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Venerdì, 10 Luglio 2020 20:03

Annullata l’interdittiva antimafia a una società edile delle Serre vibonesi

Scritto da Redazione
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Con sentenza numero 1277/2020, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha accolto il ricorso di una società operante nel settore edilizio, avente sede nelle Serre vibonesi, proposto per l’annullamento dell’interdittiva prefettizia antimafia e del contestuale rifiuto di iscrizione nella white list, l’elenco contenente i fornitori, i prestatori di servizi e gli esecutori dei lavori non soggetti a tentativi di infiltrazioni mafiose.

I giudici amministrativi, in particolare, hanno accolto integralmente le argomentazioni dell’avvocato Domenico Barillari, difensore della società che ha presentato il ricorso, annullando di fatto il provvedimento interdittivo. Secondo i giudici del Tar, «ai fini di un concreto condizionamento mafioso non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo l’individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con la criminalità organizzata». La società in questione - che, a febbraio 2018, aveva inoltrato richiesta di iscrizione nella white list - era stata raggiunta da un’interdittiva antimafia della Prefettura di Vibo Valentia per un presunto collegamento con una famiglia di ‘ndrangheta del Vibonese. Sempre secondo quanto si legge nella sentenza, «il pericolo dell’infiltrazione, quale emerge dalla legislazione antimafia, non può sostanziarsi in un sospetto della Pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto - pietra angolare del sistema normativo antimafia - a un diritto della paura, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali taluni dei quali tipizzati dal legislatore».

Inoltre, «il coinvolgimento negli episodi criminosi, indicati nell’ordinanza custodiale, concernenti lo spaccio e la coltivazione di stupefacenti in concorso, assieme a numerosi soggetti, con il figlio di un esponente mafioso, di per sé non può assumere rilevanza dirimente sul piano del rischio infiltrativo in difetto, come nel caso di specie, di qualsivoglia ulteriore elemento o indizio idoneo a sostenere l’ipotesi di una “conduzione collettiva” della società, ovvero l’assunto che le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle funzioni della Pubblica amministrazione ovvero, ancora, che l’attività di impresa dia luogo ad agevolazione, aiuto, supporto, anche solo logistico, pur indiretto, agli interessi e agli affari di tali associazioni».

La Sezione Prima del Tar Calabria ha, quindi, accolto il ricorso, annullando l’interdittiva antimafia nei confronti della società.