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Martedì, 12 Marzo 2013 13:20

Fabrizia terra di confine: sulla strada e con l'acqua sporca fino alla gola

Scritto da Maria Cirillo
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mini fabrizia_centro_storico1FABRIZIA - Le occasioni di parlare delle disfunzioni perenni sul territorio del vibonese, con particolare affondo su quello serrese, non mancano di certo. L’eterno dramma dell’acqua, la cui potabilità è irrimediabilmente messa in discussione da fatti precisi e puntuali, resi evidenti non solo tramite le numerose ed annose proteste popolari, ma anche da puntuali e precisi rilievi specialistici e non solo. La perenne protesta senza successo per il degrado delle strade provinciali e comunali. La recente rimostranza che Fabrizia ha espresso con la lettera del movimento "Crescere Insieme"  al commissario prefettizio Ciclosi ed al Prefetto della provincia di Vibo, rappresenta un’altra presa d’atto dell’abbandono del territorio, così evidente che per definirlo non bastano le espressioni civili ed ortodosse. È diventata quasi una mania, per di più utopica, stare a meditare e discettare in merito allo storico disinteresse per questa estremità di provincia

, poco considerata già dal tempo in cui era confine di quella di Catanzaro, ma ignorata del tutto da quando, purtroppo, catapultata nella più modesta provincia di Vibo Valentia. Qualsivoglia amministratore, che fosse del territorio o meno, soprattutto per quel che concerne la zona di Fabrizia, ha superato il limite di quello che eravamo abituati a chiamare “abbandono”, per passare all’ultima fase della scala d’interesse. Senza alcun malinteso, si può affermare che il confine fabriziese, nella sua importante funzione di finale punto di snodo per le altre provincie, è stato, negli ultimi 20 anni di amministrazione vibonese, letteralmente “ignorato”. Lo scarso potere rappresentativo e la limitata credibilità negoziale hanno fortemente compresso l’interesse per la zona, che non è stata mai considerata  simbolo per i  centri di potere, elettivi o di nomina politica, generalmente scalati non per meritorie capacità funzionali, ma per la storica e populistica propaganda delle menzogne. L’attenzione egoista ai propri anziché agli altrui interessi ha portato al risultato dell’assenza di attenzione anche quando il territorio fu in grado di esprimere più di un proprio rappresentante. Il territorio di confine, espulso dal circuito del reddito e della cultura sin dall’unità d’Italia, ha sofferto il disagio delle ordinarie difficoltà dei territori montani, ma, per di più, accentuato dal disinteresse. Montagna, infatti, non deve solo rievocare l’immagine romantica e piacevole, ma anche il senso di responsabilità nei confronti dei disagi: neve ed intemperie non sono solo colore e folclore, ma comprendono una serie di difficoltà. Ogni inverno che passa le strade diventano impraticabili.

Adesso che la Provincia è retta da un Commissario prefettizio, “terzo” rispetto alle inefficienze passate, dovrebbe essere meglio organizzata ed in grado di risollevare le sorti della popolazione ormai divenuta insofferente alle “prese in giro”. Il malumore si osserva non soltanto nelle discussioni di piazza e nei luoghi associativi, ma anche attraverso il web, dove si sta facendo forte la pretesa di ascolto. Si spera che il Commissario si attivi nell’ambito delle sue competenze, facendosi anche prodigo interprete presso il Prefetto per le questioni complesse, come quella del sistema idrico Alaco, della cui gestione la gente è divenuta insofferente, non sentendosi affatto rassicurata. I cittadini, anche attraverso le loro rappresentanze – Comitato civico pro-serre in primis – hanno coralmente chiesto quelle indagini effettive che possano accertare senza ombra di dubbio, qualità e rischiosità dei componenti biochimici presenti nell’invaso. L’intervento richiesto è un esame approfondito e non un’estemporanea interpretazione, più o meno tecnica, su  parametri di potabilità che potevano andare bene quando l’acqua transitava nell’unico corpo che era composto dalle sorgenti che direttamente immettevano nei serbatoi a “chilometro zero”. Adesso, invece, la salubrità dell’acqua, bene primario della vita, viene affidata con pericolosa faciloneria, ad un lago artificiale malamente custodito.

A prendere atto delle notizie diramate nei mesi scorsi dal Commissario Ciclosi, la manutenzione ordinaria delle strade, da decenni trascurata e negli ultimi anni ignorata completamente, pare che sia stata presa in considerazione con una programmazione dai modesti costi economici. Con una nuova rivalutazione del sistema passato dei cantonieri, dovrebbe essere in cantiere la riqualificazione e riconversione di 100 lavoratori di categoria B1 dell’ente, da affidare al dirigente alla viabilità Giacomo Consoli. Si spera che il provvedimento non si fermi ad una riorganizzazione di carta, inefficace e sostanzialmente non eseguita. I cosiddetti “nuovi cantonieri provinciali” si dovrebbero occupare realmente di manutenzione ordinaria e controllo delle strade, con l’intento di risolvere i problemi. Potrebbe questo essere davvero un primo passo. Risponde al vero l’affermazione contenuta nel documento di settore che “la riparazione immediata di buche evita l’estendersi del danno a superfici più consistenti del manto stradale”.

La straordinarietà dell’abbandono, ripetutamente denunciata, necessita, tuttavia, di interventi anche straordinari urgentissimi, i cui finanziamenti sarebbero già previsti, come dichiarato da più parti. Mongianella, Limina, Mongiana, Croceferrata, Pietra Spada eccetera, sono attualmente il monumento vivente della situazione disastrosa del vasto lembo est della Provincia, la cui popolazione inizia fortemente a protestare, ma anche a concepire un’idea di disamore e forse anche di un possibile distacco amministrativo da Vibo Valentia.

Non è più tollerabile considerare semplicemente come un fastidio di cui liberarsi le parole di cittadini stanchi che si fanno avanti attraverso comitati, associazioni, categorie e liberi pensatori. Si avverte vigoroso infatti, il senso di sfiducia nella democrazia mutilata dal mal governo.

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