Mercoledì, 12 Dicembre 2012 21:34

La Comedìa/1

Scritto da Ulucci Alì
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mini Le_tentazioni_di_SantAntonio._Domenico_Morelli_1878

di Dante il Sapiente

Noi passavam su per il comune che adona

la greve pioggia, e ponavam le piante

sovra lor cazzunaggini che par persona.

Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente

loco se' messo con la commissione,

che, s'altra a giugnu, alla casa minati».

Ed elli a me: «Lo vostro paese, ch'è pieno

di contentezza sì che già la gente si gusta,

nazza mi tenne in la vita serena.

Voi cittadini mi chiamaste umile:

per la dannosa colpa delle carte,

come tu vedi, a li jestimi mi fiacco.

E io anima trista non son sola,

ché tutti  nella giunta simil pena stanno

per simil colpa». E più non fé parola.

Io li rispuosi: «umile, il tuo affanno

mi pesa sì, ch'a smascidharmi mi 'nvita;

ma dimmi, se tu sai, a che verranno

li cittadin de la città colpita;

s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione

per che l'ha tanta discordia assalita».

E quelli a me: «Dopo lunga tencione

verranno allo scioglimento, e la parte onesta

caccerà l'altra con molta offensione.

Alte terrà lungo tempo le fronti,

tenendo l'altra in galera buia,

come che di ciò pianga o che n'aonti.

Il salatino e 'l bracaluni, che fuor sì degni,

 penzo de caria, ponzio e 'l nazza

 e li altri che nel duemilaundici preser voti,

 dimmi ove sono e fa ch'io li conosca;

 ché gran disio mi stringe di savere

 se palmi li addolcia, o  siano li attosca».

 E quelli: «Ei son tra l'anime più nere:

 diverse colpe giù li grava al fondo:

 se vai pi Riggiu, là i potrai vedere.

 Li umili occhi torse allora in biechi;

 guardommi un poco, e poi jestimò a Dio:

 andò al bar a par de li altri suopi.

 

(Le tentazioni di Sant'Antonio, Domenico Morelli, 1878)

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