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Sabato, 27 Marzo 2021 16:54

“Diceria dell’untore”, l’esordio tardivo (e illuminante) di Gesualdo Bufalino

Scritto da Redazione
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La grande letteratura consigliata dallo scrittore e storico Tonino Ceravolo fa tappa ancora una volta a “Detto tra noi”, programma radiofonico in onda ogni giovedì su Radio Serra. La scelta questa volta è caduta su “Diceria dell’untore”, romanzo di Gesualdo Bufalino.

«Restiamo in tema pandemia – ha esordito Ceravolo –. Il libro è stato pubblicato nel 1981 ed è esploso come uno dei grandi casi della letteratura italiana del 900». Un «caso», ha spiegato Ceravolo, perché si tratta di un autore che fino a quel momento non aveva pubblicato nulla se non qualche poesia giovanile. Galeotta fu una prefazione su un libro del suo paese natale, Comiso, alla lettura della quale Elvira Sellerio (titolare dell’omonima casa editrice) ne scrutò la vena narrativa esortando dunque Bufalino a scrivere.

Il testo tratta di un tipico contagio del passato, la tubercolosi, malattia vissuta da un gruppo di persone all’interno di un sanatorio. «Il libro – ha continuato Ceravolo – nasce da 3 eccessi: la Sicilia, il sanatorio e l’estate infuocata del ’46, quella immediatamente successiva alla guerra. I personaggi, compreso il protagonista che è un giovane reduce, si trovano nel sanatorio della Rocca, isolato sulle alture di Palermo».

Tra le figure dominanti a spiccare è quella inquietante, ma affascinante allo stesso tempo, del medico: Mariano Grifeo Cardona di Canicarao detto il Gran Magro. Nel sanatorio la vita e la morte è appesa alle diagnosi del Gran Magro. «Bufalino – ha detto ancora Ceravolo – racconta la vicenda facendola ruotare attorno ai dialoghi che il protagonista ha con il medico e padre Vittorio, religioso friulano rinchiuso anch’esso nel sanatorio e che a poco a poco si lascia contagiare dallo scetticismo del protagonista fino a lasciare in una serie di suoi aforismi una frase significativa e lapidaria: “Io diffiderei col dito nella sua piaga”».

Momento di rottura nel rapporto tra i conviventi è la storia d’amore tra il protagonista e Marta «una tisica – ha spiegato Ceravolo – investita da un doppio interdetto, la malattia e la macchia di essere stata accusata di collaborazionismo con i tedeschi, rapata a zero per essere stata l’amante proprio di un ufficiale tedesco». Il protagonista e Marta si innamorano e alla morte di lei lui scopre il suo vero cognome: Levi. Marta era un’ebrea. «Alla fine – ha spiegato in ultimo lo scrittore serrese – tutti i personaggi muoiono, anche il Gran Magro, tranne il protagonista che vive il fatto di essere sopravvissuto agli altri con un senso di colpa». La diceria dell’untore è quella diceria che il protagonista, alla fine della vicenda, racconta su tutti gli altri per testimonianza o delazione.