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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
A causare la morte di Caterina Umbrello, l’89enne residente a Simbario, entrata in coma mentre veniva trasportata presso l'ospedale "San Bruno", sarebbe stata la caduta in autoambulanza. A riferirlo è stato il medico legale di parte, dottor Cardamone, il quale, consultatosi con i familiari della vittima, avrebbe sostenuto che il sopravvenuto «evento della morte è riconducibile al trasporto in ambulanza». Secondo quanto riferito dal medico legale di seguito all’esame fatto sul corpo, la donna, oltre ad avere avuto escoriazioni alla testa, presentava punti di sutura anche agli arti. Di seguito ai suddetti esami, i familiari di Caterina Umbrello hanno chiesto alla magistratura di fare chiarezza sulle eventuali responsabilità che, in merito alla sopraggiunta morte, sarebbero attribuibili al personale medico che il 12 novembre scorso ha prestato servizio all’anziana donna.
Caterina Umbrello, deceduta lo scorso 28 novembre intorno alle ore 10 all'ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, sedici giorni prima, il 12 novembre, di seguito ad un malore era stata trasportata in autoambulanza dalla propria abitazione verso il nosocomio di Serra San Bruno. Giunti in ospedale i figli avrebbero notato che l'anziana presentava, appunto, delle medicazioni alla testa e agli arti. Alla richiesta di chiarimenti, i sanitari intervenuti avrebbero sostenuto che le lesioni riportate erano conseguenti ad una manovra brusca del conducente dell’ambulanza durante il trasporto in ospedale. Per conoscere la dinamica dell'accaduto erano intervenuti anche i carabinieri della locale compagnia.
Il corpo di un bracciante agricolo, Francesco Corrado, di anni 52, è stato ritrovato esanime la notte scorsa a Torre di Ruggiero, in contrada Missà. Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri della compagnia di Soverato giunti sul posto, Corrado, la notte scorsa, è stato ucciso con un fucile a pallettoni, e i violenti colpi di arma da fuoco gli hanno quasi tranciato gli arti inferiori.
E' prevista per il 21 gennaio prossimo l'udienza preliminare a carico di Gerardo Rinaldo Bertucci, 59enne medico e vicesindaco di Serra, e di Fabiana Ceniti, 51 anni di Brognaturo, finiti entrambi nel registro degli indagati per la morte di Giuseppe Schiavello, il 62enne serrese deceduto il 31 gennaio 2011 a Vibo Valentia, a seguito di un presunto caso di malasanità. Bertucci, che tra l'altro era anche il medico curante della vittima, “omettendo l'esecuzione di appropriati esami ematochimici ad elevata valenza diagnostica per svelare la presenza di un fatto trombotico in atto”. Ceniti, invece, medico del Pronto Soccorso dell'ospedale di Serra, secondo l'accusa avrebbe praticato, “pur in assenza di un quadro clinico che deponeva per una trombo embolia polmonare, esclusivamente ossigenoterapia unitamente a Tefamin e Bentelan per via endovenosa, omettendo terapie farmacologiche idonee a lisare i trombi che occludevano quote importanti dell'albero vascolare polmonare”. Entrambi, dunque, secondo l'accusa “non impedivano l'aggravamento delle condizioni del paziente con grave embolia polmonare e, così facendo, cagionavano la morte di Schiavello”.
Il 62enne, inoltre, aveva già accusato malori dieci giorni prima del decesso e il medico di famiglia, Bertucci, secondo quanto riferito dai familiari aveva praticato nei suoi confronti delle cure con semplici antipiretici. L’ultima visita effettuata presso la residenza di Schiavello era stata eseguita nel giorno antecedente al decesso, verso le 11.30 del mattino, quando il paziente presentava ormai notevoli difficoltà respiratorie e chiazze nere sul volto, e il medico – sempre a dire dei familiari della vittima – si era limitato a prescrivere un medicinale mucolitico utile al trattamento sintomatico delle affezioni respiratorie. Le condizioni dell’uomo si erano però aggravate già nel primo pomeriggio, fatto che avrebbe indotto i parenti a trasportare il congiunto all’ospedale “San Bruno”, dove gli sarebbe stata riscontrata una polmonite bilaterale, determinata dal funzionamento del solo polmone sinistro. Viste le condizioni, si era reso necessario il suo trasferimento presso lo “Jazzolino” di Vibo, dove però è deceduto.
Il sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Gabriella Di Lauro, ha aperto tre fascicoli d'indagine - al momento contro ignoti - per far luce su altrettanti decessi registratisi negli ultimi giorni nel Vibonese in circostanze ancora non molto chiare. Una triplice inchiesta, dunque, per accertare o meno se le tre morti siano potenzialmente imputabili a casi di malasanità.
La prima indagine, eseguita sulla base degli accertamenti effettuati dai Carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia, mira a fare luce sui fatti che di recente hanno determinato il decesso di Massimo Prestia, 67 anni, ex primario ginecologo in servizio all’ospedale di Serra San Bruno fino a qualche anno fa. Il decesso di Prestia era arrivato lo scorso 27 aprile, dopo 10 giorni di dolori e dopo varie visite effettuate prima al Pronto soccorso di Vibo e poi a quello di Tropea, a causa di una sospetta dissecazione aortica legata ad una peritonite acuta.
Il secondo fascicolo d’indagine riguarda invece la morte di Giuseppe Di Renzo, deceduto lo scorso 2 maggio all’età di 78 anni, in seguito ad un tragico incidente stradale mentre si trovava a bordo della sua carrozzina a motore. Conseguentemente all’urto con un veicolo, l’anziano era stato trasportato d’urgenza all’ospedale Iazzolino di Vibo, dove è deceduto. I Carabinieri hanno effettuato, in queste ore, il sequestro della sua cartella clinica.
Altro caso sul quale contestualmente sono state avviate le indagini riguarda la morte di Luigi Pacifico, 66 anni, residente a Pizzo Calabro. L’uomo era stato ricoverato nel reparto di Chirurgia dello stesso Iazzolino di Vibo, dove è deceduto a causa di una presunta embolia polmonare.
Non c’è la disponibilità di un posto letto. Non c’è quasi mai la disponibilità dell’autoambulanza per soccorrere il paziente o trasferirlo in un altro ospedale. Non c’è neanche un adeguato livello di professionalità, in grado di dare indicazioni appropriate sullo stato di salute di chi si rivolge al presidio, vista la precarietà in cui oggi lo stesso personale sanitario è costretto a lavorare. Non c’è una diagnostica accurata. C’è solo la morte. Questa volta è toccato a una donna serrese di 55 anni, madre di due figli, che purtroppo - dalle prime ore dell’alba di ieri - non c’è più.
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