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Sabato, 26 Gennaio 2013 13:59

Malasanità, Comitato civico Pro - Serre: 'Che i medici denuncino le precarietà in cui sono costretti ad operare'

Scritto da Redazione
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Negli ultimi otto mesi del 2012, secondo uno studio effettuato dalla Commissione parlamentare sugli errori sanitari, in tutta Italia si sono verificati 570 casi di malasanità, di cui 400 hanno portato al decesso del paziente. Quel che è peggio, è che emerge una disparità enorme nei numeri registrati da una regione all’altra e, neanche a dirlo, in questo rapporto è proprio la Calabria ad uscirne malconcia: nella nostra regione si sono registrati ben 58 casi di malasanità per ogni 1000 abitanti (contro, ad esempio, un caso su mille abitanti nel Trentino Alto Adige). 
Come era facile prevedere, lo studio ha dato il via a decine e decine di poco edificanti arringhe a favore delle professionalità del centro-nord e contro l’inadeguatezza dei medici che operano, per passione o per sfortuna, al di sotto di Roma capitale.
Certo i numeri sono impietosi, ma si tratta comunque di una mezza verità, e risulterebbe troppo superficiale liquidare la pratica come se le colpe fossero imputabili solo ed esclusivamente agli operatori sanitari. Anzi, in realtà, questo è un fattore che ai fini della stessa ricerca incide ben poco; infatti, oltre a questa voce, lo studio comprende diversi dati raccolti in funzione dei disservizi, delle carenze e dell’adeguatezza delle strutture, dei servizi di eliambulanza, dei tempi di attesa al pronto soccorso, delle difficoltà di trasferimento del paziente da un ospedale ad un altro e dei casi di infezioni ospedaliere.
In riferimento a tali elementi, emerge quindi, che proprio gli ospedali siti in regioni il cui comparto Sanità è stato commissariato - e le relative disponibilità economiche notevolmente ridimensionate - risultano quelle con maggiori difficoltà, sia per qualità che quantità dell’offerta sanitaria.
Pertanto, il pericolo reale, è rappresentato dal fatto che se gli interventi diretti ai tagli compiuti per “sistemare il bilancio”, non vengono operati adeguatamente - come d’altronde continua a fare il Commissario Scopelliti - si finisce solo per mettere a repentaglio la vita dei cittadini, piuttosto che far diminuire il numero dei casi di malasanità e di disservizio.
È quindi forse un errore puntare sempre e comunque l’indice verso medici, infermieri e personale sanitario, che si trovano a lavorare in condizioni precarie, perché è evidente che il ‘San Bruno’ di Serra o lo ‘Jazzolino’ di Vibo non sono neanche lontanamente parenti dell’ospedale ‘Civile Maggiore’ di Verona o del ‘Santa Chiara’ di Trento. 
Ma, allo stesso tempo, non si può non riconoscere che vi è un comportamento poco edificante, soprattutto per la propria stessa posizione, da parte degli stessi medici e del personale sanitario in genere, poco avvezzi nel denunciare le molteplici situazioni “rischiose” in cui si trovano a lavorare.
Infatti, proprio agli operatori sanitari, è dedicato un altro capitolo della relazione della Commissione Parlamentare: quello relativo alle denunce, e dall’analisi dei dati emerge che i procedimenti avviati in seguito a segnalazioni o denunce da parte del personale sanitario calabrese, sono fra le più basse d’Italia.
Quindi il quadro continua ad essere critico, perché in tutta la Calabria, soprattutto nelle zone dell’entroterra, si sta progressivamente aggravando una situazione sanitaria già resa monca dalla pessima gestione del Piano di Rientro, che ha determinato un’emergenza sanitaria in cui i livelli essenziali di assistenza non sono affatto rispettati, molti ospedali sono stati ridimensionati, maldestramente accorpati o addirittura soppressi, mentre gli ospedali ancora presenti sono lasciati alla mercé di se stessi, in condizioni di depauperamento costante. Ma questo contesto degradato e degradante, in cui a farne le spese sono in primis i cittadini, potenziali pazienti, è forse inconsapevolmente, ulteriormente aggravato dalla quasi totale indifferenza da parte del personale sanitario, che nonostante sia costretto ad operare in maniera sempre meno sicura e tutelata, e che in caso di “errore” diviene penalmente responsabile, non fa nulla per ovviare a questo stato di fatto denunciando esplicitamente i disservizi e le condizioni proibitive in cui lavorano o tentano di lavorare.
Sarebbe opportuno, per invertire questa tendenza negativa, al di là dei proclami della classe politica o delle manifestazioni di cittadini ed attivisti, che anche gli operatori stessi togliessero finalmente la testa fuori dalla sabbia e iniziassero a denunciare le carenze che vivono quotidianamente. Questa situazione non può essere ulteriormente tollerata, ed è necessario interrompere questo processo di progressivo abbandono favorito da un riordino della rete ospedaliera e dell’offerta sanitaria poco responsabile, anzi letale. Per questo occorre con urgenza assumere tutte le iniziative più adeguate del caso. In primis la copertura del personale medico ed infermieristico, dei tecnici di laboratori e dei servizi sanitari basilari ormai soppressi da tempo, nonché utilizzare gli spazi consentiti dalle leggi vigenti per ricorrere alla richiesta di deroga per l'attivazione dei bandi di concorso e la conseguente copertura dei posti vacanti.
Scopelliti ed il presidente della Commissione Sanità, Nazzareno Salerno, piuttosto che proseguire nei giochi di potere ai vertici delle aziende sanitarie, ospedaliera e territoriale, non possono continuare a far finta di nulla. E allo stesso modo il personale sanitario tutto deve adoperarsi in prima persona per mettere al bando e denunciare esplicitamente le condizioni di precarietà e disagio in cui sono costretti ad operare, soprattutto i tanti che continuano a praticare ogni giorno, con onestà, abnegazione e sacrificio, il proprio lavoro. 

Comitato civico Pro - Serre

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