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Martedì, 08 Giugno 2021 09:28

"Imponimento", il Riesame scagiona Renda: è vittima del clan, non fiancheggiatore

Scritto da Redazione
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Sono state depositate lo scorso 5 giugno le motivazioni dell'ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato la custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa il 12 agosto 2020 dal gip distrettuale nell’ambito dell’inchiesta “Imponimento” nei confronti di Vincenzo Renda, imprenditore e avvocato di Vibo Valentia, accusato di smaltimento illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso.

Secondo l’accusa, Renda avrebbe «agevolato l’attività della cosca Anello, in particolare per realizzare profitti o vantaggi ingiusti consistiti sia nel percepire le somme di denaro richieste e corrisposte dallo stesso, committente delle opere, per conto della Genco Carmela e figli s.r.l., relative alla realizzazione del resort Galia di Pizzo Calabro, sia nella sensibile riduzione dei costi di impresa da sostenere per procedere al regolare smaltimento dei rifiuti prodotti dall’attività di demolizione e sbancamento dell’area del cantiere relativo al predetto Resort, incrementando in tal modo la capacità economica del sodalizio». Nella richiesta di riesame, Renda sostiene la «carenza di gravità indiziaria nonché l’insussistenza di esigenze cautelari». All’udienza fissata per la trattazione del riesame, l’avvocato Diego Brancia ha depositato una memoria contenente l’illustrazione dei motivi del riesame, invocandone l’accoglimento, cosa che poi il Tribunale del Riesame ha fatto. Renda, infatti, «risulta essere parte offesa dei reati di estorsione e concorrenza illecita in relazione ai lavori di costruzione di un villaggio-residence in località “Gaia” del Comune di Pizzo, in cui gli autori, mediante accordo collusivo, miravano all’imposizione esterna della scelta delle ditte destinate a eseguire i lavori e i servizi occorrenti, all’imposizione dei prezzi e delle condizioni di lavoro, in tal modo costringendo Renda, quale rappresentante di fatto della Genco Carmela e figli s.r.l., ad avvalersi, per i lavori di realizzazione del villaggio-residence, delle imprese da loro imposte». Reati, questi, aggravati dall’utilizzazione del metodo mafioso, «stante il contesto territoriale di riferimento che lasciava chiaramente intendere - scrive il Riesame - la riconducibilità delle minacce e quindi le possibili conseguenti intimidazioni ai sodalizi ‘ndranghetistici denominati Anello-Fruci di Filadelfia e Bonavota di Sant’Onofrio e nella ricorrenza della finalità agevolativa» dei clan Anello-Fruci e Bonavota, «sulla base di accordi spartitori relativi al territorio di Pizzo Calabro».

Per il Riesame «la precisazione assume particolare rilievo, sia per la constatazione che la condotta delittuosa - che indica Renda quale concorrente nel reato di inquinamento ambientale - si colloca nello stesso ambito temporale in cui risulta essersi delineata e manifestata la condotta delittuosa, estorsione e concorrenza illecita, ai danni dello stesso Renda in relazione alla realizzazione del villaggio-residence Galia, che, in stato di soggezione nei confronti delle consorterie dominanti sul territorio, era privato dalla possibilità di scelta nella individuazione delle imprese da impegnare nella costruzione della struttura, e sia per la ulteriore considerazione che, con riferimento a entrambe le imputazioni, la finalità agevolativa viene ricondotta alla consorteria di Rocco Anello, cosca che, con metodologa mafiosa, aveva costretto Renda ad accettare le determinazioni provenienti da Anello nella scelta delle imprese cui affidare i lavori, e che è indicata quale consorteria agevolata mediante il concorso nell'attività di smaltimento illecito di rifiuti provenienti dal medesimo cantiere di costruzione del villaggio Galia».

In conclusione, secondo il Riesame «la situazione descritta conduce a ritenere, alternativamente alla prospettazione accusatoria di concorso di Renda nell'illecita attività di smaltimento di rifiuti, che egli sia stato costretto, in considerazione della completa soggezione all'intimidazione derivante da Rocco Anello e dalla consorteria di appartenenza, ad aderire alla determinatone di costui nella smaltimento dei rifiuti prodotti nel cantiere per la realizzazione del villaggio Galia, senza alcuna possibilità di opposizione alle decisioni di Anello». Ne deriva, quindi, come «non possa sostenersi, con elevata probabilità, la sussistenza di un quadro di gravità indiziaria a carico di Vincenzo Renda in ordine al reato di illecito smaltimento di rifiuti, in quanto l'intervento della consorteria di Rocco Anello anche nell'attività di trasporto e smaltimento dei rifiuti prodotti nel cantiere lascia anche ritenere, alternativamente alla prospettata partecipazione, che vi sia stata imposizione a Vincenzo Renda della determinazione di Rocco Anello quanto alle modalità di smaltimento e alla scelta dell'impresa da utilizzare per il trasporto dal cantiere in altro luogo».

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