Il Vizzarro.it - quotidiano online
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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Sono stati sorpresi all'interno di una masseria a Stefanaconi, alle porte di Vibo, nella quale si nascondeva il latitante Saverio Patania, arrestato di recente dagli uomini del Comando provinciale dei Carabinieri. Antonio La Rocca, 35 anni, di Gerocarne, Alessandro Bartalotta, 22 anni, di Stefanaconi, e Valer Dumitras, 50 anni, pastore romeno, erano stati arrestati con l'accusa di favoreggiamento personale al latitante. Il gip Grabiella Lupoli, però, non ravvisando gli estremi per convalidare gli arresti, ha deciso per la scarcerazione delle tre persone fermate. Patania, dal canto suo, durante l’interrogatorio di garanzia non ha risposto alle domande del giudice che ha trasmesso poi gli atti al competente gip distrettuale antimafia di Catanzaro. Saverio Patania è infatti coinvolto nell’operazione antimafia denominata «Gringia» con l’accusa di essere stato il mandante di un omicidio e di quattro tentati omicidi.
Riceviamo e pubblichiamo
Il Prisma (rubrica fotografica settimanale a cura di Filippo Rachiele).
La copertina della rubrica si intitola "Pianoforte".
"C'è a chi piace suonare, a chi cantare e a chi scrivere libri a me piace scattare foto..."
SERRA SAN BRUNO - Ne ha dette di cose Peppe Baldessarro, autore assieme a Gianluca Ursini, del libro sul caso Fallara, la dirigente del settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio, morta dopo aver ingerito dell'acido muriatico. La festa del circolo locale del Pd si è aperta proprio con la presentazione del volume su quello che ha rappresentato il "modello Reggio" durante l'era Scopelliti, già sindaco della città dello Stretto e, attualmente, presidente della Regione Calabria. E nel raccontare le vicende che hanno visto come principali artefici l'attuale leader del Pdl calabrese e tanti altri dirigenti di palazzo San Giorgio, Baldessarro non ha risparmiato nessuno. Neppure il centrosinistra. E soprattutto il Partito democratico. A denunciare con forza le presunte irregolarità nella gestione economica delle case comunali, infatti, sono stati proprio due consiglieri del Pd. Il partito, però, come del resto ha affermato il giornalista de "La Repubblica", è rimasto in silenzio. Non ha "mosso un dito". Anzi, i due "coraggiosi" consiglieri, sono stati "lasciati da soli", nonostante abbiano "cercato di fare luce su una situazione senza precedenti". Oltre a Baldessarro, però, ad intervenire nel corso dell'incontro - dibattito c'era anche Gianluca Ursini, corrispondente calabrese del quotidiano "l' Unità", il quale si è soffermato sia sulle problematiche presenti a Reggio, ma anche sulle tante opere incompiute. Presente anche Mario Valente, segretario regionale dei Giovani Democratici. "Durante l'era da sindaco - ha affermato - Scopelliti tutto ha fatto tranne che amministrare in maniera trasparente. Il modello Reggio, purtroppo, non riguarda soltanto la città dello Stretto. In questi anni si è diffuso anche nelle altre province, come Catanzaro ad esempio". L'esponente dei Gd, durante il suo intervento, ha elencato anche gli errori commessi dal centrosinistra. Errori che "non bisogna ripetere" se "vogliamo far riavvicinare la gente alla politica". Secondo Antonio Castorina, componente della segreteria nazionale dei Giovani Democratici, invece, in Calabria "c'è bisogno di una rottura rispetto al passato", considerando che il centrodestra, soprattutto a Reggio, "ha utilizzato i soldi dei contribuenti esclusivamente per fini propagandistici". A giudizio di Luigi Tassone, segretario provinciale dei Gd, l'operato di Scopelliti "si è ispirato ad un modus operandi di dubbia moralità. Ritengo, inoltre, - ha proseguito il giovane esponente politico - che nei partiti, attualmente, c'è bisogno di un codice etico, anche perchè è impensabile che tutt'oggi ci sia qualcuno che ha stretti contatti con la criminalità organizzata". Raffaele Pisani, componente del direttivo locale del Pd, ha ritenuto che il modello Reggio, ormai, è "tristemente noto alla cronaca giudiziaria ma ancora fortemente nebuloso nel sentire collettivo". Critiche alla gestione di Scopelliti sono arrivate anche da Rosanna Federico, consigliere comunale del Pd. A moderare il tutto, invece, ci ha pensato il coordinatore locale dei democrat, Paolo Reitano. Sabato, invece, si è tenuto un altro dibattito, dal titolo: “L’appennino calabrese: risorsa per lo sviluppo della Regione”. Ha introdotto i lavori il giornalista Gregorio Corigliano. Presenti, inoltre, il consigliere regionale del Pd, Bruno Censore, il capogruppo dell’Udc a palazzo Campanella, Alfonso Dattolo ed il dirigente del Partito democratico, Domenico Dominelli. La presenza del centrista al convegno promosso dal Pd non è stata una pura casualità. In Calabria, infatti, si è già riscontrato un certo feeling tra il Pd e l’ Udc. Feeling confermato tra l’altro dallo stesso Censore che, nel corso del suo intervento, pur precisando che ad oggi "è difficile tracciare una linea di demarcazione tra centrodestra e centrosinistra", ha però dichiarato che, con l’Udc, "vogliamo aprire un confronto su tematiche che interessano a tutta la collettività".
(articolo pubblicato su Calabria Ora)
Tra due mari: una striscia di terra di nome Calabria. Una regione dalla quale attraverso i numerosissimi balconi montani si può godere dell’aria buona contemplando il mare, o viceversa, dai davanzali costieri, si può assaporare la montagna, impellente desiderio mentre il corpo si nutre a dismisura del Sole più bello d’Italia. Tra due mari è una grandissima opera letteraria di Carmine Abate, con la quale è stata tracciata la storia di un uomo, Giorgio Bellusci natio di Roccalba, che come tanti altri romantici ha speso tutte le forze per farsi una vita in Calabria, la sua terra, caro scrigno di sogni e di affetti. Fiero narratore delle peripezie di questo grande uomo é il nipote Florian.
Giorgio Bellusci è bambino indomito e adulto determinato. All’età di 22 anni abbandona la propria casa per raggiungere l’amore della sua vita, Patrizia, una ragazza barese conosciuta qualche estate prima a Camigliatello, dove il Bellusci soleva soggiornare coi propri bovini durante il periodo della transumanza.
Ci troviamo nel secondo dopoguerra. In estate, durante il viaggio in direzione di Bari, a Giorgio Bellusci succede un fatto inaspettato, e che per certi versi della bella Calabria ne definisce ulteriori e per niente elogiabili sfaccettature: così, giunto nella piana di Sibari, mentre dà sfogo alle proprie abluzioni corporee, Giorgio Bellusci sente il motore acceso della sua vespa. Dei furfanti gliel’avevano rubata.
Tornare indietro non è da lui. Aveva fatto una scelta e avrebbe continuato per la strada intrapresa. E poi non sarebbe stato facile affrontare le persone di Roccalba. Si sa come vanno le cose in un piccolo paese: tutti gli avrebbero dato addosso, accusandolo di codardia per non essere riuscito nel suo intento. Della famiglia gli importava poco, perché egli stesso sosteneva che non riuscivano a capirlo. L’unico suo rimpianto era il Fondaco del Fico, il fondo di famiglia dove una volta sorgeva la vecchia locanda appartenuta al padre, al nonno e al bisnonno, e che fu dimora per una notte anche di Jadin e Dumas, i quali in quella locanda ci lasciarono un disegno della famiglia Bellusci e un diario che riportava alcuni appunti di viaggio.
Senza un mezzo per poter proseguire, Giorgio Bellusci si accascia per riposarsi e si risveglia con accanto un cane randagio che gli farà da compagno e che battezzerà col nome di Milord (che non a caso, fu anche il nome del cane di Jadin e Dumas durante il loro soggiorno calabrese). In preda all’ira per il fatto di non trovare più la giusta strada, il Bellusci si mette a correre come un matto e quasi rischia la vita quando un’auto, dopo una brusca frenata, gli si ferma davanti. Alla guida c’è Hans Heumann, un famoso fotografo tedesco giunto in Calabria «in cerca di luce».
I due fanno subito amicizia e Hans Heumann promette di portare Giorgio Bellusci a Bari se lo stesso gli avesse prima fatto da guida durante la ricerca di soggetti da fotografare. E dopo che l’affascinante quanto suggestiva Calabria fu impressionata sulle famose pellicole del fotografo tedesco, con l’arrivo delle prime piogge la promessa fu mantenuta: giunto il mese di settembre, intenzionato a ripartire per Amburgo, Heumann accompagna il suo nuovo amico prima a Bari dalla sua bella Patrizia e poi a Roccalba, dove alla vista del Fodaco del Fico rinasce nel Bellusci la voglia di ricostruire la vecchia locanda di famiglia. Voglia mossa da quel pressante pensiero che pure nel sonno lo assillava. L’immensa luce che emanava Giorgio Bellusci nell’esprimere quel desiderio non sfuggì all’occhio attento del bravo fotografo, il quale non perse tempo per scattare l’ultima foto del suo tour calabrese.
Comincia così la grande amicizia dell’allevatore e dell’artista, unione che sarà in futuro rafforzata dal loro rapporto di parentela: il narratore, cioè Florian (che di cognome fa Heumann) sarà infatti il frutto dell’unione tra il figlio di Hans e la figlia di Giorgio.
A Roccalba va a viverci anche Patrizia per amore del Bellusci, il quale oramai non può fare più a meno del Fondaco del Fico.
La determinazione dell’uomo risulta sempre fondamentale e il determinato Bellusci passa così dal sogno alla realtà quando incarica il «migliore ingegnere della zona» a realizzare il progetto per i lavori del Fondaco del Fico.
Un giorno però, Giorgio Bellusci riceve un’inaspettata visita presso la propria macelleria all’orario di chiusura. Un giovane ben vestito scende da un’auto, si dirige verso di lui e lo saluta con fare altero: «Buongiorno capo. Come và?». Lo stesso, incitando il Bellusci a progredire sempre nella sua attività continua nel dirgli: «Avrete la nostra benedizione, la nostra protezione. Pagherete una piccola percentuale l’ultima domenica di ogni mese. Passo io a ritirare la pila. Non dovete preoccuparvi di nulla». Al ché, il primo istinto di Giorgio Bellusci lo porta a minacciare l’avventore col suo coltellaccio da macellaio.
Comincia da questo momento una storia nella storia. Carmine Abate, attraverso la voce narrante di Florian Heumann, ci descrive il Fondaco del Fico non più come espediente per la realizzazione di un sogno, bensì come giusta causa per sconfiggere un incubo rappresentato dalla malavita.
Giorgio Bellusci subisce così diversi attentati, dimostrandosi completamente sordo alle richieste fattegli dai mafiosi. In primo luogo i malavitosi appiccheranno fuoco alla porta della macelleria e la reazione del Bellusci sarà quella di non preoccuparsene perché a suo dire era troppo vecchia e in ogni caso andava cambiata. Dopo gli taglieranno le viti e, con immenso autocontrollo il Bellusci dirà: «Meglio, così ho meno da lavorare». In ultimo, i mandriani lo informeranno di aver trovato 2 cani e 10 pecore sgozzate, che tempestivamente verranno esposte nella macelleria a basso mercato e subito vendute grazie alla solidarietà dimostrata dagli abitanti di Roccalba.
Ma la pazienza ha un limite. Nonostante il Bellusci abbia voluto dimostrare a tutti che si deve agire come se la ’Ndrangheta non esistesse, nel momento in cui l’esattore malavitoso si ripresenta nuovamente per riscuotere "il pizzo", lo infilza al collo con un gancio da macellaio e lo appende in bella mostra all’interno della macelleria.
Finisco col dire che, giunti a questo punto, ogni altra parola spesa a riguardo sarebbe un inutile tassello messo a completamento della sublime narrazione di Carmine Abate, che qui mi risparmio di aggiungere per lasciarvi l’occasione di gustare un libro straordinario che vi coinvolgerà totalmente.
Di seguito la nota stampa diffusa dal Capitano Stefanio Esposito Vangone, Comandante della Compagnia Carabinieri di Serra San Bruno:
Nella notte del 13.04.2012 i militari del Comando Stazione Carabinieri di Polia (VV), hanno tratto in arresto i fratelli IELAPI Domenico nato a Polia (VV) il 13.11.1975, celibe, disoccupato, pregiudicato e IELAPI Francesco nato a Vibo Valentia (VV) il 04.05.1989, celibe, disoccupato, incensurato, entrambi residenti a Polia (VV) in via Certosa nr.22, per il reato di furto aggravato di rame, in concorso.
I militari, che da giorni stavano effettuando mirati servizi per prevenire i furti nella giurisdizione, sono intervenuti in quella località “Lia” presso lo stabilimento per la produzione di acque minerali “Acqua Certosa”, ove hanno sorpreso i predetti che, unitamente a C.P., classe 1971, allo stato irreperibile perché riuscito a sfuggire all’arresto, erano intenti ad asportare tre quintali di cavi in rame e varie chiavi meccaniche.
Gli arrestati sono stati sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari presso la propria abitazione, mentre allo stato, continuano le ricerche dello C.P., il quale, durante la fuga, ha perso la propria patente di guida, elemento questo, che ha consentito all’Arma di procedere alla sua denuncia a piede libero.
Numerosi i furti avvenuti durante le scorse settimane nel medesimo stabilimento, quasi tutti sicuramente ascrivibili agli odierni arrestati.
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