Stampa questa pagina
Domenica, 30 Maggio 2021 12:08

Ecco perché Sorical non sarà mai davvero pubblica

Scritto da Sergio Pelaia
Letto 3148 volte

La gestione dell'acqua calabrese da parte di Sorical, società il cui capitale è per il 53,5% della Regione e per il 46,5% dei privati della multinazionale Veolia, ha prodotto disastri, ma chi comanda fa finta di accorgersene solo ora, con le elezioni regionali alle porte e i miliardi del Recovery Plan in arrivo. Bisogna partire da qui, dalla fine, per affrontare con franchezza un argomento talmente importante per la vita quotidiana dei calabresi da non potersi relegare a interessi di bottega e slogan di partito, come invece è accaduto finora.

Va detto altrettanto chiaramente che le responsabilità del disastro sono tanto della politica regionale, che dal 2004 ad oggi ha messo a capo di Sorical gente scelta per fedeltà ai partiti che di volta in volta hanno governato la Calabria, quanto dei Comuni, che per l'acqua devono alla Regione un mucchio di soldi perché tanti cittadini non pagano. E va detto anche che c’è stato chi, carte alla mano, ha contestato le tariffe applicate in questi anni, a cui non è certo sempre corrisposto un servizio – per usare un eufemismo – eccellente.

Premesse tutte queste cose, oggi l'acqua in Calabria viene gestita così: Sorical ha una concessione trentennale della Regione per fornire acqua all'ingrosso a quasi tutti i Comuni calabresi, questi ultimi poi si occupano della fornitura al dettaglio ai cittadini attraverso reti vetuste a cui non si mette mano da decenni e che, d'altra parte, costituiscono spesso un alibi per Sorical quando, come nel famigerato caso dell'Alaco, l'acqua che arriva nelle case non è sempre, diciamo, inodore e incolore – il sapore non sapranno dirvelo nemmeno i pochi cantori dell'Alaco perché quell'acqua non la bevono neanche loro.

Nel prossimo futuro, con la sbandierata "pubblicizzazione" di Sorical di cui si parla in questi giorni, dovrebbe invece funzionare così: l’Aic (Autorità idrica calabrese, la cui assemblea è composta da una rappresentanza di sindaci della regione) è l’ente di governo d’ambito che affiderà a un gestore unico – con enorme ritardo rispetto a quanto prescritto per legge – il Servizio idrico integrato, ovvero dalla fornitura all’ingrosso a quella al dettaglio.

La novità è che questo “nuovo” gestore sarà la vecchia Sorical, solo che le quote del privato saranno acquisite dalla Regione che le “girerà” ai Comuni. I quali, essendo in larga parte sull’orlo del dissesto finanziario, non hanno certo i soldi per appianare i debiti accumulati da Sorical, che per questo è in liquidazione volontaria dal 2012 e ha affidato delle “garanzie” sulla ristrutturazione dei suoi debiti a una banca tedesco-irlandese, la Depfa Bank, che come si può immaginare non fa né beneficenza né persegue l’interesse della collettività calabrese – e quindi dal volere della banca, a compimento di questo capolavoro pubblico-privato, ora si dovrà passare per forza per arrivare a questa “pubblicizzazione”.

Quindi ora che si fa? Semplice: i soldi li metterà la Regione, mentre gli investimenti sulle reti (per adesso in teoria) si faranno con i soldi del Recovery Plan. Solo che fin quando Sorical è in liquidazione non può intercettare questi ingenti fondi in arrivo dall’Europa e dunque è urgente rendere il suo capitale interamente pubblico e prima di tutto revocare la liquidazione. È questo che si sta facendo, non si sta rendendo pubblica l’acqua calabrese e non si sta realizzando affatto quello che la maggioranza degli italiani ha deciso con il referendum del 2011. Acqua bene comune non vuol dire quotare in borsa un capitale di soldi pubblici, come invece si sta per fare, bensì attuare una gestione pubblica, trasparente e partecipata. Con il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle istituzioni e dei cittadini. Privatizzare i profitti (o tentare di farlo) e appianare le perdite col denaro pubblico è una scelta precisa, legittima ma opportunistica, che però non si deve spacciare per altro.

Per ora la giunta Spirlì ha solo varato un atto di indirizzo, come per altro già aveva fatto Oliverio con scarso successo. Ma intanto ai calabresi va detta chiaramente una cosa: una Spa a capitale pubblico resta un soggetto di diritto privato, la disciplina a cui è sottoposta è quella dettata dal codice civile in materia di impresa, con tutto ciò che ne deriva in termini di controllo e vigilanza. Non stanno rimettendo l’acqua calabrese nelle mani della collettività, stanno riparando i disastri fatti dalla politica e dai privati con i soldi pubblici. E non osiamo immaginare cosa succederà dopo.