Stampa questa pagina
Domenica, 21 Febbraio 2021 12:00

A “Detto tra noi” le pillole di Storia scovate nel vecchio archivio comunale di Serra

Scritto da Bruno Greco
Letto 3176 volte

“Detto tra noi” scava nei meandri della storia serrese ospitando la testimonianza di chi sta lavorando in prima persona per riportare alla luce i documenti “sepolti” nel vecchio archivio comunale di Serra. Il primo a prendere la parola, nella trasmissione andata in onda giovedì scorso su Radio Serra 98, è stato il consigliere comunale con delega alla Cultura Andrea Pisani. 

E (QUASI) LUCE FU L’incipit della trasmissione condotta da Daniela Maiolo e Sergio Pelaia, con la regia di Bruno Iozzo, ha riguardato l’emozione provata all’interno dell’archivio: «Sembra di entrare nella Storia, di viverla attraverso i documenti». Atti che riportano, per esempio, al cospetto di uno dei passi più importanti per il progresso moderno: l’avvento della corrente elettrica. «Come si evince dalla Relazione del commissario Tomaiuoli, datata 1908, il Comune – ha spiegato Pisani – aveva contattato l’ingegner Holtmann, nel 1892, per creare un impianto elettrico capace di mettere in funzione 150 lampade, 80 per l’illuminazione pubblica e 70 da concedere a privati. Impianto che risiedeva nella segheria comunale, la “Serra dell’Archiforo”, primo insediamento industriale del territorio». Il capitolo specifico della relazione “racconta” il contenzioso tra il Comune e la Holtmann e Davis per il mancato funzionamento dell’impianto, che era bastato solo per l’accensione di 53 lampade, funzionanti poco e a singhiozzo prima e per niente poi. Un atto che conferma quanto declamato da Mastro Bruno Pelaggi nella sua “O chi luci, o chi luci o chi alligrizza”, versi che alludono, in maniera ironica e canzonatoria, alla mancata riuscita dell’esperimento. Pisani infine ha parlato della storia dell’antico orologio “di Giacù”, recuperato dalla precedente amministrazione e conservato nel museo-pinacoteca, con l’intento di rimetterlo in funzione espresso da parte della nuova amministrazione.

ALTRO CHE SOGNO AMERICANO Il testimone è poi passato all’attivista dell’associazione “Il Brigante” Salvatore Costa. Il suo intervento ha trasportato gli ascoltatori nella dimensione economico-sociale dei serresi vista sia dal di qua che da Oltreoceano, attraverso la corrispondenza tra famiglie all’epoca della seconda guerra mondiale. La rimessa economica degli emigrati bloccata dalla guerra e documentata al podestà per la richiesta di un sussidio; lo spaccato di come venivano trattati gli italiani negli Usa, costretti a «mangiare tanto del marciumi» ma anche la loro testardaggine a non accettare gli insulti non arrendendosi mai; la delusione per un presunto amore promesso che porta un uomo alla scelta (seguita dal pentimento) della vita militare, consolato dal fratello emigrato a perseguire l’ambizione; la difficoltà per molti di realizzare il “sogno americano” tanto da non dirlo alla famiglia per non arrecare dispiacere. Una sequela emozionante di parole e storie che riportano agli orrori della guerra e ai sacrifici dell’emigrazione. Costa ha chiuso il suo intervento parlando infine della cura che, in passato, le amministrazioni hanno dedicato al bosco, offrendo l’assist per il successivo intervento del naturalista Pino Pisani.

GLI USI CIVICI E IL RUOLO DELLE DONNE Pisani ha affrontato il tema dell’economia nata intorno al bosco e dei mestieri legati alla vita di montagna. «Tutto veniva dalla montagna – ha esordito – e questa importanza è documentata anche da alcuni decreti emanati fin dai tempi dei Borbone che regolamentavano il taglio degli alberi». Quell’economia circolare, derivante dall’immenso patrimonio naturalistico, ha fatto sì che a Serra si sviluppassero tante maestranze legate alla montagna. L’inizio della filiera riguarda i boscaioli e con loro la peculiarità del ruolo delle donne, vere esecutrici degli usi civici, voluti e regolamentati dalle amministrazioni e in vigore ancora oggi. Erano le donne che, al momento del taglio, si accaparravano i rami poi raccolti in fasci (“cudhàta” in dialetto) per trasportarli sulla testa verso il paese. Legname dalla triplice funzione: per sostentamento personale, da vendere ai vicini o per alimentare le “carcare”, forni utilizzati per la produzione di calce e mattoni. A cascata, poi, c’era il mestiere di bovaro (se ne potevano contare circa 100 in tutto il comune), “marrugiaru”, “ruvaciaru” e “casciaru” (addetti rispettivamente alla produzione dei bastoni per gli strumenti agricoli, alle unità di misura e alla realizzazione delle casse in legno). Tra tutti spiccava il ruolo del “mannisi”, che con la sua arte procedeva alla squadratura a mano del legname (con la sola ascia) per la produzione, tra le altre cose, dei “burdunali” ossia degli alberi e altro materiale legnoso lavorati con perizia e usato per la costruzione delle navi. La montagna, insomma, portava in grembo una sorta di autarchia dei mestieri legati alla lavorazione del legno, destinati presto a soccombere a causa dell’emigrazione. 

ARCHIVIO, MANEGGIARE CON PRUDENZA A chiudere la serie di interventi è stato lo storico e scrittore Tonino Ceravolo che ha evidenziato il ruolo fondamentale degli archivi se accompagnato dalla coscienza nel saperli maneggiare. «L’archivio – ha precisato Ceravolo – è muto senza il lavoro dello storico». Citando Nietzsche, lo storico serrese ha evidenziato come la venerazione del passato può anche essere pericolosa e degenerare in cieca furia collezionistica. Maneggiare un archivio senza cognizione può dare vita anche a dei falsi, testimone ne è la Certosa di Serra con le tante leggende a cui è stata associata. Dunque Ceravolo ha consigliato diverse letture. In primis un «classico fondamentale», “Sull'utilità e il danno della storia per la vita” di Nietzsche, e “Nel labirinto del passato” e “Medioevo militante” di Tommaso Di Carpegna Falconieri. Epilogo dedicato alla Platea, cronistoria manoscritta di Serra, custodita nella chiesa Matrice e redatta da due sacerdoti di quella parrocchia: don Domenico Pisani (prima parte) e don Domenico Rachiele (seconda parte). Ceravolo è partito dal titolo «improprio», dal punto di vista archivistico e storico, in quanto con Platea si indicano gli inventari dei beni, per poi delineare la storia riportata nel manoscritto. «Questa sorta di diario ci parla del periodo pre e post-unitario riportando eventi significativi come ad esempio quello del marzo 1811, durante il Decennio francese, con l’arrivo del generale Manhès e la lotta al brigantaggio o il passaggio dai Borbone all’Unità d’Italia, definito dal sacerdote Rachiele, strenuo sostenitore del periodo borbonico, “la pagliacciata del plebiscito”». Un documento fondamentale che racconta in presa diretta la vita dei serresi in quel contesto storico.

Riascolta qui la puntata andata in onda su Rs98.