mini libera_logoIn vista della XVII Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che l'associazione antimafia Libera celebrerà a Serra San Bruno il 29 marzo (https://www.ilvizzarro.it/a-serra-il-21-marzo-la-giornata-della-memoria-e-dellimpegno-in-ricordo-delle-vittime-innocenti-della-criminalita-organizzata.html), il Vizzarro.it pubblicherà alcuni scritti degli studenti dell'Istituto d'Istruzione Superiore "Luigi Einaudi".

Notte buia, nell'oscurità di un bosco, persone scomparse, assassinate o semplicemente "lupara bianca".

Sembra quasi un libro, un giallo, una didascalia di morti ammazzati senza fine. Eppure è vero, è una realtà cupa, insanguinata da morti innocenti. Colpevoli di essere figli, madri di "bestie" o semplicemente di aver visto o ascoltato gli oscuri pensieri, parole e azioni degli "intoccabili".

Tutto ciò che accade ogni giorno in una terra piegata al volere della 'ndrangheta e oppressa e illusa dalle conferenze.

Questo non succede solo nelle grandi città ma anche, soprattutto, nei paesini come Serra, Nardodipace, Fabrizia, dove l'omertà regna sovrana. Come avvengnon gli omicidi? La vera domanda come avvengono o perchè, in quanto scoprirlo spetta alle forze dell'ordine.

Noi dovremmo capire perchè avvengono in silenzio: per paura, per omertà? No. Avvengono perchè la gente vuole restare fuori da "certe faccende". E questa è l'ipocrisia di un paese malato.

E' facile parlare, pregare, ma poi, quando ammazzano tuo figlio, e vorresti che chi ha visto parlasse, ma vedi il silenzio attorno a te, allora comprendi, capisci che la 'ndrangheta uccide due volte. La prima nel corpo, la seconda nel cuore, nell'anima di quella madre che si è vista assassinare la sua unica ragione di vita. Non servono carezze o omelie, ciò che ti tiene in vita è la speranza di conoscere la verità, di conoscere l'assassino di quel figlio che ti è stato strappato via. Ma in fondo al tuo cuore ferito hai la consapevolezza che la verità non verrà mai a galla e che essa scomparirà nel silenzio di una tomba o nel buio di una foresta, perchè nessuno dirà chi è l'assassino. Persone, nomi detti e ridetti, e non solo giudici e uomini di potere, le 'ndrine colpiscono soprattutto la povera gente, ed è questo che molti dimenticano. Ragazzi dimenticati nell'omertà, in un silenzio straziante, come Pasquale, il "gigante buono", il cui ricordo non abbandonerà mai i nostri cuori.

Settemila abitanti e nessuno ha visto, nessuno ha sentito, e nel dubbio l'unica certezza nè che Pasquale è morto ammazzato, non camminerà più in mezzo a noi, non potrà più passare il tempo con i suoi adorati cavalli. Di lui e di molti altri non resterà che il pallido ricordo, non resterà che il dolore e l'amarezza di una verità negata.

Questo è ciò che siamo e questo è ciò che saremo e ciò che resteremo se non cambieremo il nostro modo di fare, la 'ndrangheta colpisce attraverso la paura, ma noi insieme la potremmo sconfiggere attraverso il coraggio di urlare "BASTA"!.

Veronica Scrivo, Moira Monteleone (VB Ragioneria)

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mini Prefetto-Luigi-Varratta3Trema il "modello Reggio". E' stata confermata anche dal prefetto Luigi Varratta (foto) la notizia, che circola con insistenza da giorni, della nomina di una Commissione d'accesso che verifichi eventuali infiltrazioni della 'ndrangheta nell'attività amministrativa del comune in riva allo Stretto. E' lo stesso rappresentante del governo a eliminare ogni residuo dubbio: "Stiamo lavorando per individuare i commissari", ha infatti affermato Varratta, che ha quindi ricevuto l'ok dal Viminale per procedere alla nomina dell'organo ispettivo che dovrà indagare sulla presenza della 'ndrangheta al comune.

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mini carcereSi sono provocati molte ferite alle braccia con delle lamette, per protestare contro le condanne che gli sono state inflitte. Nella gabbia del Tribunale di Milano dunque stamattina è comparso il sangue di Vincenzo Pangallo e Antonio Ausilio, condannati rispettivamente a 16 anni e 8 mesi e a 21 anni e mezzo di carcere dalla Corte d'Appello di Milano, nell'ambito del processo scaturito dall'operazione "Metallica" del luglio 2008 che ha fatto luce su alcune articolazioni della 'ndrangheta lombarda e milanese in particolare. Oggi i due erano in aula per un altro processo a loro carico, per traffico di droga, e hanno compiuto il clamoroso gesto che ha causato la sospensione dell'udienza. Da capire come facessero i due detenuti ad avere a disposizione delle lamette.

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mini Giuseppe_MorroneIl Consiglio regionale ha proceduto alla sostituzione temporanea del consigliere Franco Morelli, con il primo dei non eletti del Pdl della circoscrizione di Cosenza Giuseppe Ennio Morrone (foto). Morrone, primo dei non eletti con 6.838 voti, ha partecipato ieri ai lavori del consiglio. Morelli e' stato temporaneamente sostituito perche' arrestato il 30 novembre scorso nell'ambito di un'inchiesta della Dda di Milano con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Nel corso della seduta di ieri, poi, c'è stata l'approvazione della legge che amplia la platea e i benefici delle vittime della 'ndrangheta, già in parte previsti nella Legge Regionale n. 31 del 16 ottobre 2008. E' stato inoltre approvato, all'unanimità dall'intero Consiglio, un ordine del giorno presentato da Bruno Censore (Pd) che impegna il presidente della Giunta regionale a rivolgersi al ministero della Giustizia per evitare la soppressione in Calabria di molti uffici del Giudice di pace.

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mini studenti_con_don_ciottiVIBO VALENTIA - Si è scagliato contro l’antimafia delle parole, contro chi pratica “la legalità malleabile”, ma ha anche avuto parole di speranza nei confronti dei tanti giovani raccolti nell’auditorium della scuola di Polizia per la quinta assemblea provinciale dell’associazione antimafia Libera. E lui, don Luigi Ciotti, come sempre non si è affidato alla banalità della retorica di cui spesso si abusa sul tema: “Meno convegni, per piacere”, meno esibizioni vuote e autoassoluzioni gratuite, dunque, e più fatti concreti per sconfiggere il cancro delle mafie. “Il problema non è la 'ndrangheta, il problema siamo noi”. E’ stato inequivocabile don Ciotti, affiancato da don Peppino Fiorillo e dall’avv. Giovanna Fronte, di Libera Vibo. “Siamo noi – ha aggiunto – perché non è possibile che quanti sono legati a doppio mandato a crimini e illegalità riescano a tenere in ostaggio un Paese intero. È 150 anni che parliamo di mafia, tutti parlano di contrasto alla mafie che invece continuano a essere presenti e onnipresenti innestandosi finanche nelle associazioni antimafia, nelle istituzioni e nelle cooperative». Parole dure come pietre, mirate ad intaccare il professionismo dell’antimafia che non contrasta con i fatti l’azione dilagante delle organizzazioni criminali. “Il cambiamento – ha affermato ancora  il fondatore di Libera – ha bisogno della nostra trasparenza innanzitutto. Dobbiamo comprendere che il problema è anche di democrazia, che è fondata su due doni, giustizia e dignità umana, e che però non riuscirà mai a stare in piedi senza la terza stampella: quella della corresponsabilità”. Serve assumersi la responsabilità di agire in prima persona, per sconfiggere quella “malattia mortale che è la rassegnazione”, evitando individualismi e personalismi perché nella lotta alle mafie “non si agisce da navigatori solitari, non è l'io che vince ma il noi”. Al tempo stesso, però, don Ciotti ha inviato i ragazzi presenti, tra cui gli studenti dell’istituto “Einaudi” di Serra (foto), a saper guardare le cose con occhio vigile e critico a “saper distinguere sempre per non confondere”, per non generalizzare. “La speranza qui si chiama opportunità e lavoro. Per questo – ha detto – la speranza o è di tutti o non è tale”. E il prete antimafia ne ha anche per la Chiesa, che deve scuotersi di fronte a questi fenomeni: “Non possiamo stare sui massimi sistemi, meno baci alla Madonna e ai santi e ci sia da fare sporcandosi le mani per creare più giustizia”.

L’incontro di ieri, moderato dal giornalista Pietro Comito, ha visto anche la testimonianza di Matteo Luzza, in rappresentanza delle famiglie vittime della mafia e di Barbara Vinci che, per la prima volta, ha avuto la possibilità di ricordare il padre Bruno Vinci, ucciso il 14 aprile del 1989 a Serra San Bruno all'età di 36 anni. Presenti in sala anche Nicola Addesi e Domenico Augurusa, i cui padri sono rimasti vittima della strage dell'Epifania a Sant'Onofrio. Prima del dibattito con gli studenti, sono intervenuti mons. Fiorillo e l'avv. Fronte, il prefetto Luisa Latella, il procuratore Mario Spagnuolo, il questore Giuseppe Cucchiara – che ha stigmatizzato i manifesti contro l’associazione di don Ciotti con su scritto "Calabria libera senza Libera" affissi e subito rimossi in mattinata – e  i comandanti provinciali di Carabinieri, Capitaneria di Porto, Guardia di finanza, Corpo Forestale, il presidente della Provincia Francesco De Nisi, il sindaco Nicola D'Agostino, il direttore della Scuola di Polizia Salvatore Barilaro, Franco Garufi (Cgil), Giovanni Pileggi (Talità Kum), Luciano Gagliardi (Compresi gli ultimi), Gianni Speranza, sindaco di Lamezia Terme, Mario Romano (Giovani imprenditori) e Francesco Bartone, sindaco di Soriano.

E’ stato infine annunciato che il prossimo 21 marzo Libera celebrerà la giornata della memoria a Serra San Bruno, "centro del Vibonese – ha detto Matteo Luzza, parente di una vittima di mafia – dove per un pelo, a seguito dell'assassinio di Damiano Vallelunga, boss dei Viperari, non è stato proclamato il lutto cittadino. Luogo dove mentre oltre 5mila persone deponevano fiori per l'uomo di 'ndrangheta assassinato, un ragazzo di 18 anni (Pasquale Andreacchi) era scomparso nel silenzio quasi assoluto. E a Serra quest'anno noi vogliamo ricordare un uomo di pace e non di mafia, portando i fiori sulla tomba di Bruno Vinci".

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mini I-gemelli-Nicola-e-Vito-GrattaE' stato rinviato al 24 gennaio il processo a tre persone accusate del duplice omicidio dei fratelli gemelli Vito e Nicola Grattà (foto), di 45 anni, avvenuto a Gagliato l'11 giugno 2010 nell'ambito, secondo l'accusa, dello scontro tra le cosche della zona ionica catanzarese e reggina e del vibonese. Il processo, in cui sono imputati Alberto Sia, Patrik Vitale, e Giovanni Catrambone, è stato rinviato alla luce delle dichiarazioni di un nuovo pentito di 'ndrangheta, Bruno Procopio. E' stato il pm della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, a depositare, nel corso dell'udienza con rito abbreviato celebrata davanti al gup, i verbali resi da Procopio, che ha iniziato a collaborare dal 20 dicembre scorso, dopo essere stato arrestato nell'ambito dell'operazione "Showdown" condotta dai carabinieri contro le presunte cosche Sia-Procopio-Tripodi che operano nella zona di Soverato. Bruno Procopio, figlio di Fiorito Procopio che, secondo gli inquirenti, sarebbe uno dei principali esponenti del 'locale' di 'ndrangheta di Soverato, nelle dichiarazioni rese a Capomolla ha parlato anche del duplice omicidio dei due fratelli di Gagliato e per questo il pm ha deciso di chiederne l'audizione. Il collaboratore sara' sentito in videoconferenza. I tre  imputati sono stati arrestati dai carabinieri il 2 luglio 2010 su provvedimento emesso dalla Dda di Catanzaro. Una delle vittime della faida e' stato proprio il boss Vittorio Sia, padre di Alberto, ucciso in un agguato il 22 aprile del 2010. L'agguato mortale contro Vittorio Sia sarebbe all'origine, secondo l'accusa, del duplice omicidio dei fratelli Gratta'. Alberto Sia, insieme a Vitale e Catrambone, e' sospettato di avere rubato lo scooter utilizzato per l'agguato ai fratelli Gratta'.
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mini Vincenzo-MacriBeni per un valore di due milioni di euro sono stati confiscati a Siderno ad Antonio Stefano, genero del boss della 'ndrangheta Vincenzo Macrì (foto), deceduto in carcere nel giugno del 2010 mentre stava scontando una condanna a 27 anni di reclusione. Vincenzo Macrì era il nipote di Antonio Macrì, figura storica della 'ndrangheta e capo del cosiddetto ''Siderno Group'', con importanti collegamenti col Canada e l'Australia, ucciso in un agguato nel gennaio del 1975. Vincenzo Macrì, detto "u baruni", era ritenuto proprio il successore del patriarca Antonio alla guida della potente cosca.

I beni confiscati oggi ad Antonio Stefano, che erano stati sequestrati nel marzo del 2011, consistono in un'azienda agricola, con annesso allevamenti di cavalli e pastori tedeschi; una villa di duemila metri quadrati ed un'automobile Audi 3 intestata alla moglie di Stefano. Il provvedimento di confisca e' stato emesso dalla sezione misura di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta del questore, Carmelo Casabona, ed eseguito dal Commissariato di Siderno.

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mini pignatone-bellu_lavuruI Carabinieri del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria oggi hanno arrestato su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia 21 persone ritenute appartenenti o contigue alla ‘ndrangheta del "mandamento jonico" e alle cosche Morabito, Bruzzanti, Palamara, Maisano, Rodà, Vadalà e Talia, operanti nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo. Gli arrestati secondo gli inquirenti sono responsabili a vario titolo dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di materiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso. In particolare l'attività delle 'ndrine in questione era indirizzata all'infiltrazione in appalti pubblici come quelli relativi all'ammodernamento della statale 106. Tra i soggetti destinatari dei provvedimenti della procura, figurano sei manager e funzionari delle imprese a cui erano affidati i lavori, in particolare la multinazionale Condotte d’Acqua e l’Anas. Il procuratore Giuseppe Pignatone, in proposito ha chiarito che ‘’le aziende interessate sono da considerarsi parte lesa, anche perché se avessimo avuto elementi non avremmo esitato a indagare anche gli amministratori delle sedi centrali’’. Un'altra notizia relativa agli arresti odierni: tra i destinatari delle ordinanze c'è anchei il cugino dell’onorevole Franco Fortugno, ex vicepresidente del consiglio regionale assassinato dalla ndrangheta a Locri il 16 ottobre 2005. Giuseppe Fortugno, 39 anni, sarebbe un esponente di spicco del ‘’locale’’ di Bova, facente parte addirittura di quella che nel linguaggio di ndrangheta è detta ‘’società maggiore’’. Intercettato, pare fosse a conoscenza delle modalità dettagliate dell'omicidio di Placido Scrivà. Oltre a ciò, secondo gli inquirenti oggi è arrivata la conferma che la ndrangheta è un’organizzazione ‘’unitaria e piramidale’’: anche cosche tra loro storicamente contrapposte, infatti, avrebbero raggiunto un accordo per la gestione di quest'appalto tramite una ''nuova'' struttura criminale chiamata ''base'', ossia una sorta di ‘’camera di compensazione delle controversie mafiose".

 

Questi i nomi degli arrestati:
ALTOMONTE Giuseppe, nato a Bova il 04.03.1959, residente a Bova Marina
CAPOZZA Vincenzo, nato a Locri il 19.08.1957, residente a Reggio Calabria
CARROZZA Pasquale, nato a Melito di Porto Salvo il 27.08.1962, residente a Bova Marina
CILIONE Giovanni, nato a Melito di Porto Salvo il 04.12.1979, residente a Bova Marina
CLARÀ Antonio, nato a Santa Severina (KR) in data 08.04.1963, ivi residente
D’AGUI’ Pietro, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 05.12.1966, residente a Bova Marina
D’ALESSIO Antonino, nato a Vico Equense (NA) il 05.03.1979, residente a Marina di Ravenna (RA)
DATTOLA Domenico, nato a Melito di Porto Salvo il 04.08.1982, residente a Bova Marina
FORTUGNO Giuseppe, nato a Melito di Porto Salvo il 22.06.1973, ivi residente
GIUFFRIDA Cosimo Claudio, nato a Catania il 13.07.1955, ivi residente
LA MORTE Gerardo, nato a Melito di Porto Salvo il 17.06.1983, residente a Bova Marina
MANCUSO Luca, nato a Crotone il 12.04.1982, residente a Palizzi Marina
MAVIGLIA Geremia, nato ad Africo il 20.02.1975, ivi residente
MORABITO Giuseppe, nato a Casalnuovo D’Africo (RC) il 15.08.1934, detto “tiradritto”, in atto detenuto presso la Casa Circondariale di Parma;
NUCERA Antonino, nato a Melito di Porto Salvo il 16.04.1963, residente a Bova Marina
PALAMARA Carmelo, nato a Bova Marina il 09.01.1963
PANEDURO Sebastiano, nato a Catania il 20.04.1961, residente ad Adrano (CT)(project manager della CONDOTTE nell’appalto pubblico della variante di Palizzi);
STELITANO Leonardo Giovanni, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 14.01.1981, residente a Condofuri (RC) (dipendente della D’AGUI’ Beton S.r.l.);
STILO Pietro, nato a Melito di Porto Salvo il 28.10.1982, residente a Bova Marina(dipendente della D’AGUI’ Beton S.r.l.);
STRATI Rinaldo, nato a Siderno (RC) il 10.03.1962, residente a Bovalino (RC)(ragioniere, contabile della CONDOTTE nell’appalto pubblico della variante di Palizzi);
ZAPPIA Raimondo Salvatore, nato ad Africo Vecchio il 02.07.1935, residente ad Africo Nuovo  (socio della IMC di Stilo Costantino S.n.c.);

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mini arresti_9_gen_2012SERRA SAN BRUNO - I carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno guidati dal capitano Esposito Vangone hanno tratto in arresto Antonio e Cosimo Francesco Caglioti, padre e figlio, di 55 e 24 anni, di Sant'Angelo di Gerocarne, con l'accusa di ricettazione e detenzione illegale di armi. In un'autorimessa di proprietà degli arrestati sono stati trovati un fucile, due passamontagna, una paletta segnaletica ed un lampeggiante in uso alla polizia. Pare che i due Caglioti siano imparentati con Fortunato Patania, ucciso nel settembre scorso nei pressi di un distributore di benzina poco distante dallo svincolo autostradale di Serre. I carabinieri, alla luce del materiale sequestrato e dei contrasti tra le cosche della zona che sembrano emergere da recenti fatti di cronaca e indagini giudiziarie, ritengono di avere scongiurato un omicidio di 'ndrangheta.

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Martedì, 03 Gennaio 2012 14:29

Bomba a Caulonia. Colpita una cooperativa

mini goelIl Gruppo Cooperativo GOEL, che da anni prova a combattere lo strapotere economico della 'ndrangheta, è stato vittima di un atto intimidatorio. Un ordigno esplosivo è stato lasciato, nella giornata di ieri, davanti all'entrata di un locale che la Cooperativa GOEL aveva preso in affitto con l'intento, quasi riuscito, di realizzarvi un ristorante multi-etnico che iniziasse al lavoro gli ospiti dei progetti di accoglienza. L'esplosione ha gravemente danneggiato l'immobile come spiega il presidente del gruppo cooperativo, Vincenzo Vinarello: "La bomba ha fatto saltare i pavimenti e divelto tutte le porte. È stata fatta esplodere immediatamente davanti l'ingresso principale, probabilmente nella notte del primo dell'anno.  È un atto di stampo chiaramente mafioso, uno dei tanti che hanno colpito la Locride e la Calabria negli ultimi giorni". Subito sono intervenuti sul posto i carabinieri che hanno già avviato le indagini, affidando le analisi alla Scientifica. La cooperativa GOEL, che già in passato era stata fatta oggetto di altri atti intimidatori, nel corso della sua storia, ha portato e porta avanti ancora oggi vari progetti d'accoglienza. Il presidente Lionello ci tiene a puntualizzare che la cooperativa continuerà "le attività di accoglienza degli immigrati per sottrarli al controllo della malavita" ma chiede che "il governo dia un chiaro segnale di rafforzamento della lotta alla 'ndrangheta".

Nella giornata di ieri sul grave episodio si è epresso anche il sindaco di Cauolnia, Ilario Ammendolia, che ha dichiarato: 

"I valori di solidarietà, generosità, accoglienza e uguaglianza tagliano l'erba sotto i piedi alla criminalità che per vivere ha bisogno di contrapposizioni, di odio, di divisioni. La presenza tra noi di tanti ragazze e ragazzi africani, curdi, palestinesi, pakistani e' un seme gettato in favore di una società che poggia su valori alternativi a quelli voluti e praticati dalla mafia. Un seme che germogliando getterà le basi a una società diversa e senza violenza. Ovviamente, saranno le autorità inquirenti a individuare gli esecutori materiali e i mandanti di tale gesto criminale. A noi tocca il compito di valutare la natura criminale di una azione che rappresenta un attacco politico a quanto noi abbiamo realizzato in questi anni. Noi non faremo un solo passo indietro. Non abbandoneremo le nostre posizioni - aggiunge Ammendolia - che coniugano la lotta alla 'ndrangheta a quella per una società più giusta e al rispetto della Costituzione repubblicana".

"Ribadiamo ciò che abbiamo sempre detto: la lotta alla criminalità deve essere condotta senza quartiere ma sempre nel rispetto delle garanzie costituzionali e senza criminalizzare la nostra terra e il nostro popolo. Continueremo senza esitazioni a percorre la nostra strada. Alla violenza - continua - si risponde con il massimo di unità possibile. Questo abbiamo ricercato in passato e questo continueremo a ricercare con la massima determinazione. In questi anni, a Caulonia e in tutta Italia, come sindaco e come esponente del tessuto democratico meridionale, ho cercato di delineare la possibilità di costruire nel Sud una società diversa. L'accoglienza, la solidarietà, l'impegno come parte essenziale di un progetto di rinascita del Sud. Ho avuto modo di farlo ovunque da Lampedusa a Udine, ad Aosta. Lo farò ancora il 13 gennaio a Trieste. Credo che oggi come ieri abbiamo bisogno di uscire fuori dal ristagno culturale e morale e da una politica asfittica e provinciale basata su una conflittualità permanente. La 'ndrangheta si sconfigge rilanciando la politica da non confondere con il mero impegno elettorale. Nelle prossime ore - conclude il primo cittadino di Caulonia - concorderemo una risposta democratica, la più larga possibile alla intimidazione subita. Ovviamente a tale manifestazione inviteremo tutti a intervenire".

 

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