Giovedì, 26 Dicembre 2019 14:00

Innovazione e tradizione secondo i Parafoné

Scritto da Francesco Barreca
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(Foto di Biagio Tassone) (Foto di Biagio Tassone)

Giunti al quarto album in studio, i Parafoné possono essere considerati una della realtà più solide e vitali del panorama musicale calabrese – un fatto, già questo, assolutamente non banale, considerato che, per come si è sviluppato e spesso si pratica il revival della musica tradizionale, il rischio di un appiattimento su uno stile calligrafico, monotematico e indistinguibile è sempre incombente. E la capacità dei Parafoné di crearsi un proprio stile e suono inequivoco è maturata, nel corso degli anni, soprattutto attraverso una sempre maggiore consapevolezza delle possibilità offerte dallo studio di registrazione nel dare corposità e presenza a un suono che, con questo album, è ormai perfettamente riconoscibile come “quello dei Parafoné.” Non era facile, perché il gruppo nasce nelle piazze e sui palchi, nel rapporto diretto e nell’interazione col suo pubblico, e poteva perciò chiudersi in una certa diffidenza nei confronti di quell’ulteriore lavoro di razionalizzazione degli istinti musicali che il lavoro in studio richiede e che nel caso di un genere così legato alla dimensione live come la tarantella, se non ben indirizzato, può risultare disastroso. In questo senso, Incenso e mirra è un ottimo saggio di consolidata maturità per due ragioni: la prima è che i Parafoné padroneggiano la varietà delle forme della tarantella a tal punto da potersi permettere di realizzare un album dominato da quel genere di pezzi tenui e riflessivi che il revivalismo modaiolo ha sempre più relegato ai margini, pur essendo questi, storicamente, uno dei pilastri fondamentali sui quali si è retta la tradizione; la seconda è che si tratta di un disco natalizio, che dunque strizza l’occhio alla ricca tradizione dei dischi natalizi in ambito pop e jazz, ed è proprio in riferimento a quest’ultimo che la dimensione dei Parafoné appare evidente: nell’ascoltare Incenso e mirra è netta la sensazione che i Parafoné non siano più un gruppo che suona brani della tradizione, ma un ensemble di musicisti che interpreta degli standard.

Gli esiti più felici del progetto di rinvigorimento della tradizione messo in atto in Incenso e mirra sono quelli in cui agli elementi tradizionali i Parafoné ne associano altri a prima vista estranei: così la voce macchiata di Antonio Codispoti, una voce poco ‘tradizionale’ (nel senso in cui, oggi, si associa un particolare timbro vocale al 'genere' della tarantella), eppure ricca e perfettamente funzionale al contesto sonoro, arricchisce Sutta’npedi di quell’elemento di inusitato che è uno dei caratteri fondamentali della tarantella e ne fa una materia viva; allo stesso modo, le incursioni dell’organo a canne di Michele Vinci e del coro, se pur a prima vista lontani dall’immaginario associato alla tarantella, richiamano in realtà un passato – remoto – in cui l’uso dei cori polifonici e dell’organo portativo non era infrequente nella pratica dei taranti. Da un altro punto di vista, brani come Quandu la madonna rivelano un meticoloso lavoro sul suono e sull’uso dello spazio sonoro il cui risultato è quello di impreziosire un pezzo che difficilmente i primi Parafoné sarebbero riusciti ad affrontare con sicurezza. Paradossalmente, i momenti meno efficaci del disco sono quelli in cui i Parafoné sembrano non voler rinunciare a tutte le sicurezze dei sentieri battuti: La muntagnella, in tal senso, è un bel pezzo, ben suonato e coinvolgente, ma forse un po’ troppo prevedibile. A differenza degli ultimi dischi – e coerentemente con il concept dell’album – a costituire il tappeto sonoro di questo disco non sono i fiati, le intricate percussioni e ricami contrappuntistici degli strumenti a corda. Non ci sono, in Incenso e mirra, i lussureggianti interludi strumentali né le cavalcate in tempi dispari di altri lavori dei Parafoné: in fase di arrangiamento, il collettivo ha scelto di privilegiare la varietà dei registri della chitarra e del mandolino di Domenico Tino e la voce – questa sì, 'tradizionale' – di Bruno Tassone. Certo, non mancano le raffinate digressioni alle quali i polistrumentisti Antonio Codispoti e Angelo Pisani hanno abituato il loro pubblico, ma avvengono qui quasi in punta di piedi. In definitiva, Incenso e mirra è un ottimo album, perfetto come regalo natalizio, valido come sottofondo per la convivialità delle feste ma anche gratificante all’ascolto immersivo. Un lavoro maturo e tutto sommato coraggioso, la cui occasionalità non pregiudica la notevole fattura artistica. Insomma un disco da avere e tirare fuori per le feste, come la cicerata e la chartreuse.

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