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Mercoledì, 20 Febbraio 2013 14:32

'Ndrangheta, coniugi massacrati: il business dell'eolico riaccende la faida

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mini giuseppe_bruno_e_caterina_raimondiUn vuoto di potere dopo omicidi e arresti di boss eccellenti. Un tentativo di espandere il predominio su territori ritenuti scoperti. Il vortice di interessi che sta intorno al business delle pale eoliche. Potrebbe essere questo lo scenario in cui è maturato il duplice omicidio avvenuto l’altro ieri sera a Vallefiorita, piccolo centro dell’entroterra catanzarese. Un delitto brutale: Giuseppe Bruno, 39 anni, e la moglie Caterina Raimondi, 29, investiti da una pioggia di proiettili, almeno 30 colpi di kalashnikov. Stavano uscendo dalla loro villetta di periferia, intorno alle 21, ma non hanno fatto in tempo nemmeno a salire in macchina. Lui è stato colpito all’addome, la giovane donna al volto. I killer – probabilmente uno solo a sparare, certamente affiancato da uno o più complici – hanno lasciato l’arma da guerra appoggiata a terra, vicino ai due cadaveri. Un gesto insolito. Un messaggio. Una sfida.

L’omicidio è di ‘ndrangheta. Giuseppe Bruno era ritenuto dagli inquirenti il boss locale, succeduto al fratello Giovanni, ucciso 42enne il 15 maggio 2010, nel pieno della faida che già dal 2008 aveva insanguinato il triangolo Guardavalle-Soverato-Serra San Bruno. Giovanni Bruno, ex braccio destro di Vito Tolone – ucciso il 31 gennaio 2008 – a cui subentrò al comando del "locale" di Vallefiorita, era molto interessato all’affare dell’eolico. Secondo alcune risultanze investigative pare che già nel 2009 provasse ad infiltrarsi nei lavori per il parco eolico di Girifalco, comune limitrofo. Anche il fratello Giuseppe potrebbe aver avuto degli interessi in questo campo, e potrebbe aver tentato di allargare la sua influenza su territori che, probabilmente riteneva di poter “conquistare” dopo gli omicidi della cosiddetta “seconda faida dei boschi” e gli arresti che hanno decimato i clan del Soveratese. Per questa ragione gli inquirenti pare si stiano indirizzando su piste che porterebbero, più che al basso Jonio, alle cosche del Crotonese.

Il brutale omicidio dei coniugi Bruno riaccende comunque la paura in un vasto territorio che negli ultimi anni è stato teatro di una guerra senza precedenti, che ha provocato decine di morti ammazzati. Da una parte i clan Gallace-Ruga-Leuzzi (Guardavalle, Monasterace, Stignano), dall’altra i Sia-Vallelunga-Procopio-Tripodi (Soverato, Serra San Bruno, Davoli). Sono stati uccisi boss del calibro di Carmelo Novella (San Vittore Olona, 14 luglio 2008), Damiano Vallelunga (Riace, 27 settembre 2009) e Vittorio Sia (Soverato, 22 aprile 2010). Molti altri sono finiti in carcere. Ci sono diversi pentiti che stanno collaborando: Antonino Belnome, killer di Carmelo Novella, e Micheal Panajia, entrambi legati ai Gallace; Domenico e Vincenzo Todaro, padre e fratello di Giuseppe, vittima di lupara bianca, anche loro legati al clan di Guardavalle; Bruno Procopio, figlio di Fiorito, ritenuto il boss di Davoli, e fratello di Agostino, ucciso il 23 luglio 2010.

La ‘ndrangheta, dopo una tregua di circa due anni, ha ricominciato ad uccidere. Con modalità barbare, non risparmiando neanche le donne. E’ chiaro che l’obiettivo dell’agguato di Vallefiorita era Giuseppe. La giovane moglie non c’entrava niente, è stata trucidata solo perché era presente sul luogo del delitto. Aveva 29 anni. I colpi di mitra sparati dai sicari l’hanno completamente sfigurata in volto.  

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