Lunedì, 07 Ottobre 2013 13:47

Larghe intese e grosse stragi

Scritto da Salvatore Albanese
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mini bare_lampedusaLa più grande tragedia dell’immigrazione - per numero di vittime - che la storia abbia mai conosciuto. Sono 211, ad oggi, i corpi senza vita recuperati a Lampedusa. I superstiti raccontano fatti e numeri che fanno pensare che ancora, purtroppo, il “peggio” deve arrivare: «sul peschereccio eravamo in 518». Molti dei cadaveri rimangono quindi prigionieri degli abissi. Catturati dalla pancia di quel relitto che giace sommerso a 50 metri di profondità di fronte alla costa dell’Isola dei Conigli. I sub hanno estratto questa mattina due donne abbracciate l’una all’altra. Tanti mancano ancora all'appello. Il molo Favaloro è diventato ormai una camera mortuaria a cielo aperto. I corpi giacciono racchiusi in contenitori di plastica grandi quanto sacchi a pelo. Ogni sacco è contrassegnato da un numero.
La scientifica li apre e fotografa i volti dei cadaveri che poi, in attesa degli autotreno con le bare, vengono caricati dentro celle frigorifero. 
 
Giovedì mattina, la tragedia inimmaginabile, è divampata in un secondo. Veloce come il bagliore che ha avvolto all’improvviso il barcone su cui centinaia di somali ed eritrei guardavano la costa vicinissima di Lampedusa, immaginando già di toccarla con le mani. I migranti volevano segnalare la propria posizione incendiando una coperta, ma le fiamme si sono propagate ovunque. E subito, sull’acqua, si è scatenato l’inferno. Molti presi dal panico si sono gettati in acqua, alcuni sono annegati sul momento, altri sono riusciti a rimanere a galla fino all’arrivo dei soccorsi.  
 
Intanto nei salotti televisivi lo “statista investito dalla storia” Enrico Letta per tre quarti dell’intervista si aggroviglia nel «ventennio appena finito», mentre la tragedia di Lampedusa scandisce l’escalation dei cadaveri nella “fossa comune” del Mediterraneo. Negli stadi, dagli spalti, idioti con bandiere in mano fischiano il minuto di silenzio in onore delle vittime, nei bar ha la meglio la “nausea da strage altrui”. O peggio ancora, la sorda indifferenza. In alcuni casi, quelli più estremi, gli uomini neri «dovrebbero semplicemente starsene a casa propria», come se fossero morti durante un rilassante pomeriggio in barca a vela. Il governo brinda al rafforzamento delle “larghe intese” nella nuova era del dopo-Berlusconi. E di altro forse è meglio non discutere, perché argomenti come quelli della Bossi-Fini potrebbero causare inopportuni equivoci e, magari, far ritrovare dignità ad una maggioranza dai confini sempre più sfumati. Ed allora parlare di pagine nuove serve a poco, se non a celebrare la fine di un uomo - istituzionalmente e politicamente - già sepolto da tempo. Piuttosto, cosa fare per evitare che stragi come questa possano accadere di nuovo?
 
Gli emigrati scappano dalla guerra e per questo bisogna trovare soluzioni internazionali, mediazioni globali. Ma i pescatori-soccorritori, quelli italiani, a strage in corso rischiano tanto: la Bossi-Fini, oltre alle multe, fa scattare anche il sequestro della barca e l’arresto a chiunque prenda a bordo “clandestini”. Ma oggi i morti di Lampedusa non sono più clandestini. Sono morti, e basta. I sopravvissuti sono destinatari di avvisi di garanzia perché immigrati fuori legge. Chi li ha salvati dalla morte è imputabile di “favoreggiamento del reato di immigrazione clandestina”, cioè di aver garantito la sopravvivenza umana. Per la Bossi-Fini quindi non si può soccorrere. Insomma, una legge da civiltà sottosviluppata. Appena un gradino più in su degli animali. Strapparla come carta straccia e riscriverla di sana pianta, senza farla traboccare di discriminazione ed intolleranza, quantomeno potrebbe servire in parte ad evitare che il mare continui ad inghiottire delle anime. 

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    La tradizionale manifestazione del WWF assume quest’anno un carattere particolare, essendo legata alla campagna del WWF Italia denominata “Stop ai crimini di Natura”, una iniziativa finalizzata a far conoscere all’opinione pubblica i pericoli gravissimi che minacciano la biodiversità in tutto il mondo, senza sottovalutare gli attacchi continui che subisce la Natura d’Italia e della nostra regione. Il programma prevede, oltre alla presentazione della campagna nella sala conferenze, l’allestimento di tavoli per raccogliere adesioni, percorsi di interesse botanico e faunistico (a cura del CFS) e una visita al museo delle Ferriere.

    Distruzione, alterazione e frammentazione degli habitat naturali, caccia eccessiva, bracconaggio, commercio illegale e introduzione di specie “aliene”, oltre alla minaccia globale rappresentata dal riscaldamento del pianeta determinato dall’effetto serra, sono le sfide quotidiane che il WWF è impegnato a contrastare , con la sola forza dei suoi volontari, degli scienziati e dei milioni di persone, che, in tutto il mondo, sostengono concretamente questa autentica guerra per salvare il pianeta e le irripetibili e meravigliose creature che lo popolano e lo rendono straordinario.

    Un impegno di civiltà e di amore che il WWF combatte dal 1961 in ogni regione della Terra per salvare dall’estinzione le ultime Tigri in Asia (ne sopravvivono in tutto 3200) o gli ultimi Rinoceronti sterminati per l’utilizzo del corno nei paesi orientali (della specie che vive a Giava, ne sono rimasti appena una cinquantina!); per non parlare delle poche centinaia di Gorilla di montagna rimasti, che vengono ancora braccati e massacrati per la carne o minacciati dalla distruzione delle loro foreste. Gli stessi elefanti africani, il simbolo stesso della savana, vengono crudelmente abbattuti dai bracconieri al ritmo impressionante di 22.000-25.000 all’anno . Ma l’elenco delle specie animali e vegetali che la terra rischia di perdere in breve tempo è sconvolgente e si allunga ogni giorno che passa, tanto da aver indotto gli scienziati a parlare di una “sesta estinzione di massa ”, dopo le cinque che hanno sconvolto la vita sul pianeta nelle passate ere geologiche. Con la differenza che stavolta, ad essere responsabile della fine di migliaia di specie, è un’altra specie: la nostra.

    Del resto gli Italiani e i Calabresi sanno benissimo che l’assalto alla natura e agli animali ha assunto anche da noi il livello di allarme rosso, considerato il continuo massacro del territorio e le minacce che gravano sulla nostra fauna. Un assalto contro cui agiscono, spesso a rischio della vita, i Ranger del WWF in tutto il mondo e, in Italia, 300 eroiche Guardie Venatorie Volontarie che , dalle Alpi alla Sicilia, sacrificano il loro tempo e i loro soldi per salvare orsi e lupi, uccelli migratori o per denunciare gli innumerevoli “Crimini di natura” che vengono commessi quotidianamente in ogni parte dell’ex “Bel Paese”, mettendo a repentaglio la salute dell’ambiente e, con essa, quella degli stessi abitanti. Un drappello di queste autentiche sentinelle dell’ambiente, sotto le insegne del Panda, opera da tempo in Calabria ed è anche al loro impegno quotidiano, così come all’insostituibile ruolo svolto tradizionalmente dal Corpo Forestale dello Stato, che l’appuntamento di Mongiana è dedicato.

    Per arrestare la folle corsa verso la distruzione del pianeta (l’unico che abbiamo!), il WWF chiede il sostegno di tutti: sul sito www.wwf/criminidinatura chiunque può informarsi maggiormente sul fenomeno e sostenere la campagna del WWF con una donazione, oltre a diffondere le informazioni e sottoscrivere la petizione per chiedere sanzioni più severe contro chi uccide specie selvatiche.


    WWF Calabria


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