Lunedì, 09 Aprile 2018 15:46

«Anche Bruno Lazzaro sparò ai fratelli Nesci»

Scritto da Redazione
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Sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa che si è svolta in Questura a Vibo i dettagli dell’operazione denominata “Black widows” e conclusa stanotte dagli uomini della locale squadra mobile e del Commissariato di Serra San Bruno – con il supporto dello Sco di Roma e del Reparto prevenzione crimine di Vibo – che ha portato all’esecuzione di un decreto di fermo, emesso dalla Dda di Catanzaro, nei confronti di sette persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi, rubate o a canne mozze, oltre che di ricettazione, reati tutti aggravati dal metodo mafioso.

I provvedimenti di fermo riguardano Rosa e Viola Inzillo (sorelle di Salvatore, ucciso a giugno del 2017), Domenico Inzillo, Vincenzo Cocciolo, Antonio Farina, Michele Nardo e Giuseppe Muller. Le indagini, dirette dai sostituti procuratori della Dda Annamaria Frustaci e Filomena Aliberti e coordinate dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e dal procuratore capo Nicola Gratteri, sono scaturite dal tentato omicidio dei fratelli Alex e Manuel Nesci – quest’ultimo minore affetto da sindrome di Down – avvenuto il 28 luglio 2017. In particolare, secondo gli inquirenti, Rosa Inzillo e Michele Nardo, avrebbero avuto il ruolo di concorrenti morali, quali istigatori di quello che, poi, si è rivelato un tentato omicidio. Antonio Farina e Bruno Lazzaro (quest’ultimo assassinato il 4 marzo 2018), sarebbero stati invece gli esecutori materiali del delitto. Nei confronti dei fratelli Nesci, in quella occasione erano stati esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco di diverso calibro. L’omicidio, però, non fu portato a termine perché i Nesci sarebbero riusciti a trovare riparo all’interno di una casa, dietro un’insenatura del muro della sala d’ingresso e nel piano seminterrato, dove avrebbero atteso che i sicari terminassero le munizioni, venendo poi soccorsi dal padre Angelo e dal fratello Massimiliano. Sempre stando alla ricostruzione degli inquirenti, Antonio Farina e Bruno Lazzaro – su mandato di Rosa Inzillo e Michele Nardo – in tarda serata si sarebbero posizionati in uno stabile disabitato, situato a Sorianello, di fronte all’abitazione dei Nesci dove ne avrebbero atteso il rientro, per poi esplodere nei loro confronti almeno quattro colpi di fucile calibro 12 e 9 colpi di pistola calibro 9, provocando diverse ferite sul corpo dei fratelli Nesci, anche se il vero obiettivo dei sicari era Giovanni Alessandro. Il fatto di sangue rientra nella guerra di ‘ndrangheta per il controllo del territorio a cavallo tra i centri di Soriano Calabro, Sorianello e Gerocarne che, da anni, vede contrapposte le famiglie Loielo ed Emanuele-Maiolo.

A giudizio degli inquirenti, sullo sfondo del progetto criminale ha trovato, dunque, sfogo l’operato delle donne della famiglia Inzillo (contigui agli Emanuele), che addebitavano ad Alex Nesci (legato ai Loielo) l’omicidio del fratello.


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