mini salvatoresRaccontare l’Italia in un solo giorno è impossibile, a meno che non ti chiami Gabriele Salvatores. Una delle firme più grandi del cinema italiano, che ha regalato al pubblico Mediterraneo, Marrakech Express, Amnèsia, Puerto Escondido, Nirvana (senza cadere nella trappola della banale lista della spesa), a partire da oggi presenterà in alcune sale cinematografiche – per la Calabria ci sarà il cinema Modernissimo di Cosenza – l’ultimo lavoro, “Italy in a day”, il primo film girato interamente dagli italiani, che il 26 ottobre del 2013 hanno voluto regalare al mondo un pezzo della loro vita. Il portale dedicato al caricamento dei video, dell’oramai storico 26 ottobre, ha raccolto 44mila filmati, per un totale di 2200 ore di girato. I video scelti dal regista sono stati 627. Tutto questo per realizzare il primo film social italiano della storia. Salvatores, per la realizzazione dello stesso, si è basato su un’idea di Ridley Scott (coproduttore di ”Italy in day”) che in America aveva già realizzato “Life in a Day” nel 2010. Tra i calabresi scelti da Salvatores compaiono anche 6 giovani cosentini, studenti del Liceo Fermi. «Il ritratto dell'Italia che ne viene fuori è più ottimista di quello che mi immaginavo» ha detto Salvatores dopo aver lavorato al film collettivo. Quella di stasera è l’unica data prevista per il cinema. Sabato 27 settembre, il film sarà trasmesso in prima serata su Rai3.

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mini Uno_dei_momenti_pi_critici_per_MannoRiceviamo e pubblichiamo

Sei, sei sei: 6, il mese, giugno; 6, le riprese del match per il quale si stava preparando prima di essere chiamato per l’europeo; 6, il round al quale ha mollato definitivamente in una sfida che, già agli esordi, si preannunziava impari per via di un gap di preparazione. Volendo fantasticare si potrebbe prospettare lo zampino di Belzebù. Ma, restando coi piedi per terra era così, forse, che il destino aveva già scritto se stesso. A nulla, infatti, sabato scorso a Tolfa, sulle colline romane, è valso il coraggio da leoni di Benoit Manno, il calabrese (di Acquaro, VV), due volte campione italiano dei superpiuma, la cui forza d’animo e intrepidità non sono riusciti a prevalere sulla più accurata preparazione atletica di Emiliano Marsili, il detentore della cintura europea che, meritatamente, ha difeso e riportato in bacheca per la seconda volta. Manno, che ha avuto troppo poco tempo per prepararsi (gli è stato proposta l’opportunità appena 10 giorni prima del match, dopo la rinunzia del francese Anthony Mezaache, mentre il campione si stava preparando da due mesi) ha, inoltre, dovuto affrontare una ulteriore difficoltà, essendo salito sul ring col setto nasale fratturato da un pugno ricevuto nel corso di un allenamento di sparring del martedì precedente. Con la consapevolezza di colui che, qualunque fosse stato l’esito, avrebbe avuto tutto da guadagnare e niente da perdere, la strategia elaborata insieme al maestro Vottero è stata quella di un match di contenimento, per cui Manno ha avuto un approccio cauto sin dal primo round, consentendo, però, al campione in carica di dominare la scena. Così come ad avvio della seconda ripresa, nella quale Marsili, mancino come lo sfidante, ha sfruttato le sue qualità, mettendo in difficoltà Benoit il quale, però, a fine round è riuscito orgogliosamente a reagire sferrando un gancio in pieno viso al campione in carica che, tuttavia, lo ha accusato relativamente. Le successive riprese sono state quasi un deja vu, con un Marsili incalzante ed un Manno che, sebbene costantemente in difesa e ad ogni colpo al volto avvertisse dolori atroci per via del già detto setto fratturato, è comunque riuscito a portare a segno alcuni affondi mancini. Troppo poco per il pugile di Civitavecchia che, intenzionato a riportare a casa la cintura e ad aspirare, nel futuro prossimo, al titolo mondiale, al quinto round manda per ben due volte al tappeto il calabro piemontese il quale, in entrambi i casi, riesce a recuperare, rialzandosi e dimostrando un’audacia ed una caparbietà non convenzionali, come, tra l’altro, suggerisce il suo nomignolo, “The unconventional”. Ma non serve a tanto, poiché, subito dopo l’avvio della successiva ripresa, vittima di un micidiale destro, Manno è nuovamente al tappeto. Trovando quella forza che si riesce a reperire solo nei momenti di estrema criticità, lo stesso si rialza nuovamente ma l’arbitro, intuendo che le energie del valoroso sfidante avevano superato il limite di prolungamento, decreta la fine del match per ko tecnico, re incoronando Emiliano Marsili campione europeo dei pesi leggeri e proiettandolo, a detta degli osservatori esperti, verso un titolo superiore che per il trentottenne laziale rappresenterebbe il naturale prosieguo di una carriera agonistica sin qui impeccabile. Onore al vincitore e, in ogni caso, bravo a Benoit che, come dimostrano i tanti attestati di stima lasciati sulla sua pagina Facebook, rimane l’idolo dei suoi tanti fan e, forte di questo test che, quantunque lo abbia visto soccombente, gli ha dato tanto in termini di esperienza e crescita agonistica, è pronto a risalire in sella e cavalcare nuovamente l’onda dei successi. Con il sogno europeo che, per il momento, rimane nel cassetto, in prospettiva vi è la riconquista, ad ottobre, del titolo italiano contro il vincitore tra Angelo Ardito, attuale detentore, e Nicola Cipolletta (in programma l’11 luglio). Vi era, poi, l’intenzione di combattere, finalmente, un match giù in Calabria, ad agosto, ma l’europeo ha sparigliato tutto, in quanto la federazione gli impone un periodo obbligato di stop. Ad Agosto, ad ogni modo, in Calabria ci verrà comunque, per godersi le meritate ferie nell’azzurro mare della Costa degli Dei. Per i guantoni c’è tempo: ci si rivede ad ottobre.

Valerio Colaci

 

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mini onthenews_europeeOn the news di sabato 7 giugno, dalle ore 10, sulle frequenze di Radio Serra 98, è speciale "Europee 2014". Ospiti in studio: Paolo Reitano (PD), Walter Lagrotteria (UDC), Romano Loielo (FdI), Bruno Rosi (NCD), Michele Ciconte - Carmine Franzè (FI) e Dominik Gallè (M5S). Quali saranno le linee guida che i neo eletti europarlamentari presenteranno all' Europa? E ancora, un fenomeno tutto italiano: dopo le elezioni, tutti hanno vinto? Infine, le Europee a Serra San Bruno, analisi e commenti.

Segui la diretta anche instreaming: http://tunein.com/radio/Radio-Serra-RS-980-s3103/

 

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Domenica, 01 Luglio 2012 15:45

O briganti o emigranti


mini emigrazioneRiporta Costantino Ianni, in Homens sem paz, la risposta di un emigrante italiano ad un ministro: “Que coisa entendeis por uma nação, senhor ministro?". È a massa dos infelizes? Plantamos e ceifamos o trigo, mas nunca provamos do pão branco. Cultivamos a videira, mas não bebemos o vinho. Criamos os animais, mas não comemos a carne... Apesar disso, vós nos aconselhais a não abandonar a nossa pátria. Mas è uma pátria a terra em que não se consegue viver do próprio trabalho?". “Cosa intende per nazione, signor Ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?”. Una terra che produceva di tutto, come la Calabria, dove le potenzialità economiche sono grandi e sfruttate solo dal grande capitale, il quale, servendosi della mafia a discapito dei cittadini onesti e dei lavoratori, produce denaro e ricchezza per pochi. Una terra maltrattata e sfruttata malamente. Che cosa rimane, o meglio, che cosa rimaneva? La “spartenza”.

“E mannaia l’ingegnieri, chi ‘mbintau la ferrovia, cà si non facia li mezzi, all’America non si jia…”, ancora nella musica tradizionale calabrese. La “spartenza”, uno dei quattro temi di rilievo nella canzone popolare, uno dei drammi storici della nostra terra. La lontananza da quella terra che si abbandona per bisogno, ma che non si dimentica mai. Racconta Sergio Di Giorgio, che in una sua visita, assieme ad Ettore Castagna, in Chiaravalle a Gregorio Tino, suonatore di ciaramelle, ebbero ad ascoltare una sua testimonianza che lascia sicuramente perplessi. “Quando ero in trincea - racconta Tino - per far passare la paura, ripassavo le suonate della zampogna sul manico del fucile”. Picchierellava con i polpastrelli sulla canna del fucile e si estraniava dal luogo in cui era, ascoltando, in una sorta di sdoppiamento della propria mente, le suonate del suo strumento e della sua terra. Sì, perché i suoni, gli odori, il dialetto, quando sei all’estero, lontano da casa, ti rimbombano nelle orecchie incessantemente, quasi a coprire la diversa lingua che si è costretti ad ascoltare, in una sorta si alienazione della realtà, quasi come se fosse il trasfomare il fucile in una zampogna e il vento della trincea nel familiar suono. L'emigrazione europea della seconda metà dello scoso secolo invece, aveva come destinazione soprattutto stati europei in crescita come Francia, Svizzera, Belgio e Germania. Quest’ultima era considerata da molti, come una meta di emigrazione temporanea, dove lavorare e guadagnare per costruire, poi, un migliore futuro in Italia. Tuttavia questo fenomeno non si verificò e molti degli emigranti sono rimasti nei paesi di emigrazione. Lo stato italiano firmò, nel 1955, un patto di emigrazione con la Germania con il quale si garantiva il reciproco impegno in materia di migrazioni e che portò quasi tre milioni di italiani a varcare la frontiera in cerca di lavoro. Al giorno d'oggi sono presenti in Germania circa 650.000 cittadini italiani fino alla quarta generazione, di origine meridionale, ma anche veneta o emiliana. E gli emigrati che incontri in Germania oggi, hanno congelato il loro essere italiano al giorno della partenza, come se il tempo, nella loro terra di origine si fosse fermato al momento della propria partenza.

Wolfsburg, città nata intorno alla Wolkswagen, (la “Fabbrica”, come la chiamano i nostri paesani) è un modello di città fatta a misura di operaio. Gli operai sono fatti a misura della fabbrica. Insomma tutto è fine alla costruzione della “nuova Golf”. E altre tremilanovecentonovantanove macchine al giorno. Biagio, che lavora da quindici anni in Wolkswagen, al nostro arrivo, noi che veniamo dalla sua Serra San Bruno, ci aspetta alle porte della città per accompagnarci alla nostra destinazione. In pochi minuti vorrebbe raccontarci tutto, di quante cose abbia fatto in Germania, di come la Germania lo ha accolto e di quante cose belle ci sono, e ci porta dai suoi amici, presentandoci fiero e raccomandandosi di fargli fare bella figura, che lui del suo paese parla sempre con tutti. “Ti sei sposato?”. “Si” fa lui, “Con una tedesca?”, “Fossi matto! Mai con una tedesca, che ti lascia senza pensarci due volte!”. Mogli e buoi dei paesi tuoi. Gli piace la fabbrica, il marciapiede pulito, i coniglietti che mangiano l’erbetta indisturbati nel verde pubblico, ma la gente non si ferma neanche per dirti ciao...E la musica lo manda in estasi, quando vede la zampogna si emoziona, quando sente l’organetto vuole ballare, quando parla della sua terra il sentimento che lascia trapelare non è la nostalgia, è la rabbia. “Quando scendo per le ferie in Calabria è bello, poi, quando torno in Germania, al Brennero, l’anima si ferma in Italia e la ‘carcassa’ continua a guidare per altri novecento chilometri verso nord.” Ha due bimbi Biagio, che porta con sé al nostro spettacolo, ai quali parla dialetto, perché il tedesco “già lo parlano e lo scrivono meglio di me”. Si è anche presentato con i Verdi alle elezioni comunali di Wolfsburg, perché l’integrazione è importante, ci dice. Ma forse lo fa per i propri figli, per garantirgli un futuro, perché ci ha dimostrato e fatto capire che, anche se non ha nessuna intenzione di tornare in Calabria, nè tantomeno la possibilità, non vuole integrarsi davvero, perché lui ci tiene alla sua cultura, alle sue origini, alla sua provenienza. E’ costretto a stare in Germania, perché ha bisogno di lavorare, ma i tedeschi sono tutti casa e lavoro, e se hai voglia di scambiare quattro chiacchiere, per parlare davanti ad un caffè del più e del meno, devi andare al Bar Azzurri…in Poststrasse, o al ristorante di Pino (da Sinopoli) di fronte al Markthalle. Che Stato è quello stato che lascia la terra alle ortiche e ai sassi e alle erbacce, e non produce il grano per fare il pane a casa propria? Che nazione è quella nazione che ha i suoi figli all’estero e allo stesso tempo crea per i migranti che arrivano sulle proprie coste i “Lager di prima accoglienza” e la legge Bossi-Fini? Biagio verrà quest’estate e porterà birra sigarette e cioccolata agli amici, se ne andrà portandosi una scorta di pane, quello buono, quello che sua madre sa ancora fare, ma che la sua terra non si può più permettere.

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Sabato, 30 Giugno 2012 10:08

Un centravanti made in Italy

 

mini balotelli-gol-italia-germania-euro-2012Eccolo finalmente. Il discolo è tornato, come il figliol prodigo. Balotelli mostra al mondo cosa vuol dire essere Balotelli. Dal colpo di testa a quello di collo, dall’esultanza da Hulk che non fa paura a nessuno, se non ai tedeschi, fino al tenero abbraccio alla madre. In 90 minuti l’antologia di un italiano di colore. Di un centravanti scontroso per vocazione,  con la corteccia dura del fuorilegge ed il midollo tenero come quello di ogni ventenne. A Varsavia in campo c’era anche lui, e si è fatto sentire. C’era il ribelle che per una volta tanto riesce a domarsi. A sfogare tutta la rabbia e la carica che ha in corpo nella maniera più bella. In quello che sa fare meglio di qualsiasi altra cosa.

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mini timpe_rosseRiceviamo e pubblichiamo:

Il C.P.A. (caccia-pesca-ambiente), ramificato molto bene in Calabria, organizza ogni anno il campionato italiano su cinghiale, a cui partecipano soggetti di elevata bravura provenienti da tutta la regione, e sicuramente non è semplice portare a casa determinate qualifiche. Il riconoscimento più importante è stato conseguito dall’Allevamento “Timpe Rosse” di Cosimo Nicola Papa. Dopo aver conseguito il 1° posto al campionato regionale per cani da seguita su cinghiale, una coppia di Griffon bleu de Gascogne allevata da “Timpe Rosse”, Cacao e Clio, ha conseguito un grande risultato anche al campionato nazionale italiano disputato ad Uras, in Sardegna, dal 18 al 20 Maggio 2012. Cacao e Clio hanno ottenuto il 3° miglior piazzamento su scala nazionale. In questo genere di campionato, ogni coppia di cani viene sciolta in una campo di gara di oltre 100 ettari in cui dovrà eseguire le 5 fasi, importanti per la buona riuscita della gara. Le zone addestramento cani, chiamate in gergo tecnico ZAC, spesso sono delle zone impervie, “macchia mediterranea”, dove i cani devono trovare la “preda” entro un tempo massimo di un’ ora, altrimenti vengono subito squalificati. Quando invece trovano la traccia del cinghiale in tempo breve, incomincia l’accostamento tra rovi, felci e quant’altro; una volta scovata la preda i cani l’abbaiano al fermo fin quando questa non riparte nella sua fuga; allorchè c’è la seguita, ovvero l’inseguimento al cinghiale. In questo genere di gare, i cani devono avere capacità, tenacia e stile. I segugi devono saper cercare, avere un ottimo olfatto, ma anche l’astuzia di fermare correttamente la preda, seguire una traccia con ostinazione e scovarla con intelligenza e coraggio. Queste sono ovviamente tutte caratteristiche che i cani da caccia, specie le antiche razze tradizionali, hanno come attitudine naturale, ma sono anche doti che gli allevatori devono saper sviluppare con bravura. Le prove per cui l’Ente Nazionale Cinofilia Italiana concede ogni anno questi riconoscimenti servono proprio a no disperdere il patrimonio delle antiche razze da caccia; dunque è grande la soddisfazione degli allevatori di “Timpe Rosse” per i risultati che Cacao e Clio continuano ad ottenere su scala nazionale. A giudicarli, nel campionato nazionale di Uras, è stato Felice Bracco, giudice Enci. Presso l’allevamento di Papa, che si trova a Vallelonga (VV), oltre i Griffon bleu de Gascogne, si lavora alla selezione di altre razze di cani per la caccia la cinghiale come il Segugio italiano, il Briquet Griffon Vendeen ed il Beagle. Il risultato che l’allevamento “Timpe Rosse” ottiene con i suoi cani, deriva da una grande passione che coinvolge e stimola a fare sempre meglio. Si ringraziano tutti i componenti del C.P.A. nazionale: Marco Pisanu, responsabile della cinofilia nazionale, e la sua equipe, ma soprattutto il C.P.A calabrese ed il Dr. Mario Cipriano perché il suo incoraggiamento è stato di supporto al risultato ottenuto.        

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mini wolfsburg_giganti_scuoleWOLFSBURG - Un viaggio attraverso la Calabria e i calabresi, figli della meridionale regione italica che li vide in passato travolti dal vortice del fenomeno migratorio. Un viaggio oltre lo spazio e il tempo, attraverso una Calabria trasposta aldilà dei confini nazionali. L’11 giugno scorso, a Wolfsburg (Germania), si sono aperti i festeggiamenti in occasione dei cinquant’anni dell’arrivo del primo italiano nella città sede della storica Wolkswagen. Presso la struttura del Markthalle è stata allestita una fiera caratterizzata da un ricco percorso di sapori e cultura, attraverso i prodotti tipici, i suoni tradizionali e una mostra iconografica raffigurante tutti i comuni della Calabria.

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mini breccia«Durante gli ultimi dodici anni la stella polare di Vittorio Emanuele fu l'aspirazione all'indipendenza nazionale. Quale sarà questa stella riguardo a Roma? La nostra stella, o signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la Città eterna, nella quale venticinque secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico». Con questa dichiarazione, pronunciata al cospetto del parlamento, l’11 ottobre 1860, Cavour prefigura la presa di Roma quale momento conclusivo e culminante dell’unità d’Italia. Un evento per il quale bisognerà attendere fino al 1870, prima che i bersaglieri del generale Cadorna possano infrangere la simbolica resistenza delle truppe pontificie e consegnare Roma all’Italia. Un episodio militare secondario, per un fatto storico rilevante, cui prese parte, in un ruolo decisivo, un calabrese, nato a Soverato diciotto anni prima. Il primo ad aprire il fuoco dei cannoni, intorno alle 6,30 di martedì 20 settembre, fu, infatti, un giovanissimo sottotenente d’artiglieria, Carlo Amirante. Le salve andarono avanti per cinque ore, prima che i bersaglieri riuscissero a conquistare la breccia che avrebbe decretato la fine del potere temporale della chiesa. A propiziare l’evento una lunga serie di antefatti. Nel 1862 Garibaldi parte da Caprera alla volta di Palermo con l’intento di ripercorrere le tappe dei Mille, questa volta con destinazione Roma. La marcia dell’Eroe dei due mondi viene, però, fermata sull’Aspromonte dai bersaglieri, intervenuti per evitare complicazioni diplomatiche con Napoleone III dichiaratosi protettore di Roma. Segue, quindi, la Convenzione stipulata, a Parigi, il 15 settembre 1864 con la quale la Francia s’impegna a ritirare entro due anni le proprie truppe da Roma; in cambio l’Italia dichiara di voler rispettare l’integrità territoriale dello Stato Pontificio. Ad ulteriore garanzia, l’accordo prevede una clausola con la quale il governo italiano s’impegna a trasferire la capitale da Torino a Firenze. Un atto simbolico di rinuncia a Roma capitale destinato a suscitare nei torinesi proteste popolari talmente vibranti da indurre l’esercito ad aprire il fuoco sui manifestanti. Al termine degli scontri rimarranno sul terreno 54 morti e 187 feriti. Tre anni dopo, nel 1867 Garibaldi parte da Terni con 10.000 volontari e conquista la piazzaforte pontificia di Monterotondo, poi è costretto a capitolare a Mentana, sotto i colpi dei soldati pontifici e di quelli francesi. A mutare radicalmente il quadro e ad offrire una significativa possibilità di successo, il 2 settembre 1870, interviene la sconfitta di Napoleone III a Sedan e la conseguente fine del Secondo impero. Con la sconfitta francese, la convenzione del 1864  può essere ignorata senza il timore di un intervento a difesa di Pio IX. A metà agosto, con il giungere delle notizie delle prime sconfitte francesi sulla frontiera alsaziano-lorenese, la diplomazia sabauda si mette immediatamente all’opera alla ricerca del casus belli. Il 29 agosto, il ministro degli esteri italiano, il marchese Emilio Visconti Venosta, invia a Parigi un dispaccio nel quale, seppur in maniera sibillina comunica l’intendimento di voler trovare una soluzione alla mancata “conciliazione tra il Santo Padre, i Romani e l’Italia”. Nelle stesse ore, una circolare del Ministro degli esteri viene inviata agli ambasciatori italiani per segnalare alle potenze europee la costituzione di un esercito mercenario con il quale lo Stato Pontificio si propone di muovere un’improbabile crociata. Alla circolare è allegato un memorandum in dieci punti nel quale vengono delineate le condizioni e le proposte per salvaguardare la libertà di azione del Papa e della Chiesa. Acquisito il tacito consenso delle potenze europee, Vittorio Emanuele II rompe gli indugi e l’8 settembre fa recapitare al Pontefice una lettera nella quale comunica «l'indeclinabile necessità per la sicurezza dell'Italia e della Santa Sede, che le mie truppe, già poste a guardia del confine, inoltratesi per occupare le posizioni indispensabili per la sicurezza di Vostra Santità e pel mantenimento dell'ordine». L’11 settembre, il Pontefice replica: « Maestà, Il conte Ponza di San Martino mi ha consegnato una lettera, che a V.M. piacque dirigermi; ma essa non è degna di un figlio affettuoso che si vanta di professare la fede cattolica, e si gloria di regia lealtà». Nelle ore in cui Pio IX verga la sua risposta, al generale Raffaele Cadorna viene diramato l’ordine di predisporre la marcia dei suoi 60 mila uomini alla volta di Roma. Domenica 18, l’esercito italiano è accampato alle porte della capitale. A fronteggiarlo 15 mila soldati, prevalentemente Zuavi, comandati dal generale Kanzler. Con lo scontro ormai imminente, Pio IX decide di non abbandonare Roma e di opporre una simbolica resistenza a prova della violenza subita. La mattina del 20, si preannuncia come una giornata calda, anche dal punto di vista climatico. Come appunta, sarcasticamente, nel diario dell’Osservatorio meteorologico del Collegio Romano, il direttore padre Angelo Secchi, «20 settembre. Bello. Cannonate al mattino, furfanterie fino a sera. Nord e sud – ovest leggero. Cresce poco il barometro. Magneti poco regolari». Alle 6,30 le prime salve di cannone investono le mura della Città eterna, alle 10 si apre la prima breccia, pochi minuti dopo parte l’ordine di capitolazione, la bandiera bianca viene issata su Castel Sant’Angelo e sul torrino del Quirinale. Lo scontro, durato una mattinata, lascia sul terreno 13 ufficiali, 43 soldati e 141 feriti da parte italiana; 20 morti e 49 feriti tra i papalini. Il 2 ottobre si celebra il rito del Plebiscito con i seguenti risultati: a Roma 40765 sì e 46 no; in tutto lo Stato 133681 sì e 1507 no. L’apertura della breccia di Porta Pia spesso è stata celebrata dalle diverse confraternite anti-clericali come il trionfo sull’oscurantismo cattolico. Tuttavia,  poche volte viene ricordato che autore materiale della breccia fu il calabrese Carlo Amirante il quale, dopo essere rimasto ferito negli scontri, indirizzerà a Pio IX una lettera nella quale spiega: «La mattina del 20 settembre scorso dovetti come militare eseguire senza discutere gli ordini che mi erano stati dati. Fui ferito e chissà che la Beata Vergine non mi abbia salvato concedendomi il privilegio di inginocchiarmi ai piedi di Vostra Santità». Il Pontefice lo convocò subito e lo ricevette in udienza privata. Dopo l’incontro il giovanissimo capitano, era stato promosso sul campo per la ferita subita, decide di lasciare la divisa italiana per abbracciare le insegne del papa. Nel 1877 viene ordinato sacerdote ed inviato a Napoli dove morirà nel 1934. Nel corso della sua vita, oltre a spendersi in opere caritative, si interessa di matematica, musica e lettere, annoverando tra le proprie allieve la scrittrice Matile Serao. Il 19 giugno 1980 viene aperta la sua causa di beatificazione. Per una sorta di eterogenesi dei fini con la medesima cannonata la Chiesa ha perduto il potere temporale e conquistato un beato. Per uno degli strani scherzi di Clio, invece, gli anticlericali celebrando Porta Pia, ricordano, anche, quel soldato fattosi prete.  

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mini logo-coordinamento-acquaAssegnata al Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua la menzione speciale del premio “Personaggio Ambiente 2011”. Di seguito la nota del Forum.

Il Comitato Tecnico del premio Personaggio Ambiente 2011 ha assegnato oggi una menzione speciale al Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua “per la spinta che ha portato allo straordinario successoper il referendum sull’acqua pubblica svoltosi a giugno”.
Ringraziando il Comitato Tecnico per il riconoscimento, il Forum Italiano dei movimenti per l'acqua dedica il premio a tre compagni di strada scomparsi durante la campagna referendaria: GiuseppeD'Emidio del Comitato Ambiente Amiata; Bruno Arcuri e Ciccio Svelo del Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica.
Nonostante la straordinaria vittoria di giugno è in corso un vero e proprio disconoscimento del voto referendario ignorato da gran parte dei mass media. Per questo il Forum Italiano dei Movimentiper l'Acqua sta lanciando,in tutta Italia, la campagna di obbedienza civile per il rispetto del votoreferendario. Potremo esultare veramente solo quando i referendum avranno trovato piena attuazione equando il servizio idrico sarà davvero pubblico e partecipato.
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Venerdì, 20 Gennaio 2012 19:40

Posate il telecomando e impugnate i forconi

mini movimento_dei_forconi_protesta_2Italia oggi: Super Mario Monti si affanna, sulle nostre spalle, a far capire all’Europa che conta che abbiamo fatto i compiti e che, se il primo quadrimestre è andato male, ci stiamo impegnando a risalire la china. Alla fine saremo promossi. Faremo i bravi a patto che la maestrina Merkel riponga definitivamente la bacchetta con cui ce le dà di santa ragione almeno da 3 anni. E mentre l’economia ci devasta le tasche, la telenovela “Schettino torna a bordo” ci avvelena il cuore. Simpatica l’Italia: ci vuole davvero poco per tenerla impegnata almeno per due mesi.
Premesso che Schettino è quello che abbiamo visto tutti, e di certo non gli verrà tributata la medaglia del “Capitano Coraggioso”, ancora una volta un popolo malato di gossip si ritrova le pupille, e forse anche le meningi, piene del fumo che i media gli soffiano addosso per sviare l’interesse dalle reale sostanza delle cose. Perché in nessun dibattito televisivo (porta a porta) o in nessun bar dello sport (porta a porta) ci si è impegnati a discutere dell’omertà che per anni ha tacitamente favorito l’ormai nota pratica “dell’inchino” che si effettua da tempo nella piena consapevolezza di tutti (capitaneria di porto, marina militare, ministero dei trasporti ecc.) e che metteva a repentaglio la vita di migliaia di persone solo per rendere la gita in barca più attraente? E’ forse un modo per sviare l’attenzione dalle bramose malefatte del capitalista signor Costa Crociera e del suo complice Governo Italiano? È logico che una nave paese con a bordo 5.000 clienti solchi in lungo e in largo il cuore del parco nazionale dell’arcipelago toscano o tranci di netto, ad esempio, la laguna di Venezia? I Bruno Vespa e i vari servi goverantivi ci stanno aizzando a lapidare e condannare non un sistema sazio di milioni e mazzette, ma piuttosto un uomo, codardo, ma comunque strumento della altrui ingordigia. E mentre mezza nazione rimane in apnea, inabissata come la “Concordia” e con gli occhi incollati al televisore, pronta a mandare al patibolo Schettino, in Sicilia, Sardegna e Calabria si scrive la storia di una nuova Italia: quella libera. Peccato che Bruno Vespa non trovi tempo per parlarne. Impugnate i forconi.  

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