Giovedì, 25 Aprile 2019 19:33

Cinghiali, il Wwf Calabria: «Perché si è passati dai 3375 capi da abbattere dell’anno scorso, ai soli 500 di quest’anno?»

Scritto da Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo:

Apprendo con viva soddisfazione la decisione, espressa dal Commissario del Parco delle Serre, Giuseppe Pellegrino, di voler fare ricorso solo a “metodi ecologici negli eventuali interventi nelle aree protette, previa autorizzazione dell’ISPRA”, così come dichiarato alla stampa (vedi Gazzetta del Sud del 18 aprile) a proposito della presenza di cinghiali nelle stesse aree. Cinghiali, forse è il caso di ricordarlo agli smemorati, “liberati” allegramente per anni su territori dove mancavano da decenni, ad uso e consumo dei cacciatori e non certo degli ambientalisti (specie se vegetariani), con la benedizione degli stessi politici che ora si ergono a paladini dell’ambiente e dell’agricoltura contro il “flagello” che loro hanno prodotto.

Perché finché si tratta di organizzare allegre cacciarelle, sagre paesane e mangiate a base di ragù, va tutto bene, quando poi i cinghiali fanno danni o devastano le coltivazioni, la colpa è degli ambientalisti. Roba da matti.

Le dichiarazioni del Commissario risultano ancora più gradite se le paragoniamo a quelle, di tono diametralmente opposto, riportate dalla stessa Gazzetta del 3 aprile, quando invece  veniva prospettato “uno specifico piano di intervento dei selecontrollori in determinate zone del parco”, intento che aveva suscitato in noi non poche perplessità, non solo dal punto di vista della efficacia di tali interventi, quanto da quello legislativo, viste anche le recenti sentenze che hanno bocciato il ricorso a soggetti diversi da quelli previsti dalle norme in materia di controllo della fauna selvatica. Che motivo avrebbe infatti la nostra solerte Regione, così come annunciato, di chiedere “una modifica della legge per permettere gli abbattimenti selettivi anche in periodi diversi da quelli in cui è aperta la caccia”, visto che tali abbattimenti vengono effettuati ogni anno?  Perché, anche qui, o quelli in atto sono legittimi, e quindi non bisogna modificare un bel nulla, oppure, se si chiede una modifica di legge, vuol dire che tanto legittimi non sono. Tertium non datur.

Un altro motivo di compiacimento mi viene offerto dalla notizia che “diverse aziende agricole” (contente loro) hanno manifestato lo stesso sentimento di apprezzamento nei confronti della Regione, visti “i grandi risultati” ottenuti sin qui dai primi abbattimenti “selettivi”, consistenti in 31 cinghiali uccisi nel Vibonese in più di un mese di “alacre” attività. Stando così le cose, mi aspetto dunque che in futuro, finalmente, non ci saranno più lamentele per danni alle coltivazioni e non si griderà all’invasione di cinghiali ogni volta che se ne vede uno in giro. Anche se, considerato che dei 31 capi uccisi, ben 29 sono di età superiore a un anno, dopo tutto, tanto selettivi non sono, e che 31 capi li possono fare fuori le squadre a caccia aperta in mezza giornata. Quello che non si capisce però è perché mai si sia passati dai 3375 capi da abbattere dell’anno scorso, ai soli 500 capi di quest’anno. E’ vero che, per l’ennesima volta, anche quest’anno ci viene assicurato che la situazione” sarà riportata alla normalità” (quale?), che il provvedimento “servirà per far fronte all’emergenza” (dopo 15 anni?), ma allora perché non facciamo 1000 capi, anzi, 2000! Ma sì, “abundandis in abundandum”, come direbbe Totò e, visto che siamo in tema cinematografico: “Fusse che fusse la vorta bona”!

Ma chi ci crede più?

Pino Paolillo

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