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Giovedì, 29 Luglio 2021 22:24

Serra, il Consiglio certifica il crac finanziario. Ma le colpe sono sempre di qualcun altro

Scritto da Sergio Pelaia
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Il crac finanziario del Comune di Serra diventa ufficiale alle 21,40: dopo due ore e mezza di discussione su altro (rendiconto di gestione, tasse e rifiuti), basta un’altra oretta appena per approvare, con i soli voti della maggioranza, la dichiarazione di dissesto finanziario. Il bilancio doveva essere approvato entro il 31 luglio ma secondo l’amministrazione guidata da Alfredo Barillari non c’era nessun margine di manovra per arrivarci: il piano di riequilibrio «non poteva essere rimodulato in nessun modo perché avremmo preso in giro la gente come avete fatto voi», afferma in un momento di concitazione il vicesindaco Rosanna Federico rivolgendosi ad alcuni esponenti dell’opposizione. I quali, a loro volta, hanno espresso forti perplessità sull’ineluttabilità della dichiarazione di dissesto e hanno abbandonato l’aula prima della votazione.

«Alla fine con i numeri dobbiamo ragionare», dice a un certo punto la dirigente dell’area finanziaria Brunella Tripodi – presente in aula al contrario del revisore – rispondendo alle domande poste dal consigliere (ed ex sindaco) Luigi Tassone (“Uniti per Serra”) circa un’interlocuzione con il Ministero risalente a mesi fa e di cui lo stesso ex primo cittadino ha provato in aula a indagare i contenuti. Questa relazione ministeriale, riguardante una ricognizione sul piano di riequilibrio approvato proprio nella sindacatura di Tassone, non avrebbe però «cambiato di una virgola la situazione attuale» secondo la maggioranza, perché a quella che Barillari definisce «politica della contingenza», stigmatizzando le precedenti amministrazioni, si è aggiunta la sentenza della Corte costituzionale che certifica i Fal (Fondi anticipazione liquidità) ante 2013 come debiti facendo mancare circa 2,6 milioni di euro dalle risorse disponibili, che ha rappresentato la «mazzata finale». 

I numeri di cui parla la dirigente sono quelli già enunciati dagli amministratori in conferenza stampa qualche giorno fa: 8,8 milioni di euro di disavanzo a cui si aggiungono debiti fuori bilancio e altre pendenze per un totale di oltre 11 milioni. La mancata riscossione dei tributi pesa per 6 milioni di euro. «Quel 40% di cittadini che paga le tasse per anni è stato calpestato – accusa Barillari – mentre noi ora guardiamo in faccia i serresi e diciamo loro la verità». Gli fa eco Federico che parla di «atto di coraggio» e chiede «coraggio e coerenza» anche all’opposizione.

 Biagio Figliucci (“Per Serra Insieme”) fa notare che «sapevamo tutti le condizioni in cui si trovava il Comune ma nessuno dai palchi della campagna elettorale ha parlato di dissesto», chiedendo poi alla maggioranza quali iniziative abbia intrapreso per evitare il crac. Barillari in risposta richiama i tentativi di vendita dei beni comunali andati a vuoto ricordando anche il caso del vivaio di “Rosarella” su cui proprio il gruppo di Figliucci si fece sentire non poco. Antonio Procopio (“Uniti per Serra”) fa notare che «se gli uffici non sono capaci di recuperare l’evasione è anche responsabilità politica» e poi sostiene che «uno dei primi atti di questa amministrazione doveva essere la riduzione del 90% dell'indennità di carica (sospesa solo di recente in solidarietà con i precari, ndr)».

Una seduta in cui è emerso uno stralcio di ben 2,4 milioni di euro di residui attivi risultati, secondo gli uffici, «insussistenti» (dichiarazione che ha incontrato forti critiche da parte del consigliere Vito Regio) in cui è stato deliberato anche quello che per l’opposizione è «un aumento della Tari» che per la maggioranza è invece comunque «minore dell’aumento che ci sarebbe stato se fosse stato mantenuto il vecchio appalto della raccolta dei rifiuti» e alleviato anche dalla «riduzione del 25% per le attività che hanno patito le chiusure del Covid», finisce però in caciara a dispetto dei propositi iniziali di non cedere alla tentazione di strumentalizzare il crac finanziario.

Pochi dei consiglieri attuali possono dire di non aver avuto a che fare, direttamente o indirettamente, con le amministrazioni del passato. Così in qualche momento di tensione tra un consigliere di opposizione e un parente di un amministratore vola anche qualche insulto e si sfiora la rissa dopo che, addirittura, vengono rievocati gli «incarichi del Patto territoriale», la progettazione di alcune piazze del centro e si recrimina perfino sui costi per stampare le carte da fornire ai consiglieri.

Ora le finanze dell'ente finiranno in mano a dei commissari liquidatori e che sia un giorno triste per la comunità è fuori discussione. Le colpe, però, sono sempre di qualcun altro.