Lunedì, 16 Maggio 2016 12:59

Trasversale, il bilancio di un mese di attività del comitato: 'Paghiamo 50 anni di sviluppo negato'

Scritto da Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo

«Lottando, con generosità e sincerità, per una giusta causa, i risultati alla fine arrivano».

 E' il messaggio lanciato alla platea degli studenti delle scuole superiori di Chiaravalle dal Comitato “Trasversale delle Serre – 50 anni di sviluppo negato”. Un'importante occasione di confronto e sensibilizzazione sui temi dello sviluppo, delle infrastrutture e del lavoro che si è svolta nei giorni scorsi presso la sede del Gal “Serre Calabresi”. In questa intervista il presidente del Comitato, Francesco Pungitore, spiega l'iniziativa e fa il punto sull'ultimo mese di attività. 

Di cosa si è parlato a Chiaravalle?
«Di Trasversale delle Serre, ovviamente. E lo abbiamo fatto in termini volutamente positivi. Eppure, direte voi, questa è una strada che non c'è. Come facciamo a parlarne bene? In questi 50 anni, purtroppo, è diventata l'emblema delle incompiute, lo scandalo degli scandali calabresi. Eppure, per noi, oggi, diventa un'occasione positiva, un importante argomento di confronto e di discussione. Di proposta, addirittura. Perché questo radicale cambio di prospettiva? Innanzitutto, chiariamo subito: non stiamo festeggiando la fine dei lavori. Dopo 50 anni, purtroppo, non è così! La nota positiva deriva da altro. La cogliamo nella mobilitazione popolare che si è creata attorno al problema Trasversale delle Serre. La vediamo nel moto di partecipazione e di impegno che ha visto scendere in campo centinaia e centinaia di cittadini riuniti in un Comitato spontaneo. Insieme, con forme di protesta civili e democratiche, nel giro di poche settimane abbiamo riportato quest'opera al centro dell'agenda politica della Regione Calabria e tra le priorità strategiche dell'Anas. Un successo che ci dice molto. Ci dice, innanzitutto, che possiamo dire velocemente basta alla Calabria dei delusi e dei rassegnati. Ci dice che lottando, con generosità e sincerità, per una giusta causa, i risultati alla fine arrivano. E allora, questa nostra battaglia di civiltà vuole diventare, senza falsa modestia, un modello per le nuove generazioni. Ai giovani calabresi diciamo: ecco come potete intervenire concretamente per risolvere, in maniera analoga, mille altre emergenze che investono la nostra terra. E' una esortazione a credere nei propri ideali e a non mollare mai. Prima di noi c'era già stato il Comitato Battaglina, a Borgia. Migliaia di cittadini che si erano battuti per evitare che nel loro paese venisse costruita la più grande discarica di rifiuti d'Europa. Anche loro hanno vinto. E anche noi, oggi, stiamo vincendo. Stiamo già vincendo non solo perché vediamo gli operai di nuovo al lavoro, ma soprattutto perché ci siamo riappropriati di un nostro diritto originario: il diritto ad essere protagonisti e artefici del destino dei territori in cui siamo nati». 

Che rapporto avete con la politica e con i politici?
«A Chiaravalle, così come nelle altre assemblee pubbliche che abbiamo promosso, c'erano tanti politici, che salutiamo e ringraziamo per la loro presenza. Tanti altri non sono venuti, manifestando indifferenza. Altri ancora si sono addirittura schierati in termini contrappositivi rispetto al nostro Comitato. Sapete in base a quale principio? Adducendo come motivazione il fatto che noi stiamo occupando uno spazio, un ruolo che non ci compete. Che i politici e la politica sono chiamati a risolvere i problemi, non i Comitati. Noi rispondiamo, e qui cito la nostra vicepresidente, Silvia Vono, che la politica non è un mestiere riservato a pochi eletti, che la politica è di tutti, anche vostra, anche nostra, perché le questioni che riguardano il bene comune sono, ovviamente, un vostro e un nostro problema».

Che proposte lanciate?
«Il nostro è un territorio che paga cinquant'anni di sviluppo negato. Qual è il dato più evidente che emerge nei nostri paesi? Lo spopolamento. Una drammatica desertificazione dell'entroterra e una parallela cementificazione delle coste cui non corrisponde, però, una capacità di dare risposte in termini economici ed occupazionali. La montagna si spopola ma la marina non decolla, né da un punto di vista turistico né come polo di servizi. In ogni caso, viviamo tutti una analoga condizione di marginalità. Mare e montagna siamo tutti la periferia di una regione che è l'ultima in Europa. Dobbiamo, forse, rassegnarci? Dobbiamo rinunciare ad avere speranza? Noi diciamo no. Diciamo basta con il silenzio e basta con la rassegnazione.  Uniti possiamo cambiare le cose, come stiamo già facendo per la Trasversale, possiamo farlo anche per altro. Da qui nasce lo spirito del gruppo di lavoro “Io voglio vivere qui” e il relativo progetto che abbiamo presentato sia a Soverato che a Chiaravalle». 

Qual è l'idea di fondo? 
«Partire dalle criticità per scoprire se le nostre debolezze possono diventare punti di forza. E le criticità del nostro territorio, quelle più evidenti e macroscopiche che abbiamo individuato, sono essenzialmente tre: i centri storici abbandonati, le campagne ormai  improduttive e la scarsa ricettività alberghiera. Il gruppo di lavoro denominato “Io voglio vivere qui” fissa l'attenzione su questi tre punti per costruire un progetto dal basso, coinvolgendo i cittadini, gli operatori economici e le amministrazioni locali. Tre priorità e due domande. Partiamo dai centri storici abbandonati: esiste la possibilità di recuperare il vasto patrimonio immobiliare esistente nei nostri borghi, magari da riorientare verso un progetto di ospitalità diffusa, di paese albergo, in modo tale da risolvere anche il problema della scarsa ricettività turistica delle nostre zone? C'è chi lo sta già facendo, come il progetto “Fuidu” che appoggiamo e sosteniamo. Potremmo lavorarci insieme. Si può pensare di organizzare seriamente un percorso produttivo legato all'agricoltura, in termini di piccole e medie imprese, di cooperative e orti di famiglia, legandosi ai nuovi mercati in crescita, come, ad esempio, accade con il biologico? Domande che noi poniamo agli attori locali, invitandoli a fare rete, ad essere protagonisti di questa nuova spinta dal basso, e magari puntando anche ad intercettare le risorse che arriveranno dall'Europa in termini di contributi e finanziamenti. In questo senso, pensiamo che soggetti come il Gal siano interlocutori di primo piano, perché possono dare gli indirizzi giusti su come muoversi nella giungla di bandi e regolamenti che regolano sigle, a volte, indecifrabili come Psr, Por, Pisl, ecc. Bene, allora partiamo da questi elementi e da un assunto di fondo: noi vogliamo vivere qui. E per farlo dignitosamente abbiamo bisogno di strade, ma anche di occasioni di lavoro. Insieme, riusciremo a farcela. Insieme, magari, anche a quei ragazzi che abbiamo incontrato a Chiaravalle e che rappresentano il futuro di questa regione».

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