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Giovedì, 11 Agosto 2022 08:20

FIMMINA DI RUGA | La nostalgia/2

Scritto da Giuseppina Vellone*
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Foto di Vitantonio Tassone Foto di Vitantonio Tassone
Mi sembra che l'auto arranchi dopo lo svincolo di Vazzano.
Ho voglia di arrivare, di arrivare presto... e sì che le curve quasi non ci sono più ma la strada che mi separa da Serra mi sembra lunga, lunga.
Finalmente arrivo: San Rocco sulla sinistra, il cimitero sulla destra.
Domani il cimitero sarà la mia prima tappa. 
La tomba dei nonni che accoglie mamma e papà, e poi il giro di tutte le Confraternite per rivedere chi non c'è più e spesso trovo, con rammarico, chi è morto senza che io lo sapessi.
Era mamma che mi annunciava chi moriva, ma è morta anche lei.
Il cimitero non mi dà tristezza, è un luogo di quiete, di ricordi, di pensieri.
La prossima volta ci porterò i ragazzi ed i collaboratori di Casa di Deborah.
Ecco era di questo che dovevo parlare, della loro “venuta” a Serra ma la testa è andata altrove…
E' andata nel luogo fisico dove ritrovo una parte di ciò che sono: mi passano davanti le Rughe, le donne della mia vita e di quella di mio padre e di mia madre... la memoria si dilata e vengo soverchiata anche da odori, voci, sapori.
Un'ondata di "sensorialità" mi investe e quasi mi travolge.
Mi torna alla mente la frase con cui Judit Viorst apre il suo meraviglioso libro,Distacchi.
 "...è l'immagine della mente a legarsi ai nostri tesori perduti, ma è la perdita a dar forma a quell'immagine..." Colette.
Sarà la Viorst che mi accompagnerà nelle mie riflessioni.
La Viorst, in modo incomparabile, perché chiaro e comprensibile anche ai non addetti ai lavori, sa parlare di abbandoni, di cambiamenti, in sostanza, di perdite.
Sono le sue parole : "...per poter crescere dobbiamo perdere, abbandonare e lasciar andar via ... nella nostra vita cresciamo abbandonando ... il nostro passato dimora nel presente ...".
Quando in un'intervista mi hanno chiesto qual era la parola che descriveva la mia esperienza a Serra con i ragazzi di Casa di Deborah è stata una sola: nostalgia.
Io sono andata via come la Zia Teresina, e come lei, mai si è sopita la nostalgia della mia terra.
Amore è nostalgia, scrive Freud.
Nostalgia del corpo della madre.
Io immagino la Calabria come un grande grembo, dove le onde del mare mi avvolgono, mi cullano, mi quietano.
Ci sono luoghi, spazi fisici precisi, in cui è come se sentissi che si rende plastico il mio equilibrio: sono centrata, sono ancorata, anche se fluttuante.
La mia è nostalgia per un Paese lontano ma contemporaneamente prossimo.
In alcuni momenti, all’ inizio, quando ero via, mi sentivo come un bimbo che non tollerava la separazione dalla propria madre, nel timore che lei non tornasse più.
Poi, col tempo, è arrivato il sollievo, il sollievo di tollerare l'attesa, quello spazio di mancanza dove nasce il desiderio. 
"...un sentire nostalgico è possibile solo quando si può attraversare il lavoro del lutto..." (Andrea Ludovica Febbruo, Nostalgia.)
Bisogna sentire il dolore del distacco, il dolore per l'impossibilità di tornare, questa è la nostalgia; prima è forte, ti scardina, ti brucia, poi diventa tenera, una tristezza agrodolce.
La mancanza attiva il desiderio.
Nulla di ciò che è stato torna, e allora che fare?
Non bisogna negare la nostra primitiva tristezza, il nostro essere esiliati.
La soluzione non è avvitarsi sulla perdita ma dare voce, dare parole.
Ciò che abbiamo avuto deve diventare terreno fecondo anche a chi verrà dopo di noi.
Dobbiamo passare il testimone, trasmettere, lasciare un'eredità.
Allora le parole possono diventare suoni, le sensazioni pensieri; volti, voci, odori di un tempo diventano opere d'arte nel proprio mondo interno.
Ricordare diventa creare.
"...Rivedo ancora lo sguardo sereno di Antonia Cristallo che confessa alla Baronessa di Babbumannu d'aver venduto gli orecchini che Francesca Riga le aveva messo in mano prima di morire: non è peccato gettare il passato sul bilancino di una gioielleria e pagarsi la vita che viene, tanto i ricordi si staccano dall'oro e si arrampicano dentro a luccicare." 
(Sonia Serazzi, Il cielo comincia dal basso).
P. S.
Questo articolo è dedicato a Pierfrancesco Favino (nella foto qui sotto con mia figlia Diletta che gli ha regalato "Fimmini di ruga"), che ha magistralmente interpretato "Nostalgia" di Mario Martone.
*Psicoterapeuta, fondatrice della Onlus Famiglieperlafamiglia e responsabile di Casa di Deborah, nel 2021 ha pubblicato Fimmini di ruga, il libro da cui prende il nome la rubrica che cura per il Vizzarro.

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