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Venerdì, 19 Aprile 2019 13:37

«Morire di malasanità e giustizia», l'appello della famiglia Chiaravalloti a Gratteri

Scritto da Redazione
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Un appello che «accoratamente chiediamo non rimanga disilluso». Lo chiedono i familiari di Raffaele Francesco Chiaravalloti, protagonista suo malgrado di una «vicenda drammatica». Chiedono «giustizia», una «giustizia nella quale noi confidiamo ma che tortuosi e inspiegabili ritardi stanno facendo sì che la dignità di nostro padre appaia senza valore così come la sua vita, ed è a questo che ci riferiamo quando parliamo di “morire di giustizia”».

Per questo motivo, Katia, Giuseppe, Damiano e Margherita, in rappresentanza della famiglia Chiaravalloti, hanno scritto una lettera indirizzata al procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, e ai magistrati della Procura di Vibo «per avere delle risposte tangibili sullo svolgimento di questa annosa e dolorosa, e comunque chiara, vicenda giudiziaria, ad un anno dall’incidente probatorio. Ci rivolgiamo a lei per l’interesse che dimostra per la provincia di Vibo Valentia che ha più volte ribadito essere la prediletta, per il continuo sostegno che dà ai cittadini che hanno il coraggio di denunciare in ogni settore». Al ministro della Salute, Giulia Grillo, invece, i familiari di Raffaele Francesco Chiaravalloti chiedono di «conoscere tutte le sfaccettature e carenze non solo strutturali di una sanità che deve salvare e non far morire». Infine, l’appello al ministro della Giustizia Bonafede, affinché «porti avanti in modo sempre più incisivo la sua politica di semplificazione della macchina giudiziaria che spesso di avvale volutamente di una burocrazia carente per non giudicare».

«Io, Margherita Chiaravalloti, infermiera professionale ex Suem 118 c/o Pet di Vibo Valentia mi faccio portavoce del dolore e della rabbia della mia famiglia per la morte di nostro padre avvenuta quattro anni fa, e della vicenda che ho vissuto dall’inizio fino all’exitus, sia come infermiera che come figlia. Ci sentiamo vittime di un’indifferenza che continua a ledere il nostro stato di salute fisico e mentale. Ci chiediamo come di fronte alle numerose discrasie, soprattutto temporali ma non solo, che riteniamo opportunamente valutate e rilevate tutte, così come l’elusione del protocollo di emergenza/urgenza, dove il fattore tempo è intrinseco e imprescindibile, non riceviamo nessun segnale, il tutto giustificato dalle continue sostituzioni dei pm. L’esempio, che da infermiera, ritengo più confacente è quello in cui un paziente, dopo essere stato preso in carico da un medico, dopo un’accurata anamnesi, esami clinici e strumentali, diagnosi e terapia, quest’ultima non venisse somministrata per il cambio turno del personale medico e/o infermieristico, o abbandonato a se stesso per un qualsiasi motivo che precluda la presenza in seguito del medico che lo ha ricoverato e che meglio conosce la storia clinica. Non voglio entrare in merito ai particolari, che mi auguro dettagliatamente studiati, e che mi hanno costretto a lasciare il mio lavoro nell’emergenza poiché mi hanno segnata per sempre, ma è assurdo che venga creata una rete per le emergenze cardiologiche ed in particolare per “l’infarto stem” volta a ridurre i tempi e i danni che paradossalmente gli stessi siano stati procrastinati fino a condurre alla morte di un papà carismatico, sano, forte e giovanile. Lui avrebbe difeso la sua famiglia senza risparmiarsi ed è quello che noi faremo fino ad avere giustizia e verità e a ridare dignità a nostro papà».