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Sabato, 05 Dicembre 2020 19:01

Gesuino e il destino nel nome, la penna di Sharo Gambino per le classi subalterne della Calabria

Scritto da Redazione
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La storia e l’attualità della comunità di Nardodipace sono state al centro dello speciale di “Detto tra noi”, la trasmissione in onda giovedì su Rs98 condotta da Daniela Maiolo e Sergio Pelaia con la regia di Bruno Iozzo. Dalle dichiarazioni del vicesindaco Samuele Maiolo, passando per il legame professionale e affettivo del fotografo serrese Salvatore Federico (articoli qui e qui) fino alla rubrica sui libri curata dallo storico serrese Tonino Ceravolo che, per l’occasione, ha parlato del romanzo di Sharo Gambino “Sole nero a Malifà”, ambientato proprio nella Nardodipace a cavallo tra gli anni 50 e 60, anni in cui Gambino fu inviato nella frazione Cassari dall’Unione nazionale per la lotta all’analfabetismo.

«Sole nero a Malifà - è l’incipit di Ceravolo - viene pubblicato nel 1965 dalla casa editrice Frama di Chiaravalle. Vorrei segnalare una cosa importante il romanzo esce con una straordinaria copertina, fondo bianco e disegni a china neri, di Nik Spatari, creatore del Museo Santa Barbara di Mammola nonché uno degli artisti contemporanei calabresi più importanti. Già in copertina il romanzo viene presentato mediante l’immagine dei suoi tre protagonisti. Questo piccolo nucleo familiare composto dal padre, la madre e infine Gesuino, il protagonista». Gesuino si confronta con la figura rude del padre, con quella dolce ma imbevuta di sincretismo religioso della madre (un miscuglio, tra paganesimo e fede cattolica) e con una terza figura nomata da Gambino la Bruttabbestia, ovvero il diavolo. «Non a caso – ha spiegato lo storico serrese – la citazione shakespeariana che lo scrittore mette in epigrafe evoca questo mondo di demoni. Ed è con questa figura che Gesuino si confronta. Nel suo caso il nome è un destino, un alter Christus/altro Cristo e sulla sua figura incarna la vita e la passione di Gesù, compie una serie di atti devozionali, fino alla conclusione terribile del romanzo, con la morte in croce di Gesuino ad opera di alcuni compagni. E in questo percorso – ha continuato – trova di fronte a sé la Bruttabestia che Gambino descrive con i caratteri tradizionali che molte volte vengono associate alle figure diaboliche: i piedi di capra, le corna, la pelle rossa. Il vero alter-ego di Gesuino è la Bruttabestia. E la sua religiosità profonda che Gambino definisce come “invasa da una follia mistica” deve continuamente fare i conti con questa figura infernale».

In sostanza, spiega ancora Ceravolo, Gesuino rimanda alla realtà di Nardodipace. Attraverso la sua religiosità, e la distorsione dei rapporti umani che lo stesso vive, Sharo Gambino vuol far vedere la violenza legata ai rapporti, alle lotte e alle ingiustizie sociali. L’aspetto sociale del romanzo è un elemento fondamentale e mai trascurabile, dato che Gambino ha concepito il libro proprio in qualità di inviato da parte dell’Unione nazionale per la lotta all’analfabetismo. Frutto di un incontro con quella drammatica realtà che trova un parallelismo con il rapporto che Carlo Levi ha avuto con la Lucania. Un romanzo ascrivibile alla coda del neorealismo, in cui alla cupezza della realtà si affianca un aspetto “magico” che da quella realtà trova anche distacco. «La vitalità del romanzo – ha aggiunto Ceravolo – è dimostrata anche dal fatto che nel 2009 l’editore Rubbettino ne ha fatto un’importante ristampa. Sole nero a Malifà è un romanzo epigono della letteratura neorealista. Basti pensare che questa tradizione già verso la metà degli anni 50 e la fine degli anni 60 è consumata, sono già stati pubblicati i romanzi importanti: Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, Le terre del sacramento di Francesco Jovine… per riferirci alla situazione calabrese è già uscito Le baracche e altri romanzi di Fortunato Seminara. Quindi da questo punto di vista Sole nero a Malifà rientra alla fine di quel filone. Mentre la letteratura italiana si avvia sui sentieri dello sperimentalismo delle neo-avanguardie, basti pensare al Gruppo 63, Gambino recupera la tradizione neorealista. Un recupero obbligato in quel contesto». Il riferimento all’aspetto “magico”, secondo Ceravolo è invece una forma «consustanziale a Gambino perché in quegli anni lui non scrive soltanto utilizzando i moduli del neorealismo ma anche recuperando una tradizione surreale, fiabesca, come in “All’ombra di Trentinella”. Quello è un Gambino che guarda ai bambini da un punto di vista gioioso, ludico». Una poliedricità che si manifesta in tutta la sua scrittura, dalla cronaca giornalistica, alla saggistica, alle antologie, alle raccolte di racconti, alla silloge poetica, ecc. di cui Sole nero a Malifà sembra rappresentare un unicum. «Sharo Gambino era uno che non si risparmiava – ha detto infine lo storico serrese –. Si dedicava anima e corpo al mestiere che faceva. E la sua era una passione civile che esplicava in mille forme. Segnalerei a questo punto un’altra opera, che non è un vero e proprio romanzo ma quasi una docu-fiction, che Gambino dedica a Pasquale Cavallaro: “In fitte schiere. La Repubblica di Caulonia”. Qui rispunta il Gambino di Sole nero a Malifà: la lotta per le terre, i rapporti sociali di sopraffazione e l’eterno tentativo dei “vinti” calabresi di liberarsi dalla loro condizione di subalternità. È stato un cantore delle classi subalterne delle Calabria. Il filo rosso della sua opera è quello che Alvaro definiva “il mondo sommerso”».