Martedì, 08 Dicembre 2020 17:55

Da Uccialì al neuromarketing, la narrazione della Calabria oltre la linea d’ombra

Scritto da Redazione
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Da sinistra: Caterina Fanello, Vito Teti, Francesco Barreca Da sinistra: Caterina Fanello, Vito Teti, Francesco Barreca

Un popolo ossessionato dalla propria identità e dal modo in cui viene percepito dagli altri. Un popolo inquieto, sempre alle prese con la «sovraesposizione» o con i «coni d’ombra» mediatici che spesso non raccontano nulla, se non per stereotipi, di una realtà precaria ma fatta anche di tentativi di reagire alla rassegnazione. La Calabria è tutto questo e la sua «narrazione», il racconto che se ne fa dall’interno o dall’esterno, è l’argomento al centro della prossima puntata di “Detto tra noi”, il programma di informazione e approfondimento in onda ogni giovedì su Radio Serra dalle 17 alle 19. In collegamento con i conduttori Daniela Maiolo e Sergio Pelaia, con la regia di Bruno Iozzo, interverranno Caterina Fanello, Vito Teti e Francesco Barreca.

Fanello, imprenditrice trentenne di Monterosso con doppia laurea in economia e marketing e sociologia, è la creatrice di CheTesta, la prima agenzia di neuromarketing del Sud il cui team (una digital strategist, due psicologi, due esperti di web, due esperti di grafica, una copy ed una giornalista) ha di recente analizzato gli effetti emozionali del corto di Gabriele Muccino "Calabria Terra Mia".

Teti, noto antropologo e scrittore, ha di recente scritto della Calabria su “La Lettura” del Corriere della Sera indagando i meccanismi che «accentuano introspezioni esagerate, chiusure, risentimenti che finiscono con il confermare gli stereotipi che si vogliono negare».

Barreca, storico della scienza e ricercatore del Museo Galileo di Firenze, per la consueta rubrica sui libri parlerà de “La vita di Occhialì” di Gustavo Valente. Si tratta della biografia di Giovanni Dionigi Galeni, giovane popolano di Le Castella che, fatto prigioniero dai turchi nel 1536, rinnegò la fede cristiana e, assunto il nome di Uluç Ali (“Uccialì” o “Occhialì”), diventò potente e temuto ammiraglio della flotta ottomana e fu tra i protagonisti della battaglia di Lepanto e della riconquista di Tunisi, finendo anche per divenire il simbolo (e un po’ lo stereotipo) del calabrese inquieto e contraddittorio.

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