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Venerdì, 31 Maggio 2019 18:42

Minacce e messaggi hard, la Diocesi di Mileto difende i due sacerdoti: «Accuse inventate»

Scritto da Redazione
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«Al contrario di quanto apparso sulla stampa, non è stato don Maccarone a minacciare il debitore, evocando l'intervento di chissà chi, ma è stato quest’ultimo a raggirare il sacerdote e a tentare ogni ricatto registrando a sua insaputa conversazioni telefoniche, il cui contenuto è stato artatamente alterato e artificiosamente interpretato fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale nei confronti della figlia disabile e cose del genere, con minaccia per di più di rendere pubblici quei messaggi». Sono queste le dichiarazioni rilasciate all’Ansa dalla Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, al centro della vicenda di cronaca che vede direttamente interessati due sacerdoti, Nicola De Luca, reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea e Graziano Maccarone, segretario particolare del Vescovo.

Nei loro confronti la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato contestato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Uno dei due indagati, don Graziano Maccarone, per farsi restituire dei soldi da parte di un suo debitore – secondo gli inquirenti – avrebbe evocato persino la parentela con i Mancuso di Limbadi. «Il tutto – prosegue la nota con le dichiarazioni della Curia – finalizzato chiaramente a trovare una scusa e non restituire il denaro. È grave ed immorale da parte di un padre giocare con la onorabilità di una figlia per soldi. Capito il soggetto e vista l'impossibilità di riavere il denaro prestato – continua il comunicato –, don Maccarone e De Luca hanno inteso tagliare completamente i ponti con il debitore rinunciando a tutto il dovuto. In risposta il tale ha provveduto ad inventare un’accusa inesistente e a denunciare alla Dda la falsità dell'accaduto, per di più con l'aggravante mafiosa».

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