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Sabato, 15 Dicembre 2012 14:00

La Comedìa/2

Scritto da Ulucci Alì
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mini lago_Alaco_sponda_sud-ovest

di Dante il Sapiente

Era lo loco ov'a scendea Ancinale

veniro, il pdl e, per quel che v'er'anco,

tal, ch'ogni lecchino ne berrebbe uguale.

che da cima dell'Alaco, onde si mosse,

al piano è sì la roccia avvelenata

nei rubinetti scorrea a chi giù fosse:

cotal di quel pontano era la scesa;

e 'n su la punta de la rotta diga

l'infamia di Deo Marco era distesa

che fu creato ne la falsa Regione;

e quando vide noi, sé stesso morse,

sì come quei cui l'ira dentro la prigione

Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse

tu credi che qui sia il Padre Umile

che giù  a Serra le  carte ti porse?

Pàrtiti, bestia: ché l'Alaco non vene

depurato da la tua sorella,

ma esiste per veder le nostre pene».

Lui è quel cornuto che sversa in quella,

c'ha ricevuto già, molti milioni,

che da dove fuoro, non sa, ma se dici, accoltella

da tutte parti l'alta valle feta

tremò sì, ch'i' pensai che la regione

sentisse amor, per lo suo popolo che l'vota.

Oh cieca cupidigia e ira folli,

che sì ci porti ne la vita corta,

e ne l'etterna pozza poi  c'ammolli!

Lo mio maestro disse: «la pena a loro;

la farem noi, a sorical costà di presso:

ai sui non toccherà premio né alloro».

Poi guardò, e disse: «Quelli è Rizziuto,

che affogò nei suoi fitusi fanghi

nulla servì arricchirsi anche se molto arguto.

Dintorno al fosso vanno a mille a mille,

quivi è Deo Marco, chi 'mpurra, fiero

e lasciò la  vita misera e senza faville.

La divina giustizia di qua punge

don Peppino che fu flagello in terra

e Nazza più non Bevil'acqua; e in etterno munge

Poi vidi gente che di fuor del Pontano

tenean la testa e ancor tutto 'l casso;

e di costoro assai riconobb'io lo Salatino.

 

(foto Salvatore Federico)

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