mini beppe-grillo-imagerealityParla di tradimento Beppe Grillo. Lo fa con i soliti modi, alzando i toni. Sbraitando presunte verità in faccia a chiunque si permetta di obiettare il suo cyber-vangelo quotidiano. Lo fa trascinando nel buio della voragine mediatica un Movimento varato certo da lui, ma che non avrebbe dovuto essere esclusivamente suo. Un Movimento formato da milioni di cittadini che forse avevano realmente in idea la concretizzazione di un processo di profondo cambiamento. Di discontinuità rispetto alla “politica del passato”. Solo qualche mese fa – a fine febbraio – le urne delle politiche 2013 avevano sentenziato un cospicuo ed inatteso 25,5% a favore dei 5stelle.

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Sarà Nicola Morra – 50enne cosentino, insegnante di storia e filosofia del liceo classico Telesio di Cosenza – il nuovo capogruppo al Senato per il M5S. Morra ha trionfato di misura con soli 24 voti sullo ‘sfidante’ Louis Orrelana - 52enne attivista anti ‘ndrangheta di Pavia - fermatosi a quota 22 consensi. Due le schede bianche.
Il ballottaggio tra i senatori grillini, effettuato con l’ormai classica diretta streaming, ha quindi premiato Nicola Morra, inscritto al Movimento e ai Meet Up da circa 3 anni e attualmente vicepresidente della Prima Commissione permanente Affari Costituzionali che andrà ora a rimpiazzare  Vito Crimi giunto alla conclusione del suo trimestre da capogruppo a Palazzo Madama.
 
Nicola Morra fra i due candidati era quello più vicino a Grillo, mentre Orrelana era espressione de “l’anima dialogante” del Movimento, una frangia sempre più in rottura con il leader genovese e che da giorni esercita pressioni interne per favorire un’imminente cambio di rotta della linea politica seguita fino ad ora. 
Morra ha dichiarato: “Spero di poter essere utile alla causa del movimento” - minimizzando i contrasti interni ai cinque stellati – “Ce la faremo solo se rimaniamo uniti. Lavorando insieme si vince, divisi si perde. Tra me e Luis c'è solo una differenza di stile”. In chiusura lo stesso Morra si è soffermato sui numeri del M5S al Senato spiegando: “Abbiamo presentato 16 ddl, 32 sono in fase di elaborazione, abbiamo presentato 101 emendamenti in aula, 102 in commissione. Stiamo dando il massimo.
 
Siamo sempre presenti in aula, la nostra media di presenze è superiore al 95%”. Numeri che comunque non alleviano la preoccupazione per quelli che sono i riscontri emersi dalla tornata elettorale delle ultime amministrative e dei relativi ballottaggi dove il Movimento grillino ha registrato sonore sconfitte in tutt’Italia con una media di consensi di poco superiore al 4%. Insomma un dato che disegna la parabola discendente di un partito in apparente caduta libera.
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mini udc_calabriaChe Gaetano Bruni, dal ritorno alla casa madre in poi, portasse con se esperienza, nuove progettualità e consensi c’era da aspettarselo. Chi lo conosce, del resto, sa bene quanto sia importante avere in squadra un uomo dalle indubbie competenze, soprattutto gestionali. Ma che lo stesso pluridecorato settantenne politico vibonese andasse incontro ad un inconsapevole e indiretta discesa da effetto domino non era stato messo in programma. Non da lui sicuramente. Dalla sua nuova ed ennesima verginità in poi per l'Udc, compreso quello vibonese, solo disfatte. Altro che, come aveva affermato nel corso di una conferenza stampa al 501 alla presenza dei Trematerra e di Roberto Occhiuto per spiegare l’affaire Stillitani, “ho perso la battaglia ma vincerò la guerra perchè - ammirando la platea in venerazione - io ho i consensi”. Consensi personali che, questa volta, non serviranno a nulla. Così, scorrendo velocemente il suo breve curriculum degli ultimi mesi, è facile capire la maledizione fatale che, diversamente dal passato, lo ha prima perseguitato e alla fine ridimensionato. Già da quel luglio 2011, Bruni, malgrado la benedizione generale dei vertici scudocrociati, aveva mentito sapendo di mentire quando con troppa fretta si lanciava in dichiarazioni caute e tese al servizio del partito senza aspirazioni di leadership. Perchè era chiaro che lui, quel partito, presto o tardi lo voleva senza coabitazioni scomode.

In quel periodo, uno dei suoi fedelissimi, Marco Martino, dichiarava testualmente che  “l’ingresso nell’Udc del consigliere regionale, del suo entourage e dei suoi numerosissimi sostenitori permette allo scudocrociato di diventare primo partito nella nostra provincia”. “Il partito di Casini  - ammetteva ancora in quella circostanza il giovane rampollo bruniano - sta crescendo in maniera significativa e questo lo testimoniano le adesioni di ogni giorno sia di semplici cittadini che di amministratori. La forza di centro così diventerà ancor più determinante nelle prossime competizioni politiche provinciali e nazionali”. Praticamente una iattura, visto l'esito generale del voto. Magari non sul piano strettamente locale, laddove il buon Gaetano si è dimostrato, anche se in declino, uomo dal consenso certo, bensì su quello regionale e nazionale, dove la debacle è stata talmente netta da trascinare con se anche Acquaro (tra i primi e pochi paesi in Italia ad avere dato all’Udc percentuali oltre il 40) e tutti gli altri paesi vibonesi rimasti in piedi. Compreso quel Vibo Valentia che, ad onor del vero, ha pesantemente sfigurato, nonostante la presenza di alcuni ex assessori del Comune capoluogo, più un candidato al Senato e una alla Camera.

Si diceva, però, che la maledizione è iniziata quasi subito dopo il suo passaggio. Le regole ferree e i diktat imposti dal nuovo e pretestuoso corso politico di chiaro stampo bruniano hanno contribuito in poco tempo a distruggere alleanze, amicizie e appartentamenti costruiti più per unire che per dividere. Prima la famosa "cacciata" notte tempo ai danni di tre, appunto, ex consiglieri Udc ad opera del sindaco D’Agostino, poi lo zampino nel fallimento della Provincia che ha permesso al nemico storico De Nisi sia di andare a casa, che di essere presentato al Senato dal Pd e, infine, il tormentone “Stillitani” che, di fatto, ha permesso a Gaetano Bruni di prendersi, senza troppa fatica e con la presunzione di resuscitarlo, le redini di un partito in piena convalescenza, possono essere viste come il frutto di una pazza strategia da politico onnipotente. Il tutto in pochi mesi di lavoro. Fino ad arrivare a due giorni fa, con la pesantissima sconfitta politica dell’Udc e delle sue scelte montiane non ripagate dall’elettorato. Si dirà che comunque in provincia il risultato è buono. Ed è pure vero. Ma senza uomini e mezzi al Governo, ci si chiede a chi o a cosa adesso il redivivo Bruni si possa appellare per continuare quel progetto di rinascita strutturale di un partito preso vivo e, a stretto giro, ritrovato morto. Perchè, qualora nessuno se ne fosse ancora accorto, la neonata terza Repubblica non accetta più, per campare, la vecchia politica dei meri consensi e delle mere promesse da distribuire a sodali e fedeli. Adesso ci vogliono le idee. Idee e programmi veri, magari senza solite strategie da poltrona. Gaetano Bruni compreso. 

(articolo pubblicato su Calabria Ora)

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mini abramo_sindaco_catanzaro--400x300Nessun ribaltone alle comunali suppletive del capoluogo calabrese. Con il 50,46%, Sergio Abramo (Pdl), è stato confermato “neo” Sindaco di Catanzaro. Alla fine tutto è rimasto così come le urne del 5 maggio scorso avevano sentenziato. Si era tornati al voto, per le seconda volta dopo gli scandali della tornata elettorale precedente che avevano portato, gli uomini della Procura della Repubblica, ad operare il sequestro delle schede elettorali di ben 8 sezioni. A distanza di sette mesi,  e con in mezzo un ricorso al Tar vinto dallo “sfidante” Salvatore Scalzo (Pd), i 6.200 catanzaresi richiamati ad esprimere il proprio consenso, hanno riconfermato quindi il verdetto che vuole il presidente in carica della Sorical, seduto sul trono più alto della città del Cavatore. Si è trattato comunque di una vittoria al fotofinish, non tanto per il testa a testa fra i due candidati, ma per il timore che Abramo non riuscisse a raggiungere il 50% più 1 dei consensi totali, cosa che avrebbe rimandato tutto al ballottaggio previsto per il mese di marzo.

Alla chiusura delle urne Abramo è risultato in testa in tutte le sezioni, con l’unica eccezione per la n. 37 allestita nella scuola elementare “Aldisio”. Nella sezione n. 3 di Janò, il Presidente di seggio ha dovuto richiedere l’intervento delle forze dell’ordine per allontanare il pubblico e sedare dei battibecchi originatosi dalle proteste dei rappresentanti di lista.  

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mini primarie_pdManca ancora il crisma dell’ufficialità, ma la corsa verso il parlamento, secondo le prime indiscrezioni, per l’ex Presidente della provincia di Vibo Valentia finisce qui. Ad avere la meglio sarebbe stato il Consigliere regionale Bruno Censore. Si è trattato comunque di un fitto testa a testa risolto sul filo del rasoio. A fare la differenza sarebbero stati i seggi di Serra San Bruno e Filadelfia, roccaforti rispettivamente di Censore e De Nisi. In entrambi i casi i seggi sono stati presidiati per tutta la durata del voto da reciproci fedelissimi dei due candidati. Si è trattato quindi di primarie al veleno, caratterizzate da accuse tra i due candidati favoriti e dal conseguente lavorio per spostare consensi nel sottobosco politico locale.

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Domenica, 11 Dicembre 2011 15:59

Fabrizia, ecco la nuova Giunta

mini il_sindaco_di_Fabrizia_Antonio_MinnitiIl sindaco Totò Minniti varerà la seguente giunta comunale nel corso del prossimo e primo civico consesso di sabato 17, durante il quale presterà giuramento. Vicesindaco ed assessore AntonioCarè, assessore Francesco Fazio, presidente del consiglio comunale Domenico Suppa. La lista vincente “Ramoscello d’ ulivo per la rinascita” che ha espresso il sindaco Antonio Minniti (foto) ha totalizzato 758 voti con il 48,55 % dei consensi. Le singole preferenze sono cosi ripartite: Raffaele Annetta 19, Antonio Carè 190, Francesco Fazio 159, Pietro Mamone 106, Luca Rullo 45 e Domenico Suppa 97. La lista “Fabrizia nel cuore” ha avuto come candidato a sindaco Bruno Rullo e ha conseguito 282 voti per il 18,06 %; i candidati a consigliere comunale hanno conseguito le seguenti preferenze: Francesco Armaleo 41, Vincenzo Pompeo Carè 17, Bruno De Masi 46, Enzo Iacopetta 54 e Stefania Platì 53. La lista “Fabrizia cives” come candidato a sindaco ha avuto una donna, Maria Belsito totalizzando 10 voti pari allo 0,6 %, le singole preferenze sono cosi ripartite: Maria Marchese 0, Francesco Paolo Belsito 1, Lucia Mendicino 0, Maria Chiappetta 0, Anna Busceri Voci 0 e Patrizia Cavaliere 0. La lista “Insieme per Fabrizia” guidata dal candidato a sindaco Raffele Suppa è stata la seconda in ordine di voti con 511 consensi pari al 32,73 %; i candidati a consigliere hanno avuto le seguenti preferenze: Domenico Carmelo Daniele 64, Maurizio Gallace 46, Antonio Tassone 93, Vincenzo Costa 81, Bruno Ienco 31 e Rosa Maria Nesci 67. Il consiglio comunale risulta cosi composto: Antonio Minniti sindaco. Consiglieri comunali di maggioranza: Domenico Suppa, Pietro Mamone, Antonio Carè e Francesco Fazio. Consiglieri comunali di minoranza: Raffaele Suppa e Bruno Rullo.

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