“Il saltozoppo” riaccende nuovamente i riflettori sull’Aspromonte con una storia che sembra rompere lo schema proppiano del racconto, caratterizzata da un’eterna sfida dove la “rottura dell’equilibrio” è una costante. “Il saltozoppo” è un semplice gioco con cui i ragazzini, correndo su una sola gamba, si sfidano per passare il tempo in allegria. È questo uno dei giochi d’infanzia di Julien Dominici e i gemelli Agnese e Alberto Therrime. Una sfida che dal contesto ludico, loro malgrado, si sposta facilmente su quello sociale, dato l’odio atavico covato dai Dominici e i Therrime (gli uni abitanti di Ascruthia e gli altri di Coraci) che da sempre si contendono il predominio sulle terre della valle dell’Allaro.
«Vivo a Milano – ha raccontato Criaco ieri sera nella piazzetta del Brigante a Serra San Bruno – ma quando devo scrivere sento il bisogno di tornare in montagna, nella mia montagna, dove vedo i racconti come appesi che attendono di essere scritti». Per lo scrittore aspromontano, legato alla tradizione orale, bisogna riappropriarsi della propria storia attraverso i racconti, quelli che hanno caratterizzato e caratterizzano la nostra vita. «Nessuno può avere la pretesa di essere detentore della verità. Ma è un dovere raccontare perché attraverso i racconti della tradizione orale si sviluppa il nostro grande romanzo che è la storia calabrese».
Perché Gioacchino, originario di Africo, le cose le ha vissute dal didentro e quando parla di ‘ndrangheta o malavita in genere non crea miti, ma, viceversa, mira a far aprire gli occhi su un problema contando di fornire la giusta lettura critica.
Ne “Il saltozoppo” a sedare i malumori tra famiglie rivali ci prova prima il fiume Allaro, che dà vita ad una alluvione quasi personificandosi e inghiottendo le terre oggetto del contendere. Sedimentata la sfida con la natura ritorna quella tra gli uomini, sempre assetati di vendetta. Un altro mondo è possibile e prova a nascere dall’amore tra Julien Dominici e Agnese Therrime, ma soprattutto dalla determinazione di quest’ultima decisa a far girare le cose in un’altra direzione. Un amore avversato dalle famiglie, che mostra tratti shakespeareani, pronto a rappresentare una speranza per il futuro.
Nonostante il contesto sia quello calabrese “Il saltozoppo” assume una dimensione universale, sottolineata anche dall’incontro tra Julien e Tin, che con il loro racconto costruiscono il parallelismo tra la malavita italiana e quella cinese. Due contesti così lontani eppure tanto simili, che hanno origini mitiche affini quando si va a fondo nella leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso e delle Triadi del “Regno di mezzo”.
Criaco disegna i propri caratteri in una sorta di “realismo magico”. Nel romanzo gli stessi si raccontano esternando la loro dimensione psicologica e mitizzante. Personaggi che odiano la ‘ndrangheta anche se si comportano da ‘ndranghetisti: «Sono ammaliatori velenosi, Giuliano – diceva le volte che, noi due soli, cavalcavamo verso il paese antico – occultano l’arte della tragedia, di cui sono figli e padri, dietro una cortina di parole suadenti. Si ammantano di principi sacri e si ergono a difensori del popolo. E invece consegnano gli ultimi ai coltelli di quelli che si ritengono i primi. […] La ‘ndrangheta è come la natura infetta di una donna bellissima; gli amanti inesperti si infilano dentro, arsi dal desiderio, e invece dell’appagamento dei sensi trovano l’annientamento dell’anima».
Per Criaco la medicina è la «decostruzione del mito» creato intorno alla ‘ndrangheta. «Si credono i difensori del popolo sostituendosi allo Stato ed entrando a far parte dello stesso». E quando dal pubblico arriva tagliente la voce di chi, come Orlando Calvetta, non si stancherà mai di argomentare che «la colpa è del capitalismo e del sistema dei mezzi di produzione», Criaco appare quasi commosso: «Ci fanno credere che l’ideologia è morta mentre non è così. Restando fermi sulle nostre posizioni si possono cambiare le cose». E Criaco ricorda fatti passati e presenti citando l’anarchico Rocco Palamara e il comunista Mimmo Lucano che quel sistema lo hanno rifiutato. Del resto lo stesso Criaco in “Zefira” e “America Taste” ha già pienamente bacchettato la borghesia calabrese e i sistemi finanziari internazionali che creano humus per la nascita di sempre nuovi ambienti criminali.
«La Calabria è una terra strana, sospesa tra passato e presente. La sua lingua non contiene il futuro dei verbi, il domani è affidato al destino». Il destino ne “Il saltozoppo” è donna e si chiama Agnese. Qui il crimine passa in secondo piano ed esce fuori una chiave del romanzo che disvela i sentimenti e cattura completamente il lettore. Il futuro della Calabria e del mondo è nelle mani delle donne, a loro sono affidati verità e cambiamento.