Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Il Giro è una giostra felice imbottita di sudore e passione. Una guerra di strategia contro l’asfalto ed il tempo. E’ un circo. Una città nomade fatta di giornalisti, biciclette e starlet che accarezzano in lungo ed in largo il Bel Paese. E noi lì - tutti in rosa - ad aspettarlo col cuore oltre le transenne e gli occhi incollati su un traguardo che poi, alla fine, ci racconterà che è stato il giorno di Enrico Battaglin. Ventitreenne di Marostica che dopo 6 ore ed un quarto di falsopiani e tornanti, con una volata veloce 50 chilometri orari, sbanca Serra San Bruno: la quarta città di tappa del 96° Giro d’Italia.
Riceviamo e pubblichiamo:
Negli ultimi giorni si sono levate, provenienti da più parti, forti e vibrate proteste rispetto alla trasmissione sulla sanità calabrese, ma non solo, andata in onda qualche settimana fa su Rai 3 per il programma “Presa Diretta”. Una sollevazione indignata è venuta da chi difende a spada tratta le risultanze del Piano di Rientro, dalla deputazione regionale di centro destra, nonché da diversi direttori generali e supporters vari. Tra le altre mi ha fortemente colpito la critica mossa al programma dal consiglio direttivo dell’Ordine dei Medici della Provincia di Vibo e in particolare del suo Presidente Dr. Antonino Maglia, verso cui, lo dico a priori, ho profonda stima e al quale mi lega una sincera amicizia. Concordo sul fatto che il servizio sia stato volutamente strutturato per far esaltare la “malasanità” calabrese mediante l’intervista di persone che hanno subito la perdita di figli amatissimi, giovani vite che per imperizia, errore, carenze o qualsivoglia altro problema, non sono più su questa terra e non possono regalare un sorriso ai loro cari. Era giusto sentire sulle problematiche socio sanitarie attuali, per quello che interessa la nostra Azienda, anche i livelli istituzionali e, possibilmente, i medici. D'altronde però, giustamente, gli stessi consiglieri, nel corso del dibattito, hanno evidenziato come le criticità esistenti siano alla continua attenzione dell’Ordine, riconoscendo che “il grave rischio clinico è rappresentato appunto dalle precarie condizioni strutturali degli ospedali, dal deficit strumentale e tecnologico e anche da una disarticolata organizzazione e dalla precarietà della risorse umane”.
Partendo da questa presa di coscienza, è chiaro che non si può fare, sicuramente, di tutte le professionalità sanitarie, soprattutto mediche, di tutta l’erba un fascio; hanno ragione i consiglieri dell’Ordine dei Medici e fanno bene a difendere strenuamente la loro categoria. Ma questo non vuol dire che bisogna fare come gli struzzi e tenere la testa sotto la sabbia quando il problema non è tanto l’appartenenza ad una data categoria, che secondo me non si deve sentire costantemente sotto processo, ma è il sistema. La trasmissione sulla sanità mandata in onda da “presa Diretta” non ha indignato solo per quello che ha fatto vedere sulla Calabria, in fin dei conti sono cose che, bene o male, conosciamo (certo, alcuni medici dell’Ospedale di Polistena (RC) non hanno fatto una gran bella figura facendosi riprendere mentre seduti in cerchio leggevano il giornale o fumavano spargendo cenere e cicche di sigarette sui pavimenti, potevano evitare di dare un’immagine che ha fatto arrossire di vergogna ogni calabrese che ha seguito la trasmissione in ogni angolo della terra); l’indignazione è nata e continua ad esserci perché i cittadini calabresi si sono potuti rendere conto, ancora di più, di quanto, nei loro confronti, non solo sia stato disatteso il principio costituzionale di tutela della salute, ma di come siano venuti meno i capisaldi del concetto stesso di salute inteso come fondamentale diritto della persona: l’universalità e l’uniformità dell’assistenza.
Ma, io mi chiedo e chiedo soprattutto agli addetti ai lavori: forse non è vero che, salvo poche eccellenze, per seri problemi di salute i cittadini calabresi devono rivolgersi a strutture del nord ? sono favole o è la cruda realtà le migliaia di persone che ogni anno intraprendono i viaggi della speranza con tutto quello che ne deriva sul piano economico e sociale? Ma perché non dovremmo indignarci nel vedere che la sanità territoriale, alla quale lo Stato destina la gran parte delle risorse di bilancio (55%), in Calabria non esiste o è poco considerata, mentre in altre zone del paese è fortemente incentivata perché, tra l’altro, vuol dire risparmiare. Penso, ad esempio, alle Case della Salute, all’Assistenza Domiciliare, all’ospedalizzazione a domicilio ecc. Da noi l’Ospedale rappresenta l’ombelico del mondo, generatore di enormi costi e di sprechi anche per un suo uso distorto ed inappropriato. In Calabria si preferisce la difesa estrema dei piccoli ospedali non perché gli stessi riescano a garantire benessere e salute, ma solo per un fatto di campanile spinto all’eccesso da vari e stratificati interessi. Le Case della Salute o i Centri di Assistenza Territoriale sicuramente rappresenterebbero una grande opportunità assistenziale, ma è un discorso difficile da far capire ed anzi chi dovrebbe, più di altri, farsi interprete e sostenere tale impostazione preferisce la difesa pervicace dell’ospedale, con tutti i rischi ed i pericoli che ciò comporta.
Rafforzare e dotare dei giusti posti letto i centri di eccellenza, gli ospedali Hub e gli ospedali Spoke, dare un senso agli Ospedali di Montagna incentivandone l’aspetto relativo all’emergenza urgenza, dotarli in concreto delle strutture già previste dai decreti del Commissario ad acta per farli funzionare, da subito, con mezzi, strutture e personale adeguati per la missione che sono chiamati a svolgere, e non lasciarli abbandonati a se stessi, buoni solo a fornire risorse umane agli altri ospedali in difficoltà.
Quello che sbagliano i consiglieri e il presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Vibo Valentia è il pensare che con la costruzione del nuovo Ospedale si risolveranno tutti i problemi della sanità su questo emarginato e, purtroppo, bistrattato territorio. Certo, esso rappresenta una fase importante; sarà d’aiuto perché consentirà di lavorare meglio e potrà contribuire, forse, a dare anche una diversa immagine; ma non potrà sicuramente determinarne, da solo, il miglioramento dell’assistenza e la risoluzione di annosi problemi. Questioni ormai incancrenite che sono il frutto di carenza di programmazione e di una visione miope di una classe politica e dirigente che non ha voluto, o forse non ha saputo, dare dignità all’ammalato che soffre e al bisogno di salute che sempre più forte proviene dalla società. Dobbiamo essere onesti con noi stessi e lavorare perché almeno i nostri figli e i nostri nipoti possano avere un sistema sanitario adeguato, una rete assistenziale che parti dal territorio dove i medici di famiglia riscoprano il gusto e la voglia di fare clinica, di confrontarsi, di aggiornarsi, senza limitarsi a prescrivere farmaci ed esami, tante volte anche per telefono. Di questi tempi dovremmo sforzarci anche di pensare quale sia il modo adeguato per risolvere problemi epocali quali quelli di una popolazione che va sempre di più invecchiando e che molto spesso rimane sola; alle persone diversamente abili che meritano per tutte le sofferenze patite la giusta assistenza. Dovremmo rivolgere lo sguardo verso i problemi ambientali che ieri sembravano marginali ma che oggi sono di grande attualità e possono costituire un grosso pericolo per la società: l’acqua, l’aria, beni comuni che non hanno prezzo e che qualcuno ha già mercificato vendendo, tra l’altro, veleno. Ci sono stati anni in cui la sanità ha rappresentato la possibilità di elargire prebende e di dare sfogo ad un clientelismo sfrenato che ha coinvolto indistintamente tutti dagli ausiliari ai primari; è giunto il momento, attesa anche l’estrema delicatezza del settore in questione dove c’è in gioco la salute e la vita della gente, di cambiare registro, avendo la consapevolezza che, ad esempio, la realizzazione dell’Ospedale di Vibo rappresenterà non già l’arrivo ma solo l’inizio di una fase di riscatto che deve avere quali protagonisti ognuno di noi.
Dott. Fioravante Schiavello
Funzionario ASP Vibo Valentia
Prima, nel mese di Novembre, è stata la volta del sindaco di Fabrizia Antonio Minniti, il quale ha minacciato, addirittura, una protesta pubblica di tutti i comuni della zona. Esagerato! Successivamente anche il consigliere regionale on. Nazzareno Salerno ha fatto un appello sui giornali chiedendo il ripristino della rete stradale. In entrambi i casi la richiesta è stata disattesa. Ora si son messe in corsa le corrispondenti dei giornali locali Maria Grazia Franzè su Il Quotidiano della Calabria e Francesca Onda su La Gazzetta del Sud.
Ora si aspetta solo la dichiarazione ufficiale di dissesto finanziario da parte del Prefetto, quindi la nomina dei commissari del Viminale, chiamati a risanare il buco di 35 milioni di euro nelle casse del comune di Vibo Valentia. Così si è arrivati al definitivo disfacimento dell'amministrazione D'Agostino: ieri sera il Consiglio comunale ha bocciato il documento finanziario di riequilibrio pluriennale con 21 voti contrari e solo 7 favorevoli, spalancando di fatto le porte al dissesto. Ora, con la nomina dei commissari, il sindaco resterà in carica, ma il fallimento politico, suo e dell'intero centrodestra, è ormai sotto gli occhi di tutti, testimoniato - se non bastassero le condizioni disastrose in cui si trova la città capoluogo - dal fatto che non esiste più una maggioranza politica in Consiglio.
La frattura totale nel centrodestra si era già palesata con l'adesione del sindaco e dei suoi fedelissimi a "Fratelli d'Italia" e con la fuoriuscita dalla giunta di due esponenti del Pdl.
SERRA SAN BRUNO - Sono stati disposti gli arresti domiciliari per Vito Gallè, inizialmente ritenuto responsabile del duplice omicidio di Angelo Cravè, 42 anni e Giuseppe Campese, 35, avvenuto nel popoloso centro montano la mattina del 18 febbraio 2008. La Corte di Cassazione, in particolare, il 10 gennaio scorso ha annullato, con rinvio alla Corte d'assise d'appello di Catanzaro, la sentenza di condanna a 18 anni di carcere inflitta in appello il 29 giugno 2009. Secondo quanto siamo riusciti ad apprendere, i giudici della Cassazione avrebbero individuato tutta una serie di illogicità sia nella sentenza della Corte d’ Assise che in quella emessa dalla Corte d’ Assise d’ Appello. I giudici, dunque, hanno accolto il ricorso presentato dagli avvocati difensori di Gallè, Giancarlo Pittelli e Maurizio Albanese, che puntavano a mettere in luce la mancanza di motivazione nell'attribuzione di credibilità all'unico testimone oculare del fatto. Gli avvocati hanno inoltre rilevato la contraddittorietà tra la sentenza di condanna della Corte d'assise d'appello e la sentenza con cui il Gip di Vibo Valentia aveva condannato il padre di Vito Gallè, Salvatore Rocco, a 20 anni, poi ridotti a 12 in appello. Non solo: la Cassazione ha ritenuto contradditoria l'attribuzione della responsabilità del duplice omicidio sia al padre che al figlio, ed ha annullato la sentenza anche in merito al mancato riconoscimento da parte dei giudici della Corte d'assise d'appello della provocazione come attenuante del fatto di sangue, scaturito da controversie legate ad una servitù di passaggio e preceduto da "violente prevaricazioni e da gravi minacce - hanno eccepito i difensori - subite per lungo tempo dalla famiglia Gallè". Tutto da rifare, dunque, con la Cassazione che ha deciso di rinviare il processo alla Corte d’ Appello.
SERRA SAN BRUNO - “Una seduta tecnica”. Così definisce, il primo cittadino Bruno Rosi, il Consiglio Comunale andato in scena questa mattina a Palazzo Chimirri. Forse eccessivamente tecnica, tanto da divenire, ancora una volta, una seduta del tutto sorda rispetto a quanto accade a pochi metri dall’ombelico del palazzo comunale. Un’amministrazione che non perde occasione per dimostrarsi sempre più insensibile rispetto al degrado civile e culturale in cui la cittadina è sprofondata ormai da troppo tempo.
È stato Mirko Tassone, unico presente oggi in minoranza assieme a Giuseppe Raffele, a porre in rilievo l’allarme ordine pubblico: “Viviamo in un’emergenza evidente caratterizzata da autovetture incendiate (lo stesso Tassone ne fu vittima qualche giorno fa, ndr), furti nelle abitazioni e sparizioni di giovani. È strano che il Consiglio non senta l’esigenza di affrontare questi temi”. Tassone fa quindi esplicitamente riferimento al “caso Massimo Lampasi”, giovane 25enne serrese con qualche precedente penale, misteriosamente scomparso e di cui, da quasi una settimana, non si hanno più notizie. La legittima veemenza con cui Mirko Tassone affronta la questione è determinata anche e soprattutto dal fatto che, lo stesso Consigliere di minoranza, nel maggio scorso, aveva indirizzato al Sindaco un’interrogazione in cui si chiedeva l’elaborazione di un piano per migliorare l’illuminazione del centro-storico e sfavorire quindi l’azione notturna di criminali e “topi d’appartamento”, con l’istituzione dell’Assessorato per la Pubblica Sicurezza e la richiesta al Prefetto di un apposito Comitato d’Ordine e Sicurezza Pubblica. Ma la richiesta era stata totalmente ignorata dalla maggioranza serrese, tanto che alla stessa istanza non aveva fatto seguito alcuna risposta, né negativa né positiva. Un atteggiamento di indifferenza, dunque, che continua a protrarsi anche in questi giorni “difficili” vissuti, purtroppo, dalla cittadina serrese.
A ribattere è il Sindaco: “Non c’è stato il tempo per inserire la discussione nel Consiglio, abbiamo delle scadenze importanti da rispettare”. Peccato però che la seduta sia stata convocata già dal 25 febbraio e si sia trovato il tempo, piuttosto, per integrare tre giorni dopo un argomento aggiuntivo a quelli già previsti all’ordine del giorno (l’affidamento del servizio di Tesoreria). Integrazione effettuata quindi il 28 febbraio, ben due giorni dopo la scomparsa di Lampasi. Sullo stesso tema Salerno rassicura: “Quello di Lampasi potrebbe essere un allontanamento volontario, che non c’entra nulla con la criminalità organizzata. C’è una linea di confine oltre la quale la politica non può andare. Della questione sicurezza se ne riparlerà nel prossimo Consiglio”. Speriamo non sia troppo tardi.
Tornando ai tecnicismi, con il primo punto si decide di approvare il verbale della seduta precedente (quella in cui il Comune acquistò un immobile nel centro storico, nonostante la Spending Review gli impedisse di farlo). Al secondo e terzo punto si trattano due accordi di programmazione negoziata dei fondi PISL per, rispettivamente, la ristrutturazione di un complesso edilizio (ospizio di località “Guido” mai completato) da destinare a “Casa del Pellegrino” (1.800.000 euro) e per la ristrutturazione della vecchia casa mandamentale da adibire a museo/pinacoteca (560.000 euro).
Si passa così al Protocollo di intesa sulla SUA (Stazione Unica Appaltante). Ancora il Consigliere Mirko Tassone propone di approvare un protocollo aggiuntivo per dimezzare la quota minima per le forniture dei beni e servizi (da 100mila a 50mila euro) e per garantire quindi maggiore trasparenza nell’aggiudicazione delle forniture a soggetti privati. La maggioranza rigetta la proposta. La discussione slitta quindi, a dire il vero impropriamente, sulla Commissione d’Accesso agli Atti, insediatasi dal novembre scorso al Comune di Serra San Bruno per presunta infiltrazione mafiosa. Ancora Nazzareno Salerno, capitano coraggioso, mentre gli altri esponenti della maggioranza giocano con il cellulare o sfogliano il giornale, in maniera del tutto fuori contesto rispetto alla discussione, rassicura a voce alta: “Non abbiamo paura e non abbiamo niente da nascondere, il fatto che ci sia una Commissione d’Accesso al Comune non ci intimorisce”. Si salvi chi può.
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