Lunedì, 04 Febbraio 2013 21:23

Caso Acqua, la relazione dell' Arpacal: chiamata in causa l' Asp di Soverato

Scritto da Alessandro De Padova
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mini diga-alacoNuovo colpo di scena sull'ormai famigerato invaso dei veleni. Nel pomeriggio odierno, infatti, il direttore generale dell’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell' ambiente), Sabrina Santagati, ha consegnato una relazione al prefetto di Vibo Valentia, Michele di Bari, chiamando in causa direttamente l' Azienda sanitaria di Soverato che, secondo l' Arpacal, «non sarebbe intervenuta nonostante le segnalazioni di non potabilità dell'acqua».

L' Agenzia regionale, però, non fa riferimento alla presenza di benzene, quanto piuttosto  dei «cloriti oltre i limiti di legge». Il 6 dicembre 2012 - si legge nella relazione - il personale dell’Asp di Catanzaro ha prelevato, su due punti dell’impianto in questione, altrettanti campioni che ha consegnato al laboratorio chimico del Dipartimento di Catanzaro Arpacal. L’esito delle analisi svolte dall’Arpacal recava chiaramente la non conformità dei campioni per la presenza dei cloriti oltre i limiti di legge (D.Lgs. 31/01 e s.m.i.) e per tali ragioni, in data 7 dicembre 2012, l’Arpacal ne comunicava i suddetti dati, tempestivamente e con la massima diligenza, agli uffici di Soverato dell’Asp di Catanzaro, competenti per territorio, a cui spettava attivarsi con le opportune azioni a tutela della salute pubblica. Già in quella data, con la suddetta condotta, l’Arpacal interveniva con la dovuta diligenza a tutela dell’ambiente e della salute collettiva, assolvendo pienamente i propri compiti istituzionali principalmente di prevenzione oltre che di protezione».

Nella mattinata di oggi, inoltre, il direttore generale dell’Arpacal, ha presieduto una riunione con i tecnici di settore per ricostruire le attività dell’Agenzia e le conseguenti comunicazioni trasmesse, chiarendo che «non vi è stato alcun ritardo nella comunicazione agli enti preposti sulle analisi eseguite sui campioni. L’Arpacal – prosegue il documento - tiene a ribadire che sin dal 7 dicembre 2012 gli esiti delle analisi confermavano la presenza di cloriti in eccesso rispetto alla soglia consentita ex lege, e dunque prefiguravano la non potabilità dell’acqua. Successivamente, il 17 dicembre, l’Arpacal adempiendo ai propri compiti istituzionali di controllo sugli enti gestori degli invasi e delle condotte idriche destinate alla potabilizzazione per il consumo umano, ha svolto un controllo sullo stesso impianto, il cui esito ha confermato il superamento dei cloriti, dovuto ad un eccesso di clorazione nel procedimento di potabilizzazione dell’acqua, e lo ha comunicato prontamente all’ente gestore Sorical. L’Arpacal, infatti, ha ritenuto opportuno proseguire l’approfondimento tecnico-scientifico sui campioni prelevati il 6 dicembre 2012 dall’impianto dell’Alaco, sui quali permaneva l’eccesso di cloriti, e quindi la non potabilità. In questa ulteriore indagine venivano individuati una serie di componenti che, nella materia delle analisi per le acque potabili, non sono codificati dalla legislazione vigente: sono i cosiddetti "composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene", anch’essi prodotti dall’eccessiva clorazione nel processo di potabilizzazione, ma non indicati dalla normativa di settore. Il laboratorio chimico di Catanzaro, in data 28 gennaio 2013, trasmetteva il referto su tale approfondimento scientifico, indicando, per un mero errore materiale, sotto la voce "benzene" (che in realtà corrispondeva a zero) la sommatoria dei valori dei "composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene".

Seppure i suddetti valori non presentano la medesima pericolosità del benzene, persisteva comunque la non potabilità dell’acqua a causa della presenza dei cloriti sopra la soglia consentita ex lege, così come comunicata in data 7 dicembre 2012, che non avrebbe potuto escludere l’intervento delle autorità competenti a tutela della salute pubblica». Inizialmente, dunque, dai campionamenti effettuati dall' Asp è emersa la presenza di cloriti oltre i limiti di legge e, quindi, lo stato di non potabilità. Cosa che sarebbe stata comunicata agli uffici Asp di Soverato. Successivamente, l' Arpacal effettua tutta una serie di indagini, dalle quali vengono individuati i c.d. composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene, anch'essi prodotti dall'eccessiva clorazione nel processo di potabilizzatore. Per un mero errore materiale, però, è stata riportata la presenza di benzene. Il giallo dell' Alaco, quindi, si infittisce sempre di più, lasciando nello sgomento e nella confusione 400 mila calabresi, ma soprattutto calpestando oltre che il diritto all'acqua potabile anche quello alla salute. 

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