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Sabato, 30 Maggio 2020 10:52

“Il figlio del mare”, l’omaggio di Eliana Iorfida alla sua Calabria

Scritto da Bruno Greco
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La struttura è quella che ripercorre per filo e per segno la “tragedia greca” ma l’approccio, dato appunto dal prologo, è visibilmente filmico, con la narrazione, così finemente descritta, dove più delle parole a trasportarci sono le immagini, in un lungo e dettagliato piano sequenza. “Il figlio del mare” (edito da Pellegrini, in libreria dal 28 maggio scorso), nuovo romanzo dell’archeologa e scrittrice serrese Eliana Iorfida, è l’omaggio a una terra ricca di cultura e di contraddizioni. Dopo la cara Siria, con “Sette paia di scarpe” (RaiEri, 2014, secondo posto al Premio “La Giara”) e Antar (Vertigo, 2018), per la scrittrice serrese è arrivato il momento di riportare nero su bianco la sua Calabria. Un primo lavoro – che lasciava presagire la voglia di raccontare la propria terra – era già arrivato con la “Scatola dei ricordi”, raccolta di racconti vincitrice, nel 2018, del premio Formebrevi, che ne ha firmato la pubblicazione.

PROLOGO Siamo nel 1984, su una spiaggia calabrese della costa ionica. Una mattina di giugno la bella Bianca Faragò, ancora quattordicenne, si desta sotto la veemenza del grecale. I flutti delle onde sono decorati da superstiti pelati di rosa, come quelli che rimangono sul pelo dell’acqua dopo le processioni della Madonna a mare. Tra le gambe la sottoveste sporca di sangue e nell’acqua un velo da sposa da recuperare. Elementi che sembrano provenire da una dimensione onirica ma che invece hanno l’amaro sapore della realtà. Questa sorta di giallo, che cattura fin da subito il lettore, nella mente della protagonista di quell’evento non ha bisogno di spiegazioni: Bianca Faragò è stata presa dal mare, assieme al quale era giaciuta la notte prima. Le macchie cremisi sulle parti intime e il velo sono la conferma di come il mare l’abbia voluta in sposa.

Così, Bianca Faragò – alla stregua di una Vergine Maria o di una Leda dei nostri tempi (mito richiamato subito dopo nel pàrodo) – si scoprirà madre, ingannata dalla potenza seduttrice del mare dal quale prenderà in prestito anche il nome da donare al proprio figlio. Nella sua storia tradizione popolare e mito spesso si mescolano, per rimarcare la ricca cultura della Calabria ma anche la doppia anima della scrittrice, che attraverso i racconti dell’antica Grecia rivive anche la sua formazione artistica. Una storia, quella di Bianca, resa ancora più tribolata dall’assunzione di sostanze stupefacenti e dal rifiuto della famiglia che la porterà a convivere con la nonna, la signora Angelina Martirano. All’affetto di madre affianca anche una forte passione, quella di pittrice, che le permetterà di ritrarre su tela la sua anima tormentata.

GLI EPISODI «“Il figlio del mare” è una partita tra me e questa terra, che credo abbia voglia di essere raccontata in tutte le sue sfumature di verità, senza pregiudizi né stereotipi». Perché Eliana Iorfida sa entrare, con la meticolosità del miniatore, nelle ambiguità della sua Calabria, nelle sue pieghe più profonde, ma senza giudicare e senza menzionarne i luoghi, scelta che fa assumere al romanzo un carattere universale.

Un montaggio alternato tra passato, presente e futuro farà delineare anche le vite di Giacomo e Wilma, della professoressa Fiorella e del buon Palmiro, traghettatore tra le storie e pescatore orgoglioso di portare il nome di Togliatti, anche per via dei suoi preziosi ideali.

Nel 2018, Jo, in compagnia della moglie incinta, tornato da Genova in Calabria per ereditare la casa della bisnonna, metterà a fuoco tutti i punti sbiaditi della sua vita.

STÀSIMO Ripercorrendo fedelmente la struttura della “tragedia greca”, alla fine di ogni episodio c’è poi lo stàsimo, che funge da commento su quanto è stato appena raccontato. Qui, a fare da specchio alla narrazione, una riflessione in versi che, a mio parere, agisce come un esame di coscienza sugli avvenimenti. Un espediente che oltre a dare respiro alla trama induce il lettore a riflettere.       

Nell’epilogo/esodo non mancheranno i colpi di scena. Una storia densa e coinvolgente che appartiene a noialtri figli del mare, strappati, nostro malgrado, a una terra di origine sedotta, violentata e abbandonata, con la quale ogni volta torniamo a fare i conti.