Il Vizzarro.it - quotidiano online
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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
La visita del 9 ottobre scorso del Santo Padre Bendetto XVI alla Certosa di Serra San Bruno ha offerto alcuni spunti di riflessione sul significato della vita certosina, del silenzio e del ruolo del monaco che vigile come “un mozzo” scruta l’orizzonte e perciò il futuro. Da qui sono nate delle domande che abbiamo posto al Padre Priore della Certosa Dom Jacques Dupont che ha accolto il Papa e che vive la vita certosina fatta di clausura, preghiera e silenzio, ormai da oltre quaranta anni, facendo lo stesso percorso dalla Chartreuse di Grenoble alla Certosa di Serra che oltre mille anni fa, fu quello di Bruno da Colonia.
La recente visita di Sua Santità Benedetto XVI alla Certosa di Serra San Bruno è stata un fondamentale atto di riconoscenza nei confronti della spiritualità certosina, lo stesso Santo Padre ha definito questo luogo come “Cittadella dello Spirito”. Dopo questa visita, nel cuore dei certosini possiamo dire che sia nata qualche consapevolezza in più?SERRA SAN BRUNO - Un'altra notte di danneggiamenti e furti nella cittadina bruniana, ormai al centro di una vera emergenza microcriminalità. La solita banda del buco stanotte ha fatto visita ad una casa disabitata poco distante dalla chiesetta di San Gerolamo, nel centro storico, da cui ha trafugato un tavolo e alcune sedie. Nella stessa nottata, inoltre, si è registrato anche un altro episodio, forse un tentato furto, ai danni della chiesa dedicata al culto di San Rocco, che si trova alle porte del paese. I soliti ignoti hanno probabilmente provato a rubare la statuetta dedicata al santo di Montpellier, infrangendo il vetro che la protegge all'interno dell'incavatura di un muro esterno della chiesa. Oltre al vetro è stato danneggiato anche un braccio della statuetta, che però non è stata trafugata. L'opera era stata realizzata a mano da Mastro "Bacchetta”, un celebre artigiano serrese noto per le pregevoli raffigurazioni sacre in creta. Sugli episodi di stanotte indagano i poliziotti del locale Commissariato diretti dal dirigente Domenico Avallone.
«Durante gli ultimi dodici anni la stella polare di Vittorio Emanuele fu l'aspirazione all'indipendenza nazionale. Quale sarà questa stella riguardo a Roma? La nostra stella, o signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la Città eterna, nella quale venticinque secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico». Con questa dichiarazione, pronunciata al cospetto del parlamento, l’11 ottobre 1860, Cavour prefigura la presa di Roma quale momento conclusivo e culminante dell’unità d’Italia. Un evento per il quale bisognerà attendere fino al 1870, prima che i bersaglieri del generale Cadorna possano infrangere la simbolica resistenza delle truppe pontificie e consegnare Roma all’Italia. Un episodio militare secondario, per un fatto storico rilevante, cui prese parte, in un ruolo decisivo, un calabrese, nato a Soverato diciotto anni prima. Il primo ad aprire il fuoco dei cannoni, intorno alle 6,30 di martedì 20 settembre, fu, infatti, un giovanissimo sottotenente d’artiglieria, Carlo Amirante. Le salve andarono avanti per cinque ore, prima che i bersaglieri riuscissero a conquistare la breccia che avrebbe decretato la fine del potere temporale della chiesa. A propiziare l’evento una lunga serie di antefatti. Nel 1862 Garibaldi parte da Caprera alla volta di Palermo con l’intento di ripercorrere le tappe dei Mille, questa volta con destinazione Roma. La marcia dell’Eroe dei due mondi viene, però, fermata sull’Aspromonte dai bersaglieri, intervenuti per evitare complicazioni diplomatiche con Napoleone III dichiaratosi protettore di Roma. Segue, quindi, la Convenzione stipulata, a Parigi, il 15 settembre 1864 con la quale la Francia s’impegna a ritirare entro due anni le proprie truppe da Roma; in cambio l’Italia dichiara di voler rispettare l’integrità territoriale dello Stato Pontificio. Ad ulteriore garanzia, l’accordo prevede una clausola con la quale il governo italiano s’impegna a trasferire la capitale da Torino a Firenze. Un atto simbolico di rinuncia a Roma capitale destinato a suscitare nei torinesi proteste popolari talmente vibranti da indurre l’esercito ad aprire il fuoco sui manifestanti. Al termine degli scontri rimarranno sul terreno 54 morti e 187 feriti. Tre anni dopo, nel 1867 Garibaldi parte da Terni con 10.000 volontari e conquista la piazzaforte pontificia di Monterotondo, poi è costretto a capitolare a Mentana, sotto i colpi dei soldati pontifici e di quelli francesi. A mutare radicalmente il quadro e ad offrire una significativa possibilità di successo, il 2 settembre 1870, interviene la sconfitta di Napoleone III a Sedan e la conseguente fine del Secondo impero. Con la sconfitta francese, la convenzione del 1864 può essere ignorata senza il timore di un intervento a difesa di Pio IX. A metà agosto, con il giungere delle notizie delle prime sconfitte francesi sulla frontiera alsaziano-lorenese, la diplomazia sabauda si mette immediatamente all’opera alla ricerca del casus belli. Il 29 agosto, il ministro degli esteri italiano, il marchese Emilio Visconti Venosta, invia a Parigi un dispaccio nel quale, seppur in maniera sibillina comunica l’intendimento di voler trovare una soluzione alla mancata “conciliazione tra il Santo Padre, i Romani e l’Italia”. Nelle stesse ore, una circolare del Ministro degli esteri viene inviata agli ambasciatori italiani per segnalare alle potenze europee la costituzione di un esercito mercenario con il quale lo Stato Pontificio si propone di muovere un’improbabile crociata. Alla circolare è allegato un memorandum in dieci punti nel quale vengono delineate le condizioni e le proposte per salvaguardare la libertà di azione del Papa e della Chiesa. Acquisito il tacito consenso delle potenze europee, Vittorio Emanuele II rompe gli indugi e l’8 settembre fa recapitare al Pontefice una lettera nella quale comunica «l'indeclinabile necessità per la sicurezza dell'Italia e della Santa Sede, che le mie truppe, già poste a guardia del confine, inoltratesi per occupare le posizioni indispensabili per la sicurezza di Vostra Santità e pel mantenimento dell'ordine». L’11 settembre, il Pontefice replica: « Maestà, Il conte Ponza di San Martino mi ha consegnato una lettera, che a V.M. piacque dirigermi; ma essa non è degna di un figlio affettuoso che si vanta di professare la fede cattolica, e si gloria di regia lealtà». Nelle ore in cui Pio IX verga la sua risposta, al generale Raffaele Cadorna viene diramato l’ordine di predisporre la marcia dei suoi 60 mila uomini alla volta di Roma. Domenica 18, l’esercito italiano è accampato alle porte della capitale. A fronteggiarlo 15 mila soldati, prevalentemente Zuavi, comandati dal generale Kanzler. Con lo scontro ormai imminente, Pio IX decide di non abbandonare Roma e di opporre una simbolica resistenza a prova della violenza subita. La mattina del 20, si preannuncia come una giornata calda, anche dal punto di vista climatico. Come appunta, sarcasticamente, nel diario dell’Osservatorio meteorologico del Collegio Romano, il direttore padre Angelo Secchi, «20 settembre. Bello. Cannonate al mattino, furfanterie fino a sera. Nord e sud – ovest leggero. Cresce poco il barometro. Magneti poco regolari». Alle 6,30 le prime salve di cannone investono le mura della Città eterna, alle 10 si apre la prima breccia, pochi minuti dopo parte l’ordine di capitolazione, la bandiera bianca viene issata su Castel Sant’Angelo e sul torrino del Quirinale. Lo scontro, durato una mattinata, lascia sul terreno 13 ufficiali, 43 soldati e 141 feriti da parte italiana; 20 morti e 49 feriti tra i papalini. Il 2 ottobre si celebra il rito del Plebiscito con i seguenti risultati: a Roma 40765 sì e 46 no; in tutto lo Stato 133681 sì e 1507 no. L’apertura della breccia di Porta Pia spesso è stata celebrata dalle diverse confraternite anti-clericali come il trionfo sull’oscurantismo cattolico. Tuttavia, poche volte viene ricordato che autore materiale della breccia fu il calabrese Carlo Amirante il quale, dopo essere rimasto ferito negli scontri, indirizzerà a Pio IX una lettera nella quale spiega: «La mattina del 20 settembre scorso dovetti come militare eseguire senza discutere gli ordini che mi erano stati dati. Fui ferito e chissà che la Beata Vergine non mi abbia salvato concedendomi il privilegio di inginocchiarmi ai piedi di Vostra Santità». Il Pontefice lo convocò subito e lo ricevette in udienza privata. Dopo l’incontro il giovanissimo capitano, era stato promosso sul campo per la ferita subita, decide di lasciare la divisa italiana per abbracciare le insegne del papa. Nel 1877 viene ordinato sacerdote ed inviato a Napoli dove morirà nel 1934. Nel corso della sua vita, oltre a spendersi in opere caritative, si interessa di matematica, musica e lettere, annoverando tra le proprie allieve la scrittrice Matile Serao. Il 19 giugno 1980 viene aperta la sua causa di beatificazione. Per una sorta di eterogenesi dei fini con la medesima cannonata la Chiesa ha perduto il potere temporale e conquistato un beato. Per uno degli strani scherzi di Clio, invece, gli anticlericali celebrando Porta Pia, ricordano, anche, quel soldato fattosi prete.
SERRA SAN BRUNO - Come previsto, ieri sera ha ripreso a nevicare sulla zona delle Serre e purtroppo cominciano a registrarsi anche i primi danni: stamattina, a causa del peso della neve caduta anche stanotte, è crollato un pezzo di circa 5-6 mq del tetto della cappella dei fratelli, una chiesetta (foto archivio della Certosa, a sinistra) che si trova a pochi passi dalla chiesa conventuale (foto, al centro), all'interno del millenario monastero bruniano. Per il resto, nella zona cominciano a registrarsi nuovamente disagi alla circolazione: nei pressi di Monte Cucco stamattina un camion si è messo di traverso bloccando altri 5 camion e rendendo difficoltoso il passaggio delle auto.
La primavera sta per arrivare. Le montagne si rinfrescheranno di verde. Dalle finestre filtreranno timidi raggi di sole, le giornate si allungheranno. Il bosco ci regalerà fragole e mirtilli. Qualcuno inizierà una dieta, qualcun altro s’innamorerà (la maggior esposizione alla luce influenza i livelli ormonali). Ma solo quando il televisore per ore ed ore inizierà a rigurgitarci addosso lo spot dell’8xmille alla Chiesa Cattolica, tutti finalmente gioiremo per l’avvento della bella stagione. Anche in questa primavera, come in ogni primavera, saremo spettatori passivi di una delle più potenti e costose strategie di marketing al mondo. Registi hollywoodiani, sublime fotografia, musiche di Morricone, trame strazianti e slogan commoventi. Chi non ricorda lo
spot del 2005 basato sul dramma dello tsunami? Sullo sfondo una baraccopoli tanto fragile da pensare che possa portarla via il primo alito di vento, un pugno di pescatori scalzi sulla spiaggia a scrutare un orizzonte cupo e lontano, una voce fuori campo nuance Vittorio Gassman che sentenzia: "Quel giorno dal mare è arrivata la fine, l'onda ha trasformato tutto in nulla". Poi per fortuna accorriamo noi, i contribuenti, e le nostre donazioni si trasformano in remi, barche e reti “capaci di crescere figli e pescare sorrisi”. La telecamera zumma sulla pesca miracolosa. In campo in primo piano il logo dell’8per1000. Slogan di chiusura: “Con l’otto per mille avete fatto tanto per molti”. In sottofondo una sfarzosa musichetta stile Cavalcata delle Valchirie. Un trionfo, ma di falsità. Dietro questi spot si cela il grosso inganno perpetuato dalla chiesa a sfavore dei cittadini, indotti a versare dei soldi convinti di compiere un atto caritatevole, ma inconsapevoli del fatto che il ricavato in realtà sarà destinato a tutt’altri scopi: per finanziare la campagna pubblicitaria “tsunami” la chiesa sborsò ben 9 milioni di euro e ne donò solo 2,6 alle vittime della tragedia (meno dello 0,3 % della raccolta totale).
SERRA SAN BRUNO - E' stato individuato poco fa dai carabinieri il presunto autore degli incendi verificatisi nei giorni scorsi a Sorianello ai danni della chiesetta dedicata a San Bruno. Si tratta, secondo quanto siamo riusciti ad apprendere, di Nicola Figliuzzi, 64enne del luogo con problemi psichici, che è stato denunciato a piede libero dai militari della Compagnia di Serra San Bruno e della stazione di Soriano. La chiesetta, che si trova nella Valle dei Mulini poco distante dalla strada che collega il piccolo centro dell'Alto Mesima a Soriano, era stata incendiata ieri per la seconda volta nel giro di pochi giorni.
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