Domenica, 15 Aprile 2012 17:58

Bruno Tassone. Un esempio di volontà

Scritto da Sergio Gambino
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mini b._tassone_2Continuo il mio percorso nella bella Serra San Bruno, e non posso non passare dalla casa di Bruno Tassone. Personaggio serrese, anzi, pardon, serrese di adozione, ma originario di Spadola, (a cui abbiamo già usurpato la paternità di un altro Bruno Tassone, lu “Nigaru”).  Bruno vive da ragazzino un incidente che gli cambia la vita. Un incidente gli fa perdere la mano destra. Un dramma, che Bruno però affronta con una determinazione ed una forza di volontà fuori dal comune. Lavora, impara persino con un’abilità eccezionale a farsi il fiocco ai lacci delle scarpe. Suona. Buon sangue non mente, e come quella di suo zio Lu Stadhuni (lo stallone) padre del terzo Bruno Tassone (lu Miedicu) ha una voce possente. Suona, purtroppo non più la zampogna (della quale ancora riproduce a bocca l’accordatura dello strumento perfettamente) ma le chitarre, “francisi” e battente.

E le suona talmente bene da suscitare l’interesse musicale di tanti ricercatori specializzati nel settore, quali l’associazione  “Il Brigante”, Sergio Di Giorgio, Mimmo Morello e non per ultimo Valentino Santagati. Con una serie di “accessori” che Bruno si crea da solo, per ovviare alla mancanza dell’importante arto, Bruno fa di tutto. Poi, un giorno, un suo amico, quasi lo sfida. Stava intagliando, Leonardo, un cucchiaio da un pezzo di erica, probabilmente qualche scarto di zampogna, essendo il Leonardo in questione il famoso suonatore, e dice a Bruno. “Hai visto che bella? Sono un’artista dell’intaglio”. La sera Bruno, con un coltellino, comincia anche lui a fare un cucchiaio. Solo che fa un cucchiaino di caffè. Sottilissimo, quasi fosse d’argento. Perfetto. Io, per com’è vero Iddio, non capisco come diavolo faccia. Da quel cucchiaino, poi, cominciarono le prime sculture. Dai tavolini, alle sedie, perfette miniature scavate a punta di coltello, al meraviglioso Presepe montato per qualche anno in un locale della Chiesa dell’Assunta e poi, per un anno, abbiamo avuto l’onore di ospitarlo nella sede del Brigante. Decine di statuine intagliate di varia misura e di vari legni. Tutti i personaggi del presepe, ultimi nati, zampognaro e pipitaro, che non potevano mancare (chi scrive, è stato preso per modello, durante il passaggio della strenna di capodanno a casa di Bruno, per la realizzazione della statuina dello zampognaro),  poi il bue, l’asinello, la sacra Famiglia, le pecore, le casine, tutto insomma. Tutto nasce nella stanzetta della casa di fronte, che condivide artisticamente con il figlio Vito, mio amico dall’infanzia, altro grande artista della pittura. Vito sviluppa una tecnica pittorica in un realismo quasi maniacale. Degno figlio di suo padre. Sulla destra di quei pochi metri quadrati, trovi le statue di Bruno. Non ne ha mai venduta una, nonostante le molteplici richieste: sono tutte là, appoggiate su quell’antico tavolato. Dalle ninfe desnude, alla “Varia”, ai Santi Medici, a San Michele, al carro con tanto di buoi, tutte fatte con una dovizia di particolari eccezionale. Cose difficilmente realizzabili anche con tutte e due le mani. Esclusivamente utilizzando utensili non elettrici. Coltello, qualche sgorbia, un martello, una morsa. Se vedeste il suo banco di lavoro stentereste a credere che con quei semplici utensili, Bruno, possa realizzare le sue opere. Sulla sinistra le tele del figlio, i ritratti, gli astratti, i paesaggi. L’odore dell’olio e della trementina misto ai trucioli delle essenze lignee “paterne”. Un esempio di rapporto tra Padre e figlio in una bottega d’arte d’altri tempi, nell’educazione, nel rispetto, nelle buone maniere che entrambi manifestano, cosa che li fa essere benvoluti in tutto il paese. Bruno è l’esempio vivente della vittoria, della volontà, del coraggio, dell’impegno, dell’arte, del buon padre di famiglia. Un esempio per coloro che devono affrontare la vita con una diversa abilità motoria o fisica, un esempio anche per coloro che non hanno questo problema ma in ogni caso hanno da affrontare la vita come tutti. Bruno, tra le altre cose, è stato per oltre mezzo secolo il “caposquadra” di un grosso gruppo di pellegrini che affrontano ogni anno il cammino verso Riace, e noi Briganti, anche se atei nella maggioranza, seguiamo oramai da anni il pellegrinaggio, sul quale si sta realizzando un lavoro di documentazione, con grande devozione potrei dire. Tre momenti importanti, oltre a quello naturale del cammino, sono da rilevare nell’andata a Santu Cuosmu, dove la presenza di Bruno è insostituibile. La fermata alla Zijia, momento “pagano”, dove si balla e si suona e si canta e la formidabile coppia dei due cugini (lu miedicu è l’altro) riesce a creare dei momenti che in nessun luogo e in nessun altro giorno dell’anno si possono ricreare. La festa, lo spirito della ribellione calabrese. Poi la discesa nella grotta alla Madonna della Stella, altro momento di grande emotività ed infine l’entrata nella Chiesa all’alba del giorno seguente ed il saluto ai Santi Medici che Bruno omaggia da sempre con la sua fede, la sua arte e la sua voce. Questo vuole essere un omaggio a lui, principalmente, e a suo figlio, perché possano continuare a tenere alto il nome dell’arte serrese. 

(foto Vito Tassone)

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