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Domenica, 03 Aprile 2016 11:44

Tutto in 24 ore

Scritto da Salvatore Albanese
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SERRA SAN BRUNO - Con la sfiducia al primo cittadino di Serra, Bruno Rosi, si apre ufficialmente la campagna elettorale per il rinnovo dell’assise cittadina che condurrà gli elettori alle urne il 5 giugno prossimo. Perché proprio di operazione da campagna elettorale si è trattato.

Una “caduta” ordita e operata dal consigliere regionale e capogruppo di maggioranza in consiglio comunale Nazzareno Salerno che, da settimane, pianificava la cacciata di Rosi in maniera da riuscire a dipingere addosso al suo viso e a quello degli altri amministratori della maggioranza uscente la maschera dell’innocente, del candido, del redento. Bisognerà però capire se le strategie di “liberazione” del dominus politico del centrodestra saranno avallate e condivise dalla cittadinanza che tra ormai due mesi esatti sarà chiamata alle urne.

Un percorso tortuoso, non privo di ostacoli, in molti casi sembrati insormontabili, quello che Rosi si lascia alla spalle. Un mandato apertosi nella primavera del 2011 e insidiato da mine cosparse un po’ ovunque lungo il tragitto di una consiliatura che, è evidente, non ha mai realmente convinto: dalla nevicata eccezionale dell’inverno 2012, all’alluvione del novembre dell’anno successivo, dall’insediamento della commissione d’accesso alla defenestrazione dell’ex assessore Bruno Zaffino. E poi il blocco dei lotti boschivi, l’isola per la raccolta dei rifiuti trasformata in una bomba ecologica, i randagi “liberati” nei pressi del Santuario di Santa Maria, il paese che è coperto di spazzatura ovunque, gli studenti egiziani del Pitagora Mundus da alloggiare con mille difficoltà, la bomba del caso Alaco, l’appoggio incondizionato ad un presidente della Regione/commissario della sanità che ha calato la definitiva mannaia sui servizi dell’ospedale “San Bruno”.

Rosi difficilmente avrebbe potuto uscirne (politicamente) vivo, ma, allo stesso tempo, non sono apparsi affatto incisivi i tentativi di Salerno utili a mantenerne intatto se non il valore amministrativo, misurabile con il giudizio dei cittadini, almeno quello umano. Perché lo scontro di queste ultime 24 ore, che offre lo specchio di quanto rilassati fossero stati i rapporti interni in questi cinque anni, suggerisce il disegno preciso di una bega personale e personalistica che poco, anzi nulla, ha a che fare, contrariamente a quello che si vuole far credere, con le criticità vissute dalla cittadina, con l’abusato “bene della comunità”. Non è stata allora questione di vedute diverse rispetto alla gestione del comparto dei rifiuti, né rispetto alla manutenzione della viabilità urbana, né ad altro. Tutte bazzecole rispetto alla contesa di squisita matrice politica e partitica: c’era bisogno di tagliare una testa per prendere le distanze da questi cinque anni di inequivocabile fallimento e quella testa era la testa di Bruno Rosi.

Così è stato. E tutto, come dicevamo, ha conosciuto il suo manifesto epilogo nelle ultime 24 ore: venerdì gli assessori salerniani comunicano – attraverso una nota stampa – la sfiducia politica al sindaco Rosi, che il giorno successivo, ossia ieri mattina, giocando d’anticipo a sua volta ne revoca il mandato e impone, a sostituzione di tre componenti su cinque (Adriano Tassone, Cosimo Polito e Vincenzo De Caria), l’entrata nell’esecutivo di due assessori esterni. Il terzo non verrà mai nominato, perché nella partita a scacchi senza freni fra Rosi e Salerno, l’ultima mossa spetta proprio al consigliere regionale che ha già fatto sapere che, domani mattina, Rosi verrà ufficialmente destituito, sfiduciato dalla carica di primo cittadino di Serra San Bruno. Il tutto, dunque, deciso nelle 24 ore tra venerdì sera e ieri, sabato 2 aprile.

La “caduta” è resa possibile da una settima firma (sui 13 scranni totali del Consiglio). È quella dell’ex assessore Carmine Franzè, che negli ultimi tempi faceva da spola tra maggioranza e minoranza, mantenendo una posizione assai ambigua e contraddittoria che, domani, si risolverà con la scelta più comoda: stare dalla parte del “forte”, perché il sindaco Rosi è già – per larga parte della sua stessa maggioranza – straccio usato da buttare via. Come se in questi cinque anni avesse fatto, o non fatto, tutto da solo.

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