemmi misero in fuga i sibariti. Due alvei del torrente Capoferro, un affluente del Nicà, attraversano la strada d’accesso all’impianto. Uno dei due passa proprio a pochi metri dalla discarica. Per consentire l’attraversamento della strada, già in condizioni non certo ottimali, sono stati piazzati dei tubi di cemento tramite cui sarà deviato il corso dei torrenti. E poi c’è, appunto, la strada: un sentiero interpoderale, di competenza del comune di Scala Coeli, su cui la “Bieco S.r.l.” ha costruito questi attraversamenti e, in più, anche le opere accessorie della discarica stessa. Per il Comune si tratta di costruzioni abusive, lo ha messo nero su bianco il sindaco Mario Salvato con più di un’ordinanza di riduzione in pristino dei lavori “realizzati senza titolo dalla Bieco”. In sostanza per il Comune queste opere vanno demolite e tutto dovrebbe tornare come prima. E non è finita qui: l’unico accesso al sentiero comunale che porta alla discarica avviene tramite la strada provinciale n. 6 (Umbriatico-Grisica-Ponte Sorvito) su cui, però, c’è il divieto totale di transito decretato dalla Provincia di Crotone con ordinanza n. 4 del 2004, tuttora in vigore. 
Dunque lì non si può arrivare, non dovrebbero passarci nemmeno le automobili, invece il 20 maggio scorso ci arrivano addirittura dei camion, autocompattatori, pieni di rifiuti da scaricare. Tre giorni prima, venerdì 17 maggio, alle 12:58, con una tempistica quantomeno sospetta, la “Bieco S.r.l.” invia un fax al Comune avvisando unilateralmente che il lunedì successivo si sarebbe proceduto al trasporto e all’abbancamento dei rifiuti in discarica. Un’accelerazione improvvisa e imprevista, una doccia fredda sia per l’amministrazione comunale di Scala Coeli che per gli attivisti antidiscarica. Il sindaco corre subito ai ripari con gli strumenti che la legge gli fornisce: emana una nuova ordinanza, datata 19 maggio 2013, con cui vieta alla “Bieco” di conferire i rifiuti nella discarica di località “Pipino”. Gli attivisti si organizzano e mettono in piedi un presidio: la mattina del 20 maggio sono lì, sulla provinciale, a cercare di bloccare i camion che stanno arrivando, nonostante l’ordinanza. 
Tutto come previsto, o quasi. Gli autocompattatori in effetti arrivano, ma sono scortati dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Ai comitati si affiancano agricoltori e piccoli proprietari terrieri che, con la discarica attiva, vedrebbero sfumare il frutto delle fatiche di una vita. Nessuno si intenerisce però: le forze dell’ordine tengono a bada i manifestanti, il blocco dei comitati viene forzato, i camion passano. “Questi alla fine vincono sempre”, afferma piangendo di rabbia un giovane attivista mentre quattro carabinieri non bastano a contenere la disperazione di un uomo con i calli alle mani e tante primavere alle spalle. Ma le loro lacrime si asciugano subito: arrivati ai cancelli della discarica, i camion sono comunque costretti a fermarsi. Davanti non gli si para un gruppo di sovversivi incappucciati e armati, ma il mansueto comandante della Polizia municipale di Scala Coeli che, ordinanza del sindaco in mano, vieta l’accesso e non consente l’abbancamento dei rifiuti. Qualcuno, tra i poliziotti e i carabinieri che prima avevano l’unico obiettivo di far arrivare i camion alla discarica, capisce che forse “la legge” non sta proprio tutta dalla parte della “Bieco”. Arriva sul posto anche il titolare, Ernesto Pulignano – citato a giudizio dalla Procura di Rossano nel marzo scorso, accusato di aver invaso arbitrariamente la strada comunale su cui ha realizzato opere funzionali all’impianto – che cerca sponde istituzionali che gli diano ragione e gli consentano di aprire la sua discarica. L’amministratore unico dell’azienda fa leva sulle autorizzazioni ottenute dall’Arpacal e sul fatto che, assicura, quei rifiuti provengono dall’impianto di pretrattamento di Rossano. Niente da fare, c’è l’ordinanza del sindaco: alla fine le forze dell’ordine si ammorbidiscono e, come gli autocompattatori, fanno dietrofront, perché nessuno, a partire dal Prefetto, si vuole prendere la responsabilità di permettere l’abbancamento in discarica. Restano alcune domande: come mai un tale dispiegamento di forze dell’ordine per difendere un passaggio di camion che, carte alla mano, è risultato non essere del tutto “legale”? Chi ha dato l’ordine di forzare i blocchi e poi ha fatto marcia indietro? Quale ente o dipartimento regionale ha autorizzato la “Bieco” a prelevare i rifiuti e a trasportarli il 20 maggio a Scala Coeli? Perché, polizia municipale a parte, le autorità preposte non hanno fatto rispettare l’ordinanza del sindaco e si sono inizialmente schierate dalla parte dei privati?
Continuano a chiederselo gli ambientalisti che comunque, seppure in inferiorità numerica come i crotoniati contro i sibariti, hanno vinto la loro battaglia, ma hanno anche toccato con mano il pericolo che corrono. Sanno che c’è chi è pronto a farsi scudo dell’ordinanza “libera tutti” del presidente della Regione Scopelliti, che permette il conferimento in discarica dell’immondizia “tal quale” senza che venga sottoposta a trattamento preventivo. Per questo il presidio rimane attivo ad oltranza e le sentinelle sono ancora lì, dalla mattina presto, a sorvegliare la loro valle.
  
 
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E’ una schizofrenia istituzionale a cui ormai i calabresi sono assuefatti. Una forma evidente di dissociazione che colpisce chi gestisce la cosa pubblica, generando paradossi presto tramutati in drammi sui territori. E’ quello che la Regione Calabria sta facendo nella vasta area del basso Jonio Cosentino, dai paesini della costa alle colline lussureggianti che la sovrastano. 
Tutta la zona rientra nel Consorzio di tutela e valorizzazione dell’olio extravergine d’oliva “D.o.p. Bruzio”. Si tratta di un organismo creato con il supporto dell’Unione Europea, del Ministero delle Politiche Agricole e dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Calabria, finanziato con i fondi Feasr e Psr nell’ambito del Programma regionale di sviluppo rurale 2007/2013. 
Molte delle persone che nelle ultime settimane hanno affiancato i comitati nel presidio anti discarica di Scala Coeli, hanno investito nelle terre circostanti i loro risparmi, frutto di una vita di lavoro e sacrifici. Negli anni sono nate sul territorio diverse realtà agrituristiche e la costituzione, nel 2005, del Consorzio, ha alimentato le speranze di chi ha puntato tutto sulla produttività della terra e sulla bellezza del luogo. Si sono elaborano progetti, sono stati recuperati e valorizzati i terreni, ci si è preso cura del territorio, aumentandone anche la sicurezza dal punto di vista idrogeologico. Tutto inutile, con la discarica. Ne sono convinti i contadini e gli allevatori della zona: se l’impianto apre, non ci saranno più le condizioni per mantenere in piedi nessun progetto di agricoltura ecosostenibile. 
E’ proprio qui che si rivela questa grave forma di strabismo politico-istituzionale: la Regione con una mano incentiva la salvaguardia e promozione dei prodotti naturali di qualità che il territorio offre, con l’altra autorizza – con una procedura controversa diventata materia di giustizia amministrativa – la costruzione di una discarica nel cuore dell’area che in teoria dovrebbe essere tutelata dal punto di vista ambientale. Per dire: l’Arpacal, ente subregionale, ha dato il via libera alla “Bieco” per lo smaltimento del percolato attraverso due autobotti, collegate tra loro e alla discarica, che andrebbero posizionate sulla strada dissestata, ai lati del fiume, a pompare il veleno prodotto dai rifiuti. Una procedura che certamente non manca di creatività, ma che non può non generare preoccupazione se si pensa ai periodi di pioggia, con il fiume in piena che incombe e la strada in pessime condizioni. 
Incoerenze drammatiche, tutte calabresi. Si costruisce una discarica nei luoghi che ogni anno vengono invasi dai turisti norvegesi che, addirittura, sono disposti a pagare per lavorare alla raccolta delle olive. Le colture protette, biologiche e dop, possono, nei piani della Regione, convivere con lo smistamento del percolato. Gli incentivi allo sviluppo dell’agricoltura e del turismo rurale in un’area di grande interesse storico e naturalistico non collidono, evidentemente, con gli interessi dei privati nel grasso business dei rifiuti. E’ davvero la Calabria che ti stupisce sempre.
 
(servizio pubblicato su 'Il Corriere della Calabria', n. 102)

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