Il gup di Catanzaro, Paola Ciriaco, ha condannato per corruzione a 3 anni e un mese nel processo con rito abbreviato Maria Gabriella Rizzo all’epoca dei fatti contestati dalla Procura della Repubblica di Catanzaro responsabile per la Trasparenza e la Prevenzione della corruzione della Regione Calabria. Rizzo, il 9 ottobre 2018, finì ai domiciliari nell’ambito dell’operazione denominata “È dovere”, condotta dal Comando provinciale delle Guardia di finanza di Catanzaro e coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dal sostituto Graziella Viscomi.

Il pm aveva chiesto la condanna a 4 anni di reclusione. I fatti contestati all’ex dirigente della Regione Calabria risalgono al secondo semestre del 2016. Secondo l’accusa, Rizzo si sarebbe impegnata per accontentare e favorire Laura Miceli, imprenditrice nel settore turistico del Vibonese, riguardo i bandi emanati dalla Regione, fornendo, in alcuni casi, alla Miceli informazioni in anteprima. Per i suoi favori avrebbe ricevuto in regalo soggiorni vacanza, pranzi e donazioni in vino. Nello specifico, l’ex dirigente - a giudizio dell’accusa - avrebbe prospettato «l’evoluzione delle istruttorie di pubblicazione e i contenuti di bandi regionali finanziati da fondi comunitari destinati al supporto del settore turistico-alberghiero». L’imprenditrice, inoltre, sarebbe stata cosciente del fatto che il villaggio turistico di Laura Miceli avesse già usufruito di un contributo “de minimis” da 200mila euro per il «miglioramento ed ampliamento delle strutture ricettive esistenti». Il processo prosegue con rito ordinario e vede imputati Laura Miceli, Antonio Tolomeo (componente della commissione della Regione incaricata alla vigilanza in relazione al “Finanziamento di Piani di investimenti produttivi”) e Deborah Valente, quest’ultima residente a Tropea.