mini regione-Calabria-1Una signora che doveva farsi eseguire una scintigrafia ossea, effettuò la prenotazione presso il civico Ospedale Pugliese di Catanzaro. Poiché il primo turno utile di prenotazione appoggiava su una data distante tre mesi, dopo qualche tempo insistette nel chiedere se per caso si sia resa libera altra data più vicina. La risposta fu negativa, ma venne accompagnata dall’indicazione che l’esame poteva essere erogato a pagamento , ma a dire il vero, si aggiunse l’indicazione che anche altre strutture catanzaresi erano in grado di effettuarlo. La signora si informò della spesa da sostenere per effettuarlo a pagamento e la risposta fu che costava 150 euro. Ritenendo il costo troppo elevato, decise di telefonare al Sant’Anna Hospital, sempre a Catanzaro. Lì la risposta fu che le prenotazioni a convenzione pubblica per il breve periodo (mese successivo) erano esaurite e che per il più lungo termine ancora non si prenotava. Anche qui c’era però la possibilità di prenotazione a più breve distanza per la fascia a pagamento. La signora si informò del costo e seppe che costava 70 euro. Al che non ci pensò due volte a servirsi di quest’ultima alternativa, essendo a conoscenza che il ticket all’ospedale pubblico sarebbe costato forse anche di più.

Qualcuno del profondo nord, corrotto al pari di tutta la nostra bella terra italica, si permette ancora il lusso di affermare che in Calabria non paghiamo le tasse. A costoro va detto che oltre alle tasse paghiamo anche le gabelle, intese come dazi per poter vivere nel suolo in cui siamo nati. In effetti, tra le altre nauseanti esperienze di malfunzionamento di servizi, il più delle volte vitali, se sfortunatamente una persona si ammala ed abbisogna di un accertamento diagnostico, deve corrispondere una quota che però, sovente, non è per nulla una minor parte; spesso, infatti, la quota-parte ammonta a più dell’intero del costo della prestazione. Si deve precisare che per il solo uso della famosa ricetta rossa, si devono sborsare dieci euro, che si aggiungono allo storico ticket. Di conseguenza si può verificare che in taluni casi, tra costo ricetta e quota partecipativa, l’analisi venga a costare al malato più di quanto non costi in totale al servizio sanitario pubblico.  Pertanto è urgente affermare che si rende necessario fare in molti campi una valutazione un po’ più retta, iniziando dal considerare i cittadini come persone con i loro bisogni da amministrare onestamente e non come strumento per l’ascesa al potere. Così anche i conti della sanità potrebbero tornare  in quadra.

Col sistema regionale della sanità è stato creato un mostro sfrenato ed incontrollabile. Si va ripetendo che la Regione Calabria, a causa del suo “profondo rosso” ha bisogno di recuperare gli sprechi. Ma prima di gravare sui cittadini e prima che i cittadini si rassegnino, urgerebbe accertarsi dove siano stati allocati gli sprechi. Sicuramente non in servizi che sono stati invece fortemente compromessi, come per alcuni ospedali di montagna o di utilissimi front-line e guardie mediche nel mirino della nuova camaleontica parsimonia. Molto più efficace sarebbe l’eliminazione di prebende e rendite corruttive elettoral-mafiose. Nell’utopica ipotesi che, viceversa, i soldi dei cittadini fossero stati destinati a premurosi miglioramenti dei servizi, una scusante sarebbe in re ipsa. Oltretutto sarebbe potuto verificarsi un graduale risparmio di ritorno, derivante dal miglioramento della salute pubblica, specie se si tiene conto dell’elevata percentuale di anziani in Calabria, causata dalla forte emigrazione giovanile imposta dalla mancanza di lavoro.

Diversamente, per quale altra comprensibile buona causa dovrebbe essere spremuto ai cittadini il sangue che non hanno più da farsi estrarre neppure per le analisi?

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