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Martedì, 13 Agosto 2013 13:22

Parla Martino Ceravolo: 'Ergastolo per chi ha ucciso mio figlio'

Scritto da Alessandro De Padova
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mini martinoceravoloStorie di vite strappate. Storie, come queste, di un diciannovenne ucciso per sbaglio da mano (ancora) ignota. Si, perchè in Calabria sui muore anche così. Per errore. Storie come quelle di Filippo Ceravolo e di tante altre vittime innocenti della criminalità organizzata. Il 25 ottobre 2012, ormai, sarà ricordato a lungo dai familiari di Filippo. Da quel giorno tutto è cambiato. Nulla è come prima. In casa si avverte la mancanza di un ragazzo buono, sempre con il sorriso sulle labbra. Un dolore incommensurabile. Filippo è stato ucciso la sera di giovedì 25 ottobre 2012, nella strada che collega Soriano a Pizzoni. Probabilmente i sicari non lo volevano uccidere. L’obiettivo, infatti, non era Filippo ma chi viaggiava assieme a lui. In poche ore, il giovane sfegatato tifoso della Juve si spegne all’ospedale ‘Jazzolino’ di Vibo, dietro il dolore straziante dei familiari. Filippo era un ragazzo perbene. Nessun precedente penale alle spalle.

Anzi: era un lavoratore come tanti, che si alzava al mattino presto per aiutare il padre, Martino, in giro per i mercati della zona. Qualcuno parla di silenzio generale sulla sua morte. Ma non è così: Soriano è sempre stata vicina alla famiglia Ceravolo in ogni iniziativa. Ma anche Acquaro, paese di origine della madre, nei giorni scorsi ha voluto ricordate la sua figura con una targa commemorativa, un torneo di calcio a quattro ed uno spettacolo musicale. In Calabria, per la prima volta, si sente che qualcosa sta cambiando. Non c’è più quel timore, quella paura di esporsi. C’è rabbia, indignazione e tristezza. Ma allo stesso tempo c’è la volontà di reagire. Di dire ‘basta’ a questa carneficina. Morti ammazzati innocentemente. Quasi sempre giovani. Come lo era Filippo. Il papà, Martino Ceravolo, intanto rivolge un accorato appello a chi «non parla», perchè così facendo non fa altro che «ucciderlo per la seconda volta. Non ne possiamo più delle solite chiacchiere - ha affermato -. Vogliamo che sia fatta giustizia per la morte di mio figlio. Pretendiamo il massimo della pena per chi ha avuto il coraggio di uccidere. Noi non abbiamo paura di nessuno. Combatteremo contro tutto e tutti se ce n’è bisogno. La mia famiglia, ormai, è distrutta. Ma non bisogna assolutamente abbassare la guardia. Bisogna combattere a viso aperto, affinché casi come quelli di mio figlio non si verifichino più». Un messaggio, Martino, lo indirizza anche agli assassini di Filippo, «che si facciano un esame di coscienza. Mio figlio lavorava onestamente. Ed è così che si guadagna per vivere e per mandare avanti una famiglia, non di certo uccidendo persone innocenti». Nel concludere, il papà di Filippo ringrazia anche l’amministrazione comunale di Acquaro, guidata dal primo cittadino Giuseppe Barilaro, per aver ricordato il diciannovenne con questo messaggio: «In ricordo di Filippo, un animo nobile. Un ragazzo perbene. La necessità di suggellare la sua memoria ci impone comportamenti idonei per diffondere una cultura buona, un messaggio forte di contrasto ad ogni forma di criminalità».

Anche la sorella, Maria Teresa, è intervenuta ricordando la figura del fratello come un ragazzo che «amava la vita, la famiglia, gli amici. Aveva la passione per le macchine e la musica. Lavorava onestamente - ci ha confidato -. Era dolce, sensibile, umile e andava pazzo per la sua Juve. Rimarrà un grande. Non vedeva il male nelle persone, perciò colui il quale quella sera ha deciso di dare il passaggio in macchina non è stato un uomo, sapendo di essere un soggetto a rischio. La colpa, però, - ha aggiunto Maria Teresa - non è soltanto di chi, quella sera, ha sparato senza, effettivamente, saperlo fare ma anche di chi sa ma non parla e a mio giudizio ogni silenzio è colpevole. Ciò che mi chiedo, però, è come hanno fatto a prendere soltanto mio fratello, mentre per l’altro soggetto nemmeno un graffio? Neanche con l’impatto si è ferito. Questo, però, è un lavoro che spetta agli inquirenti ma come sorella è giusto che mi ponga tali interrogativi». Un invito, infine, ai responsabili, affinché «si vadano a costituire».

 

(articolo pubblicato su 'Il Quotidiano della Calabria')

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