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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Coltivavano interessi «in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015». Queste le motivazioni che hanno spinto la procura distrettuale antimafia di Milano a condurre in manette ben tredici persone, sospettate di appartenere a due sodalizi di ‘ndrangheta operanti in Lombardia. Ad effettuare gli arresti sono stati i carabinieri del Ros di Milano nell’ambito dell’inchiesta denominata “Quadrifoglio”, diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini. L’accusa per i fermati è quella di associazione mafiosa detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.
Secondo le prime ricostruzioni operate dagli inquirenti, l’organizzazione aveva allungato i propri tentacoli, in primis, su opere infrastrutturali come la Tangenziale Est Esterna di Milano, una delle realizzazioni più importanti ricadenti nell’ambito delle opere realizzate in previsione dell’Expo 2015. Il sodalizio si sarebbe impossessato dei subappalti afferenti all’opera, per un importo dei lavori di circa 450mila euro. In particolare sarebbero stati i referenti del clan Galati ad infiltrarsi nell’aggiudicazione in subappalto dell’opera pubblica. Testa d’ariete – capace di gestire due società di costruzioni nonostante si trovasse in carcere da diverso tempo in seguito ad una condanna per traffico di droga – l’esponente di primo piano dell’omonima cosca, Giuseppe Galati, 62 anni, originario di Mileto, nipote del boss Antonio. Il gruppo facente capo alla famiglia dei Galati – secondo i carteggi dell’indagine – sarebbe radicato nel comune di Cabiate (Como), ma ben saldi risultano essere i rapporti tra gli stessi Galati ed i Mancuso di Vibo Valentia, tanto che i primi sarebbero considerati espressione proprio dei Mancuso in Lombardia. Gli arresti di questa mattina sono stati infatti eseguiti in quattro diverse province: Milano, Como, Monza-Brianza e Vibo Valentia.
Al centro dell'indagine, dunque, i due sodalizi della 'ndrangheta radicati principalmente nel comasco «con diffuse infiltrazioni nel tessuto economico lombardo», accertate in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse all’Expo. Al loro fianco la locale di ‘ndrangheta di Mariano Comense (Como), guidata da Salvatore Muscatello, 80 anni, originario di Amato (Catanzaro), anche lui alla guida di una clan nonostante si trovasse ai domiciliari per la condanna riportata di recente nel processo “Infinito”. Tra i tredici destinatari dell’ordinanza firmata dal gip di Milano, Alfonsa Ferraro, figura anche un ex consigliere comunale di Rho (Milano), Luigi Calogero Addisi, 55 anni, originario di San Calogero, eletto con il Pd alle amministrative del 2011 e imparentato con la famiglia Mancuso. Addisi si era comunque già dimesso dalla carica nelle settimane scorse, appena era arrivato a conoscenza della sua iscrizione nel registro degli indagati di un’ulteriore inchiesta atta a fare luce sulla presenza della 'ndrangheta a Lecco e nella zona del lago di Como. Tra gli altri arrestati figura anche Luigi Vellone, 54 anni, originario di Serra San Bruno, residente a Gessate (Milano), imprenditore, che sarebbe coinvolto in un investimento immobiliare in società occulta attuato proprio con Luigi Calogero Addissi, Antonio Galati e Franco Monzini. Quest’ultimo, 65 anni, imprenditore edile, è originario di San Benedetto Po (Mantova), residente a Milano.
Assieme a loro in manette anche Fortunato Bartone, 41 anni, originario di Mileto, residente a Giussano (Monza-Brianza); Antonio Denami, 25 anni, originario di Vibo Valentia, e già agli arresti domiciliari per estorsione; Fortunato Galati, 36 anni, originario di Vibo Valentia, già detenuto per omicidio; Giuseppe Galati, 43 anni, originario di Castellana Sicula (Palerno), già detenuto per traffico di stupefacenti; Giuseppe Galati, 35enne figlio del presunto boss Antonio Galati, originario di Vibo Valentia, residente a Cabiate (Como), imprenditore nel settore dei compro-oro; Alberto Pititto, 39 anni, originario di Vibo Valentia, commerciante di automobili a Mariano Comense e Cantù, ritenuto un referente della famiglia Muscatello; Matteo Rombolà, 27 anni, originario di Seregno (Monza-Brianza), titolare di un panificio a Mariano Comense, cognato del detenuto Fortunato Galati; Saverio Sorrentino, 53 anni, originario di Francica, e ritenuto "braccio destro" di Antonio Galati. Sempre in Calabria è stato eseguito anche un secondo provvedimento, notificato ad un altro vibonese, attualmente detenuto nel carcere di Reggio Calabria per esigenze processuali e già arrestato nell’ambito dell’operazione "Infinito" coordinata dalla Dda di Milano.
I Carabinieri del Ros di Reggio Calabria, guidati dal Tenente Colonnello Stefano Russo, stanno eseguendo ventisei ordinanze di custodia cautelare, richieste dalla DDA reggina a carico di altrettanti soggetti accusati di aver realizzato la rete di fiancheggiatori funzionale agli interessi della cosca Pelle di San Luca, sotto forma di attività illecite di vario tipo e protezione dei latitanti, operanti in Calabria ed in Piemonte.Dei ventisei arresti, nove sono già detenuti per altra causa, due sono stati effettuati in Piemonte ed altre due persone, invece, sono state condotte agli arresti domiciliari.
In Vaticano hanno trovato il colpevole. Era il maggiordomo. Come nei gialli di Agatha Christie. Si tratta di Paolo Gabriele, ‘Il corvo’ di fiducia di Benedetto XVI. Un ragazzo riservato e dallo spirito angelico, che dal 2006 arrivava ogni giorno di buon mattino nella stanza del Papa per aiutarlo a vestirsi. Ma da un po’ di mesi dopo aver sistemato il letto e spazzato la polvere si intratteneva a fare le pulci tra i cassetti benedetti. E mentre Ratzinger cercava la via del Paradiso per ognuno di noi, lui iniziava a rovistare alla ricerca di documenti segreti. Anzi segretissimi. Adesso langue nelle prigioni della gendarmeria vaticana. Ma per quale motivo Gabriele si è dato allo spionaggio? A chi servono quei documenti? Cosa contengono? Perché li ha portati dal Vaticano fino a casa propria? È in corso una guerra color porpora.
Già da alcuni mesi diversi documenti riservati sulla gestione dello IOR, la banca vaticana, erano finiti sulle prime pagine dei giornali. Ma ripercorriamo con calma l’ultima settimana vaticana:
GIOVEDI’ 24 MAGGIO. Paolo Gabriele, aiutante di camera di Benedetto XVI ha già trascorso la sua prima notte nella cella di sicurezza nel palazzo del Tribunale. Ma nessuno ha ancora diffuso la notizia. Nel pomeriggio il presidente della IOR, Gotti Tedeschi, viene sfiduciato e da lì a poco deciderà di dimettersi. Benedetto XVI preme affinché il posto sia ricoperto dal tedesco, Hans Tietmeyer, membro dell’Accademia Pontificia.
VENERDI' 25 MAGGIO. Nelle prime ore del giorno si diffonde la voce di un arresto legato alla fuga di documenti riservati. Ma non viene ancora rivelato il nome del detenuto. Il Vaticano non conferma l’arresto. Ma neanche smentisce.
SABATO 26 MAGGIO. Arriva l’ufficialità. Il detenuto c’è ed ha anche un nome: è Paolo Gabriele. Cittadino vaticano. A casa sua sono stati trovati documenti riservati. Sarà processato dal tribunale della Santa Sede e non dalla legge italiana.
DOMENICA 27 MAGGIO. Apparentemente indifferente alla questione del maggiordomo 007, Ratzinger celebra la messa. Nel sermone asserisce: “lo spirito della Pentecoste vinca la ‘Babele delle inimicizie’!''.
LUNEDI' 28 MAGGIO. Le indagini proseguono. Il Vaticano chiarisce che non ci sono altri indagati. Né una donna, né un cardinale, contrariamente a quanto i giornali del mattino asserivano.
MARTEDI’ 29 MAGGIO. Il detenuto Gabriele dichiara di voler collaborare. Verrà interrogato nei prossimi giorni. Si attende che il maggiordomo faccia i nomi dei presunti complici.
MERCOLEDI’ 30 MAGGIO. Le vicende che vedono coinvolto Paolo Gabriele si intrecciano con le dimissioni di Gotti Tedesco, l’ormai ex banchiere del Papa, che sembra sia stato sfiduciato per essersi opposto al salvataggio del San Raffaele di don Verzé da parte dello Ior, affossando il progetto di un grande polo sanitario vaticano a cui stava lavorando il cardinal Bertone.
Lo sporco alberga fra le mura vaticane. Che alla base del tentato spionaggio vi sia una sommossa? Un’azione di riforma all’interno della Chiesa? Bolle qualcosa di losco all’ombra del cupolone. Una battaglia sotterranea, decisiva per il controllo delle casse dello IOR e per gli equilibri di potere all'interno della Chiesa. Oppure, semplicemente, si tratta di una farsa promozionale per il prossimo romanzo di Dan Brown.
Fornivano ai boss della 'ndrangheta falsi certificati medici per farli uscire dal carcere. Vi sarebbero anche alcuni medici, infatti, tra le persone coinvolte nell'operazione che è in corso da stamattina e che vede impegnati i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria nell'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone accusate di concorso in falsa attestazione in atti destinati all'autorità giudiziaria e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, aggravati dalle finalità mafiose. Al centro dell'indagine, denominata ''Reale-Ippocrate'', ci sono i rapporti tra la potente cosca Pelle di San Luca e alcuni medici dell'Azienda sanitaria di Locri e di una casa di cura privata calabrese. Tali rapporti sarebbero appunto finalizzati ad evitare il carcere agli affiliati alla 'ndrina.
Con l'operazione "Doppio Canale", la squadra mobile della Questura di Catanzaro, guidata da Rodolfo Ruperti, è riuscita a sgominare due bande criminali, specializzate sia nell'approviggionamento che nello spaccio di stupefacenti. Le due organizzazioni criminali si erano equamente divise la "piazza" del capoluogo facendo arrivare la droga da un "doppio canale" appunto, con referenti Domenico Ruga per la zona ionica e Roberto Pasqualone per il versante tirrenico. Durante la conferenza stampa di rito, il procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, ha sottolineato il ruolo di Gaetano Muscia, presunto elemento di spicco della criminalità vibonese e affiliato alla cosca Mancuso di Limbadi, dichiarando inoltre: «Pensiamo di avere messo ai margini e in condizioni di non nuocere un buon numero di soggetti molto attivi nell'ambito dello spaccio delle sostanze stupefacenti». Le indagini hanno portato gli uomini di Ruperti ad effettuare sequestri di cocaina, marijuana e hashish, oltre che al fermo di 25 persone, due delle quali irreperibili. Le persone arrestate sono: Salvatore Caserma, di 64 anni; Vittorio Gentile (37), Vittorio Nicoletta (30), Nuccio Berlingieri (31) (già detenuto) e Nino Passalacqua (37) (già detenuto), tutti di Catanzaro; Gaetano Muscia (47) di Tropea; Rocco Pasqualone (42) di Taurianova e Giovanna Calciano, di 49 anni, di Matera (già detenuta). I domiciliari sono stati disposti a carico dei catanzaresi: Valentino Biamonte di 32 anni, Antonio Giorgianni (33), Enzo Lamanna (37) Carmine Mauro (34), Giuseppe Procopio (29), Rocco Stranieri(31), Giuseppe Zaffino (34), Ivan Corapi (36) (già detenuto), Nicola Passalacqua (49) (già detenuto); di Domenico Ruga, di Monasterace, (54), Maurizio Citraro (49) ed Emanuele Iannazzo (30) di Lamezia Terme. Obbligo di dimora per Renato Marcello di 52 anni di Zagarise, Sergio Marino (36) di Simeri Crichi, e Emanuele Nicoletta, (22) di Catanzaro. Calciano, Caserma, Gentile, Muscia, Nicoletta, Pasqualone, Citraro, Giorgianni, Ruga e Zaffino sono ritenuti responsabili di traffico di sostanze stupefacenti, mentre gli altri sono accusati di una serie di reati di spaccio.
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