Venerdì, 15 Gennaio 2021 13:58

Il maxiprocesso e il «nervosismo» della zona grigia. Gratteri: «Alcuni centri di potere sentono il fiato sul collo»

Scritto da Alessandro De Padova
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Un’inchiesta che parte da lontano, precisamente dal 16 maggio 2016, quando il procuratore Nicola Gratteri si insediò alla guida della Procura della Repubblica di Catanzaro. Si è aperto nei giorni scorsi nella nuova aula bunker a Lamezia Terme il maxiprocesso "Rinascita Scott" - che vede imputate oltre 300 persone - contro le cosche di 'ndrangheta del Vibonese e dei presunti referenti istituzionali, politici, economici e della massoneria deviata. Il magistrato reggino, uno dei più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta, è intervenuto ieri ai microfoni di Radio Serra 98 nel corso di “Detto tra noi”, il programma di informazione e approfondimento condotto da Daniela Maiolo e dal direttore del Vizzarro Sergio Pelaia (regia di Bruno Iozzo).

«“Rinascita-Scott” - ha detto Gratteri - è un’indagine che nasce il 16 maggio 2016, quando mi sono insediato. Già nel pomeriggio ho fatto la prima riunione in Procura e ho visto che sul territorio di Vibo Valentia c’erano una serie di piccole-medie indagini. Conoscendo la struttura della ‘ndrangheta e sapendo che il Vibonese fosse dominato dalla famiglia Mancuso, ho pensato che bisognasse raggruppare tutte queste piccole-medie indagini in un unico disegno criminoso, come poi è accaduto. Parliamo di una ‘ndrangheta di serie A che ha attorno tante famiglie satelliti». L’inchiesta “Rinascita-Scott” colpisce quel livello superiore che, secondo l’accusa, avrebbe permesso alla ‘ndrangheta di diventare una “holding del crimine”, composta da professionisti, imprenditori, politici e massoni. «Questa “zona grigia” - ha detto Gratteri - sta reagendo in modo abbastanza nervoso e lo vediamo anche dall’atteggiamento che stanno avendo soggetti appartenenti a classi sociali alte. Un atteggiamento ostile e duro nei confronti di questa indagine e della magistratura in genere. Queste reazioni sono comprensibili, perché forse tali soggetti si sentono attenzionati». In merito all’assoluzione dell’ex governatore della Calabria Mario Oliverio, coinvolto nell’inchiesta “Lande desolate” per presunte irregolarità negli appalti di alcuni lavori nel Cosentino, Gratteri ha spiegato: «Non rispondo a coloro i quali mi accusano di interferire con le scelte della politica. Non parlo di indagini e di sentenze. Sicuramente leggeremo le motivazioni della sentenza e poi trarremo le nostre convinzioni e decisioni. È ovvio che quando mi riunisco con i miei colleghi e discutiamo sugli elementi di prova, se compiamo un atto vuol dire che siamo convinti di ciò che andiamo a fare. Poi, se la decisione sul piano giudiziario è opposta ci sono una serie di atti che noi possiamo compiere, andando avanti con il lavoro». «La gente comune, i commercianti e coloro i quali hanno subito vessazioni da parte della ‘ndrangheta la vedo molto vicina a noi. Molti centri di potere, invece, sono ostili alla Procura e al sistema giudiziario in genere proprio perché si sentono con il fiato sul collo». Sulla possibilità che ci possano essere altri terremoti giudiziari nel Vibonese, il procuratore di Catanzaro in chiusura è stato lapidario: «Non parlo mai di quello che farò o di quello che faremo, parlo sempre di quello che abbiamo fatto».

Nel corso della trasmissione sono intervenuti i giornalisti Pietro Comito, di LaC - che ha parlato dell’evoluzione storica del clan Mancuso di Limbadi - e Alessia Truzzolillo del Corriere della Calabria, che si è soffermata sui collegamenti con l'indagine che ha portato alla condanna del giudice Marco Petrini per corruzione in atti giudiziari. Intervenuto anche l'avvocato Giuseppe Mario Aloi, presidente della Camera penale di Vibo Valentia, le cui dichiarazioni verranno riportate in un ulteriore articolo.

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