Sabato, 28 Novembre 2020 12:00

In corsia contro il Covid, il racconto di chi è in prima linea ma non si sente un eroe

Scritto da Redazione
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“Detto tra noi” entra in corsia e affronta da vicino l'emergenza sanitaria attraverso la testimonianza di chi contro il Covid-19 combatte giorno e notte in prima linea. Un'esperienza raccontata ai microfoni di Radio Serra - durante la trasmissione condotta da Daniela Maiolo e Sergio Pelaia, con la regia di Bruno Iozzo - dal professor Carlo Torti, primario del “Mater Domini” di Catanzaro, infettivologo e docente di Malattie infettive all’Università Magna Graecia.

Torti, curatore del libro “Covid-19 - Manuale pratico per medici e operatori sanitari” (Rubbettino), ha spiegato com'è nata l’idea di un manuale che diffondesse le buone pratiche sanitarie adottate nel policlinico catanzarese. «È arrivato in maniera naturale. Nella prima fase ci siamo dedicati, con un gruppo multidisciplinare di giovani colleghi, all’assistenza di pazienti complessi, anziani con diversi problemi oltre al Covid. Da lì abbiamo compreso subito la complessità nella gestione di questi pazienti. Così, attraverso le esperienze maturate e consci della possibilità di una seconda fase, abbiamo ritenuto che potesse essere utile riassumere la nostra esperienza e anche quella di altri colleghi». L’esperienza sul campo, dunque, riassunta in un libro destinato agli addetti ai lavori. «Essendo il nostro – ha continuato Torti – un ospedale universitario, la seconda fase editoriale del libro è stata sottoposta all’attenzione degli esperti del nostro ateneo che lo hanno perfezionato. Ne è nato un manuale utile a medici e operatori del territorio».

DEFICIT E CARENZA DI POSTI LETTO In merito poi alla capacità di affrontare la pandemia all’interno delle strutture sanitarie calabresi Torti ha dichiarato: «Quello che si percepisce è la volontà da parte di tutti gli operatori di mettersi in gioco con le loro professionalità. Ritengo ci sia una base molto buona. Il problema è che nelle strutture manca un nucleo di personale con preparazione e abilità consolidate per far fronte a un numero di pazienti sempre in aumento. La pandemia ci lascerà con la lezione che per la prossima volta bisognerà essere più pronti, facendo cultura e creando delle equipe multidisciplinari anche per quanto riguarda le altre malattie infettive». Per il professore universitario fondamentale in futuro sarà anche l’opera di prevenzione e assistenza ai malati non ospedalizzati. «Noi – ha commentato – nel corso del tempo, come Società italiana di malattie infettive tropicali, già da parecchi anni abbiamo cercato di sensibilizzare le istituzioni affinché i reparti di malattie infettive venissero potenziati, anche se purtroppo non ci siamo mai riusciti. Per questo motivo, prima del Covid, ci siamo trovati con un numero di posti letto in malattie infettive dimezzato rispetto alla popolazione. Per fare un esempio, nel Lazio, con una sanità che anche lì era commissariata, prima della pandemia c’erano 6,3 posti letto per 100mila persone, in Sicilia 5 mentre in Calabria solo 3,5».

QUANDO AD ESSERE FRAGILI SONO I GIOVANI Il tema si è spostato poi verso il cambio di fascia di età della popolazione colpita dalla scorsa primavera ad oggi. «Sicuramente – ha continuato Carlo Torti – l’età media si è ridotta. Si tratta di pazienti più giovani perché prima erano colpite soprattutto le case di riposo. Adesso i numeri dei contagi in Calabria sono anche aumentati rispetto a marzo e aprile e quindi sono state interessate anche fasce di popolazione di età meno avanzata. Ovviamente le persone ricoverate hanno tutte una loro fragilità. In certi casi non capiamo ancora a cosa sia dovuta questa fragilità che li porta poi ad essere ricoverati. Molto probabilmente ci sono anche nei giovani dei fattori genetici che complicano la malattia, mentre nella prima fase sugli anziani le patologie erano più classiche, ossia cardiache e polmonari. Qui da noi – ha detto ancora – tante volte ricoveriamo giovani senza queste malattie così evidenti. Ci sono degli studi che hanno identificato in dei pazienti un deficit di produzione di interferone endogeno, che può essere appunto qualcosa di genetico ma che purtroppo noi non possiamo prevedere. Tanti poi sono quelli che riescono a superare la malattia presso il proprio domicilio ma che comunque vanno sempre monitorati».

MAI ABBASSARE LA GUARDIA Per il professore dell’Università Magna Graecia l’attenzione deve sempre e comunque rimanere alta anche nei casi meno gravi e soprattutto quando il picco dei contagi sembra calare di seguito alle misure restrittive. «Bisogna imparare a capire che – ha chiarito Torti – il nemico più pericoloso è quello che non si vede o perché lo si ignora o perché non tutte le infezioni equivalgono a malattia, dato che il virus si nasconde. Non bisogna dunque cadere nell’inganno quando si riducono i contagi e le mortalità perché l’infezione gira ancora nella popolazione. I giovani, più resistenti alla malattia e non consci di essere contagiati, hanno fatto da veicolo nelle loro famiglie. Lockdown light e rispetto delle regole dovranno essere la costante per il futuro».

LA PRIMA LINEA Durante la trasmissione Torti ha poi passato il testimone a un giovane professionista serrese, Bruno Tassone, specializzando in Medicina interna e dirigente medico nello stesso reparto di Malattie infettive al “Mater Domini”, definito dall'infettivologo «una risorsa per il nostro territorio». Attraverso l’esperienza di Tassone è dunque emerso l'aspetto più pratico della gestione della pandemia, partendo da quella sana voglia di voler mettersi in gioco per fornire da subito il proprio contributo. «Da marzo – ha spiegato Tassone – come la maggior parte dei dirigenti medici ho voluto mettermi a disposizione nella battaglia contro questo nuovo male che ha condizionato le nostre vite. Ci siamo voluti “arruolare” in questo esercito. Quello che fa paura del Covid sono i grandi numeri in un tempo ristretto, che ha preso alla sprovvista sia le grandi menti che i piccoli medici». Una battaglia definita senza armi soprattutto quando i pazienti sono in continuo aumento. «A volte ci troviamo a dover rifiutare, tra virgolette, dei pazienti provenienti dal Pronto soccorso per aver raggiunto la capienza massima, circa 30 pazienti. Le armi con cui combattiamo in Calabria, seppur razionate, le abbiamo, cosa che ci permette di garantire il servizio senza problemi».

Quindi il racconto di come si svolge un qualsiasi turno in reparto: «All’arrivo a Germaneto – ha continuato il medico serrese – sostanzialmente entriamo in una sorta di prigione perché il reparto Covid è isolato da tutti gli altri. Si entra e non si può più uscire se non a fine turno dopo aver svolto una completa procedura di sanificazione. La prima impellenza riguarda la condizione dei pazienti, soprattutto quelli più critici. Le poche ore che passano da un turno all’altro possono stravolgere la situazione del reparto che è molto mutevole, con pazienti sempre nuovi a distanza di poco tempo». Entrando nel merito dei casi più gravi Tassone ha detto: «Noi abbiamo 12 posti di sub-intensiva, quindi di pazienti in situazione grave che hanno bisogno dei ventilatori per respirare meglio. Una situazione che ti prova emotivamente ma che ti fa immedesimare nel dolore del paziente. Il tutto sempre condito dai dispositivi come tute, occhialini, maschere con cui da marzo ci bardiamo come dei palombari, non solo noi medici ma anche infermieri e Oss che fanno un lavoro encomiabile. Si fa dunque il giro visite di ogni paziente per capire le condizioni cliniche, anche attraverso il racconto di come è trascorsa la notte. Già per noi sembra infinito il tempo durante il turno, immaginate per un paziente chiuso in una stanza in attesa della guarigione. Sicuramente ci vuole tanta passione e cuore ma va abbandonata la retorica degli angeli e degli eroi perché facciamo solo il nostro lavoro».

REGOLE NECESSARIE Nel tentativo di far tenere alta l’attenzione e sfatare falsi miti, Tassone ha precisato infine che «non è vero che gli asintomatici siano meno contagiosi di coloro che hanno i sintomi, altrimenti non ci troveremmo in questa situazione». In merito poi alla cura da adottare in base ai casi «si differenzia quando entrano in gioco i sintomi di tipo respiratorio, tosse dispnea, con segnali di un interessamento polmonare massivo».

Rispetto alle patologie più pericolose da far convivere col Covid-19 Tassone ha spiegato: «Purtroppo a priori non si sa come si svilupperà la malattia. I soggetti più fragili restano gli anziani con patologie respiratorie, come asma o bronchite cronica, o cardiovascolari. Ma d’altro canto ci sono giovani che stavano bene fino a prima del Covid e una volta contratto il virus hanno sviluppato una patologia severa. Per esempio, un fumatore può essere più a rischio di un non fumatore, anche se non c’è biunivocità tra le cose, nel senso che tutti quelli che sviluppano una malattia severa non per forza fumano o hanno altre patologie. In merito gli studi epidemiologici sono ancora in corso».

Infine, un doveroso invito a rispettare le regole rivolto ai radioascoltatori, con la consapevolezza che il virus sarà tra noi ancora per molto e sono in tante le «persone che soffrono in maniera terribile».

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