mini teatro_fireflyRiceviamo e pubblichiamo:

 

In esclusiva per la Calabria, approda a Chiaravalle lo spettacolo “FireFly” del coreografo americano Anthony Heinl, già assistente di Moses Pendleton dei Momix,  compagnia di cui ha fatto anche parte come primo ballerino.

L’Associazione “Tempo nuovo”  è particolarmente orgogliosa di proporre  nell’ambito della sua stagione,  al pubblico del teatro “Impero”, uno spettacolo  di altissimo profilo, di grande impatto visivo e suggestività. “FireFly” è un viaggio all’interno di un mondo dove la fantasia, bellezza e ironia si sposano armoniosamente.

La straordinaria forza di questa rappresentazione sta nella contaminazione di varie forme d’arte, quindi non solo danza,  il teatro fisico e l’acrobatica, ma anche il video art e l’utilizzo creativo di nuove tecniche sceniche. Una produzione dell’Evolution Dance Theater che porta l’arte alla gente, che ha la magia dell’illusione, il fascino della danza, la suggestione e i miracoli del teatro, in una performance capace di comunicare, divertire e affascinare. Uno spettacolo raramente visto in ambiente teatrale.

L’appuntamento come di consueto è alle ore 21.

Per maggiori informazioni: chiamare al numero 0967/92186, consultare il profilo facebook, scrivere all’indirizzo associazionetempoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., o ancora  visitare il sito www.teatrotemponuovo.it
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mini SIMBARIO_1SIMBARIO - Atti di puro e insensato vandalismo continuano ad alimentare le pagine di cronaca locale. Di seguito allo scempio perpetrato nei confronti della statuetta della madonnina lungo la tangente stradale che costeggia il comune di Simbario, nella serata di martedì scorso, passate le ore 22, ignoti hanno appiccato fuoco all’entrata del palazzo municipale. Dopo aver preparato un composto di spazzatura e altro materiale infiammabile, i malfattori hanno dato alle fiamme il portone del municipio. Fortunatamente, alcuni residenti alla vista delle fiamme, con mezzi di fortuna hanno domato l’incendio che avrebbe potuto provocare ulteriori danni alle abitazioni limitrofe. Per fortuna i danni materiali sono stati esigui.

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mini foto_manifest._b._schiafoneRiceviamo e pubblichiamo:

Dopo tante voci ufficiose, si va ormai delineando il futuro del Nosocomio di Serra San Bruno. La dura battaglia di questi mesi potrebbe aver scongiurato la chiusura totale della struttura. Un merito che va riconosciuto a quanti si stanno battendo, sin da subito, con numerose iniziative e anche manifestazioni plateali, condotte senza cedere a qualunquistiche tentazioni individualistiche e monocolore, ma sforzandosi di tenere al centro l’interesse della nostra comunità e della sanità del comprensorio. Sta di fatto, però, che la decisione sul futuro dell’Ospedale spetta sempre a Scopelliti, il quale è riuscito ad emarginare il nostro “San Bruno” riducendolo ad un piccolo ricovero temporaneo.

Rimarranno solo 20 posti letto di degenza medicina. L’ospedale di Serra San Bruno  rimarrà forse fisicamente aperto perché, evidentemente, Scopelliti non ha potuto fare a meno di cedere alle ragioni e alle forti motivazioni di quanti si sono dichiarati contrari al suo Piano di Rientro, in primis al Comitato civico pro Serre. Non tutto è perduto, dunque, ma resta il fatto che le scellerate scelte del centro destra al Governo della Regione Calabria, su cui il PDL  e i suoi alleati non hanno mai avvertito la necessità di esprimersi, se non attraverso artificiosi comunicati attaccando l’operato del Comitato civico pro Serre a danno dell’ospedale stesso, hanno portato ad una forte diminuzione della qualità del servizio sanitario locale, privandolo della piena efficienza di una struttura, che grazie agli sforzi degli ultimi anni, stava conoscendo una nuova era, basti pensare che al primo e al secondo  piano ci sono anche delle nuove sale operatorie. Due per l’esattezza. Tutte inutilizzabili perché a meno di quattro anni dalla loro inaugurazione si è constatato che non servivano più! Che importa se la gente non può essere operata qui ed è costretta a scappare  verso le regioni vicine pure per un appendicite, perché l’ospedale di Vibo Valentia non riesce a sfoltire le numerose richieste dell’utenza. Che importa se non ci sono posti letto per soddisfare nemmeno le esigenze di un comprensorio geograficamente penalizzato.

La riconversione che è stata annunciata da circa un anno e che a breve dovrà essere posta in essere, il noto decreto 18 di Scopelliti, comporterà riguardo al “San Bruno” un risparmio di spesa che sarà una  goccia nel mare degli sprechi della spesa pubblica. Per queste ragioni va ribadito il diritto e il dovere di tutti i serresi di lottare per il  mantenimento del nostro ospedale, un ospedale che sia funzionale alle esigenze del territorio e che non sia solo un ambulatorio per lo smistamento dei malati. Per salvare la vita delle popolazioni del comprensorio Serra ha bisogno di un ospedale generale (come Tropea e Soverato), di una seconda ambulanza in pianta stabile, di un reparto di chirurgia h 24 e di un pronto soccorso funzionale che possa servire a salvare la vita delle persone. Per queste rivendicazioni il Comitato Pro-Serre continua a lottare dal basso e con la gente e per questo si sta preparando un grande sciopero generale a cui dovrà sentirsi chiamato a partecipare chiunque abbia a cuore la sopravvivenza del nostro territorio.

Bruno Schiafone (Comitato Pro-Serre)

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Mercoledì, 18 Gennaio 2012 15:41

Sicilia in rivolta, in Calabria qualcosa si muove

mini cut1326803695003“Il Movimento dei Forconi” è così che si chiama il gruppo di protesta che, partendo dalla Sicilia, ha come obiettivo principale quello di far arrivare la voce del popolo nelle stanze dei palazzi romani. I blocchi sono partiti dalle proteste per il rincaro e le accise sui carburanti, ma si sono ben presto estesi a macchia d’olio. Un movimento di protesta quello siculo, fatto da gente esausta, da gente oramai arrivata al punto di non ritorno, come spiega uno dei rappresentanti de “Il Movimento dei Forconi”, Martino Morsello: “Il Movimento dei Forconi continua la lotta contro i politici corrotti e nepotisti che hanno ridotto alla miseria tutte le attività produttive con la complicità dei sindacati e organizzazioni di categoria,

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mini mastro bruno-cimiteroParole, musica, immagini. Parole sussurate con un nodo in gola; parole urlate ma a denti stretti; parole che fremono e mutano sino a diventare musica, rincorrendosi tra i giochi di ombre e luci che addobbano la sala. Parole, musica e immagini che, ospitate nell’elegante cornice di Palazzo Chimirri, hanno dato vita ad una manifestazione, poliedrica e coinvolgente, dedicata al poeta “Mastru Brunu Pelaggi” in occasione della ricorrenza del primo centenario della sua morte. Un evento completamente autofinanziato, nato dalla sinergia tra l’associzione culturale “Il Brigante” e il Vizzarro.it, il cui obiettivo era quello di omaggiare e far rivivere un artista eclettico e geniale, un uomo tanto umile quanto rivoluzionario, un serrese semplicemente speciale, come pochi altri purtroppo, a cui la cittadina della Certosa ha avuto l’onore di dare i natali.

La due giorni dedicata a Bruno Alfonso Pelaggi, “Mastru  Brunu” per i serresi, è iniziata con un convegno dal titolo “Mastro Bruno e la poesia di protesta”. Il dott. Cesare Pelaia, pronipote del poeta, il prof. Tonino Ceravolo, studioso e storico, e l’antropologo Luigi de Franco, sono i relatori che hanno ripercorso e analizzato la figura personale e letteraria di quello che in molti erroneamente definiscono “il poeta-analfabeta”. Al tavolo dei relatori ha dato il suo prezioso e toccante contributo anche Franco Gambino, fratello del compianto Sharo, la cui storia personale è intimimamente legata a quella della famiglia Pelaggi.

E' stata ripercorsa la storia dell’Unità d’Italia, sono stati raccontati gli anni che hanno forgiato il Mastro Bruno uomo, prima che il poeta che conosciamo. Sono stati fugati alcuni dubbi, primo tra tutti quello che lo voleva analfabeta. E' toccato al prof. Ceravolo spiegare come, ritiratosi stanco al tramonto, dopo aver scolpito il granito per tutto il giorno, il Pelaggi, invece che scriverli di proprio pugno, preferisse dettare i suoi componimenti alla figlia Maria Stella. Due ore intense e ricche di storia, due ore volate via tra cultura popolare, antropologia, letteratura, preziosi ricordi personali e soprattutto, sconfinato amore per la propria terra.

La seconda parte della kermesse ha preso il titolo di “Scarpidhati”, uno spettacolo realizzato dalle Officine Teatrali “Il Brigante”, con musiche del maestro Sergio Di Giorgio (sorprendente polistrumentista, tra i fondatori dei Re Niliu) e del maestro Vittorio Russo (pianoforte), con la partecipazione degli “Autori Appesi”.

Con “Scarpidhati” gli autori - il collettivo di scrittura Ulucci Alì - ripercorrono, come già fatto nel convegno pomeridiano ma con altri strumenti espressivi, la storia della Calabria pre e post Unità d’Italia. Lo fanno dal punto di vista di chi, come Mastro Bruno, quella cupa epoca l’ha vissuta e ce l’ha tramandata attraverso testimonianze, cronache dell’epoca, poesie, musiche e immagini tanto interessanti quanto suggestive. Uno spettacolo entusiasmante e coinvolgente capace di far rivivere ai presenti in sala, la stessa rabbia, la stessa delusione e la stessa sensazione di impotenza, che le genti del tempo nutrivano quotidianamente nei confronti di una storia, quella dell'Unità d'Italia, non certo portatrice di prosperità per le popolazioni del sud.

Quattro attori, nella veste di narratori, tengono il tempo della serata mentre, come in un’altalena di musica e parole, le poesie di Mastro Bruno, si alternano alle note di una musica la cui origine si perde nella notte dei tempi. Nelle “storie” del poeta-scalpellino ognuno degli spettatori si riconosce e nelle umiliazioni che la gente comune era costretta a subire tutti trovano allarmanti similitudini col nostro tempo.

Manifestazione perfettamente riuscita dunque. Sala gremita, posti a sedere tutti occupati ed un bel po’ di gente che pur di assistere si è accontentata di rimanere in piedi. Ad ogni modo, sicuramente, malgrado il successo non c'è stata tutta la gente che avrebbe dovuto esserci.

Cerimonia molto sentita anche stamattina al cimitero di Serra San Bruno, dove il parroco don Gerardo Letizia ha celebrato una messa in suffragio di Bruno Pelaggi, benedicendo l'ossario che ospita il poeta. I bellissimi versi di "Alla Vergine Maria", declamati nello stesso luogo, hanno accompagnato gli ultimi momenti della celebrazione.

Il 6 gennaio del 1912 Serra perdeva uno dei suoi figli migliori e con Serra lo perdeva anche la Calabria ed il meridione tutto. Ieri, 6 gennaio 2012, a ricordare i primi 100 anni della morte di uno dei più grandi artisti che la nostra terra abbia mai avuto, a ricordare uno dei più eccelsi “Mastri di la Serra”, non c’era tutto il paese com’era lecito aspettarsi ma c’erano “soltanto” 250 persone. Che fine ha fatto l’orgoglio serrese? Che fine ha fatto l’amore per una terra ricca di tradizioni  e storia, la nostra storia? Che fine hanno fatto i serresi?

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Martedì, 27 Dicembre 2011 15:25

Il simbolismo rituale del Natale

mini presepeLa ricorrenza più importante della cristianità, quella che celebra la nascita di Cristo, ha origini antiche. La storia rimanda ad un tempo remoto che precede l’avvento del cristianesimo. Una festa periodica di rinnovamento, celebrata a tutte le latitudini per simboleggiare la chiusura di un ciclo annuale e l’inaugurazione di quello successivo. Una tradizione diffusa presso molti popoli pagani faceva coincidere, infatti, con il periodo tra il 15 ed il 25 dicembre il momento più significativo dell’anno. I romani ad esempio tra il 17 ed il 25 celebravano i Saturnalia, i giorni di festa legati all’agricoltura e dedicati al dio Saturno. I Saturnalia precedevano il momento di passaggio e di rinnovamento rappresentato dal solstizio d’inverno. La nascita del nuovo sole rappresentava una tradizione particolarmente diffusa nel nord Europa, dove la celebrazione era legata all’abete, l’albero sempreverde nel quale rifulgono i raggi del sole appena nato. La festività romana che però presenta maggiori affinità con il Natale cristiano e quella del “sol invictus” in onore di Mytra, la divinità alla quale, secondo alcuni studiosi, la tradizione cattolica sarebbe particolarmente debitrice per la filiazione di tutta una serie di riti ed apparati liturgici. La ricorrenza del Natale entra quindi lentamente nella tradizione religiosa cristiana. Una festività che nello spirito di una religione universalista come quella cattolica, con il trascorrere del tempo e la diffusione del verbo di Cristo in tutto il mondo, si arricchisce di nuovi apparati sincretici che racchiudono spesso tradizioni pre cristiane di chiara derivazione pagana. L’agrifoglio, ad esempio, con il quale vengono spesso decorate le abitazioni, rappresenta un’antichissima usanza legata alla credenza che le foglie acuminate avessero il potere di scacciare gli spiriti maligni. Legata alla cultura celtica è invece l’usanza di appendere il vischio sull’uscio di casa. I Druidi, i sacerdoti celtici, oltre ad attribuirgli poteri magici e curativi, sostenevano che i nemici che si incontravano sotto una pianta di vischio dovessero deporre le armi. Per tale motivo si è diffusa la credenza che la sua esposizione garantisca pace e serenità. Molto più recente invece il ricorso alla stella di Natale, introdotta negli Stati Uniti e successivamente in Europa, dal Messico, nel 1825, dall’ambasciatore Joel Robert Poinsett. Tutta italiana, invece, l’usanza del presepe, la cui origine è attribuita dalla tradizione a San Francesco d’Assisi che, nel 1223, nel convento di Greccio, fece celebrare la messa su una mangiatoia adibita ad altare, tra un asino ed un bue vivi al cospetto della gente del villaggio. In seguito i francescani ed i domenicani promossero la costituzione di presepi che lentamente si diffusero in tutt’Italia. Il più antico presepe risale al 1280 ed è quello scolpito da Arnolfo di Cambio e custodito oggi nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma. E’ però tra il sei ed il settecento che il presepe diventa un’autentica forma d’arte arricchendosi di personaggi, angeli e gente comune. Tuttavia anche la tradizione del presepe non è immune da un retaggio molto più antico. Secondo la tradizione etrusca e latina gli antenati defunti venivano rappresentati da statuette di terracotta, i lari, cui veniva assegnata la funzione di vegliare sul buon andamento della famiglia. Intorno al IV secolo il rito venne mutuato da cristiani che alle immagini dei lari sostituirono quelle dei componenti della sacra famiglia. Una festa ricca di simboli e significati, elaborati da culture diverse, che sopravvivono oggi nelle differenze di una tradizione gastronomica che nel periodo natalizio riesce ancora a testimoniare tutti i tratti ed i sapori di un tempo.

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