Stampa questa pagina
Venerdì, 11 Novembre 2022 15:54

Un ciclone prima dell'alluvione. L'infausto 1935 delle Serre

Scritto da Redazione
Letto 2117 volte

Il 1935 è l’anno in cui la Germania nazista emana le “leggi di Norimberga” contro gli ebrei e l’Italia istituisce il “sabato fascista”. È l’anno in cui il regime mussoliniano decide di attaccare l’attuale Etiopia e di mandare al confino in Calabria un allora 26enne Cesare Pavese, arrestato per “attività antifascista” e spedito a Brancaleone per 7 mesi. Ma la popolazione delle Serre ricorderà a lungo quell’anno per altri motivi, perché portatore di una sciagura devastante: l’alluvione del 21-22 novembre.

Alcune tracce di quella calamità si vedono ancora oggi, come i segni che indicano il livello dell’acqua raggiunto nel centro storico e nella chiesa Matrice di Serra San Bruno. La memoria di ciò che avvenne – un tragico tributo di vite umane e un paese che non sarà più lo stesso – va però sempre più affievolendosi, motivo per il quale grazie all’incrocio tra le testimonianze orali e le fonti storiche – come i documenti recuperati e custoditi nell’archivio comunale – Il Vizzarro proverà a raccontare alcuni fatti, con risvolti anche inediti, avvenuti prima, durante e dopo quell’immane tragedia.

Partiamo proprio da un evento che avvenne poco prima e che, comprensibilmente, nessuno oggi ricorda ma che rappresenta qualcosa di più concreto di un cattivo presagio. A maggio del 1935 le Serre furono colpite da un’altra calamità, benché di entità minore di quella dei mesi successivi. In pochi e stringati documenti del Comune si parla infatti di un «ciclone», una burrasca di acqua e vento che durante la primavera provocò dei danni all’agricoltura del territorio.

Lo si legge esplicitamente in una lettera datata 31 maggio 1935 con cui alcuni cittadini proprietari di terreni fanno sapere al podestà Vincenzo Agostino «che il ciclone abbattutosi in questo territorio giorni fa, ha distrutto totalmente il raccolto del frumento, un prato di medica ed ha abbattuto molti alberi da frutto». I cittadini chiedono che di quanto accaduto venga messo a conoscenza il prefetto «affinché possa disporre un sopralluogo per indennizzare i proprietari dei danni subiti». A questa prima istanza se ne aggiunge un’altra manoscritta e datata 2 giugno firmata da una lista ancor più corposa di contadini che reclamano per i danni che il vento ha provocato ai campi di grano.

La risposta del prefetto non si fa attendere, ma è tutt’altro che conciliante. Datata 10 giugno, la nota di risposta inviata dalla Prefettura al podestà raccomanda di far presente ai firmatari che gli accertamenti disposti sui luoghi in cui si è abbattuto il maltempo «non sono destinati, come erroneamente ritengono gli istanti, a indennizzare i proprietari dei danni subiti, ma servono esclusivamente a formare gli elementi occorrenti ai fini di qualche agevolazione tributaria, per sgravio cioè del tributo fondiario».

I toni della comunicazione prefettizia sono ancora più chiari nel prosieguo: «È assurdo pensare che il governo debba indennizzare i proprietari; tale erronea concezione importerebbe a far ritenere che sia il Governo responsabile dei danni. Ciò non toglie, però, che in qualche caso pietoso, questa Prefettura, dopo i necessari accertamenti, possa concedere, ma solo eccezionalmente, qualche modesto sussidio». Lo Stato, insomma, rispondeva picche alle richieste d’aiuto di contadini e proprietari terrieri delle Serre. Al massimo si poteva pensare a uno sgravio fiscale, ma per quella gente i giorni funesti – che racconteremo nelle prossime settimane con una serie di articoli – dovevano ancora venire.