Domenica, 06 Dicembre 2020 12:23

Il vivaio della discordia

Scritto da Salvatore Albanese e Sergio Pelaia
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La querelle che sta monopolizzando il dibattito politico locale si insinua tra le pieghe di una delibera datata 17 agosto 2020, un atto pubblico con cui il Comune di Serra San Bruno ha individuato tra gli immobili alienabili il vivaio Rosarella con prezzo a base d’asta di 430mila euro. La contesa ruota in particolare attorno a quello che sarebbe l’oggetto della vendita. Parte delle opposizioni – sia il gruppo di minoranza “Per Serra Insieme” che alle ultime Comunali ha sostenuto la candidatura di Biagio Figliucci, sia il locale circolo di FdI che annovera tra i suoi maggiori esponenti l’ex sindaco Bruno Rosi – ha messo in discussione l’atto perché comprenderebbe l’alienazione di beni immobiliari di importante interesse naturalistico. La maggioranza guidata dal sindaco Alfredo Barillari ha invece ribadito più volte che la particella in questione non comprenderebbe né la casetta, né il laghetto ubicato all’interno del perimetro dello stesso vivaio, ma, piuttosto, larga parte del bosco attinente.

Il vivaio, affidato nella sua interezza per anni all’Area protetta della Regione, dopo un lungo periodo di degrado, abbandono ed incuria, era stato completamente riqualificato sotto la gestione del Parco delle Serre e di Calabria Verde. Il cuore dell’area è indubbiamente rappresentato da un vasto giardino botanico, contraddistinto dalla presenza di una nutrita varietà di piante autoctone, che potrebbe dunque rappresentare una calamita importante in termine di attrazione turistica oltre che un punto di riferimento per studiosi e appassionati di botanica. Le piantine del vivaio sono state utilizzate nei cantieri di forestazione gestiti direttamente dall’ente Parco, ma anche per scopi didattici in diverse giornate promosse sia da associazioni ambientaliste sia per le visite scolastiche. Tuttavia, col tempo il ruolo del vivaio è diventato sempre più marginale, tanto da essere finito ora tra le voci che, si prospetta, potrebbero andare a rimpinguare le entrate di un Bilancio comunale deficitario, contraddistinto da circa 7,3 milioni di euro di passività, frutto di lunghi anni di cattiva gestione finanziaria.

Ecco, al di là della polemica sulla particella, che è certamente legittima ma sconta un ritardo di qualche mese, sarebbe forse il caso, se proprio ci si vuole concentrare sulla vera origine dei problemi, di parlare delle responsabilità politiche e amministrative/burocratiche di una situazione contabile così nera. Il disastro finanziario ereditato da qualche mese dall’amministrazione Barillari è infatti la vera causa del Piano di alienazione e valorizzazione immobiliare redatto nella scorsa estate, quando a guidare il Comune era il commissario straordinario Salvatore Guerra che ha traghettato l’ente di piazza Tucci dalla gestione dell’amministrazione Tassone fino a quella in carica, che ha poi confermato le previsioni di vendita dei beni comunali. Di questo però nessuno parla, nessuno dice quando e come è maturata quella falla enorme nei conti del Comune e nessuno osserva che in tutti i gruppi che oggi stanno prendendo parte alla polemica ci sono legami diretti ed evidenti con chi ha amministrato nel recente passato.

Allo stesso modo, nessuno porta esplicitamente in consiglio comunale né in conferenza stampa ciò che invece ha l’audacia di commentare sui social network, e cioè che dietro la messa in vendita dei beni comunali possano esserci «promesse fatte in campagna elettorale che ora qualcuno deve onorare». E nessuno, infine, si è accorto che, al di là della particella messa all’asta e di chi eventualmente si farà avanti per comprarla a suon di centinaia di migliaia di euro, la vera foglia di fico è quella del progetto che andrebbe allegato all’offerta di acquisto. La rilevanza «sociale o di pubblico interesse» indicata negli atti del Comune è infatti un concetto vago e soggetto a interpretazione, ma l’unico vero criterio su cui si deciderà l’asta è quello dell’offerta economica. Insomma: il progetto va inserito nell’offerta, ma nessuno ne valuterà la qualità perché ciò che conta, ai fini della vendita, sono i soldi che vengono offerti. Un valido progetto associato a un’offerta di – per fare un esempio – 500mila euro sarà sconfitto da un pessimo progetto allegato a un’offerta di 501mila euro.

Se il vivaio della discordia sia dunque associabile a quanto avviene periodicamente con il Mercato coperto o a quanto avvenuto con il Kursaal e con altri immobili che ciclicamente gli enti indicano tra quelli alienabili nei Bilanci di previsione pur mantenendoli a fine esercizio nelle proprie disponibilità, non spetta a noi dirlo, ma il problema reale e tangibile, che resterà purtroppo in piedi anche quando tutto questo nugolo di polemiche si sarà abbassato, è che da qui in avanti si dovrà cercare pian piano di limare un deficit superiore ai 7 milioni di euro. Quindi se si vuole concentrare il dibattito su Rosarella almeno lo si faccia a viso aperto, avendo il coraggio non di limitarsi ad insinuare il dubbio, ma indicando i veri specchietti per le allodole e i presunti interessi che si nasconderebbero dietro l’eventuale cessione. Se poi si vuole aprirne uno più ampio su chi ha ridotto il Comune in queste condizioni e soprattutto su come provare a uscirne forse si renderebbe ai cittadini un servizio ancora più utile.

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