mini espressoIn Campania, ci dicono i giornali a fine 2013, «rintracciati Cloroformio e metalli pesanti nelle falde acquifere di Caivano» in piena Terra dei Fuochi. E come per magia, a distanza di venti anni circa, finalmente i “segreti di Stato” raccontati dal boss casalese – oggi pentito – Carmine Schiavone, non sono più tanto segreti. La Forestale analizza le falde di numerosi terreni – adibiti alla coltura di insalata, broccoli, cavoli, finocchi, verza, cicoria e zucchine – e scopre che sono tutti irrigati con l’acqua inquinata di Cloroformio per valori spropositatamente superiori alla norma.
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mini acqua_serraAlla fine sono arrivati anche a loro. Non è una sorpresa, a dirla tutta. Non per chi ha seguito l’evolversi del caso Alaco fino al turbinio di eventi di questi ultimi giorni. Roba da sceneggiatori allucinati: black out istituzionali dannosi per la salute pubblica ed equilibrismi da trapezisti funzionali al mantenimento dell’ordine pubblico. Un balletto macabro imbastito attorno al lago dei veleni, che, forse, comincia a non essere più così “gommoso”. Da oggi, in questo vortice di responsabilità istituzionali legate all’acqua pagata “cara e amara” da 400mila calabresi, dopo diversi dirigenti di Sorical, Asp e Arpacal, sono entrati anche 20 sindaci del Vibonese. Altri erano già stati iscritti nel registro degli indagati al momento del sequestro preventivo dell’invaso, avvenuto il 17 maggio scorso. L’accusa, relativa al periodo 2009/2012, per gli amministratori locali, è omissione di atti d’ufficio

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Venerdì, 24 Agosto 2012 17:40

Ma l’Alaco, esiste?

mini schiumaSERRA SAN BRUNO - Ma l'Alaco è ancora lì? Esiste ancora quel serbatoio di veleni e di affari torbidi e maleodoranti, proprio come l’acqua che arriva ai serresi e ai vibonesi? Ad assistere ai dibattiti del Pd serrese, penseresti che l’Alaco non esiste, o che forse non è un problema che ci tocca piu' di tanto. Poi ti viene da chiederti chi mai può aver fatto assumere quei tecnici che cercavano di seminare i Nas per andare a nascondere la famigerata schiuma marrone dai sedimentatori, e allora capisci che, per chi sosteneva la giunta Loiero, oggi è meglio parlare dei massimi sistemi, o inseguire alleanze con chi sostiene il “modello peggio”, oppure dissertare su quello che ha scritto l’Economist. Gli stessi dubbi ti assalgono osservando l’operato del Mpa: silenzio totale.

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Domenica, 11 Dicembre 2011 00:51

Il sistema Alaco

mini schiumaE’ stata a lungo una delle tante dighe fantasma del sud. Il progetto risale al 1961, fu approvato nel ’78, i lavori furono appaltati nel 1985 ma, bloccati molte volte, furono terminati intorno al 2003-04, e a fronte di una spesa inizialmente prevista di 15 miliardi di lire, l’opera alla fine è costata oltre 150 miliardi. Un esempio di spreco di denaro pubblico a cui la sezione regionale della Corte dei Conti ha dedicato un paragrafo nella relazione del 2002. L’invaso dell’Alaco si trova sul monte Lacina, a cavallo tra le Serre vibonesi e la costa jonica soveratese. Territorio del comune di Brognaturo, un paesino a due passi da Serra San Bruno.

Nel 2006 qui arriva la Sorical: l’obiettivo è mettere a regime l’invaso e inviare più acqua ai comuni, ma alla fine il liquido che arriva nelle case è di pessima qualità, torbido, giallognolo e maleodorante. Oggi il bacino serve circa 80 comuni (molti del vibonese e altri sulla jonica catanzarese e reggina) per un numero di abitanti che dovrebbe aggirarsi attorno ai 400mila. L’acqua dell’Alaco genera periodicamente situazioni di forte disagio: molti comuni emettono spesso ordinanze di non potabilità. Vibo all’inizio del 2011 è arrivata a superare i 100 giorni consecutivi di non potabilità. La Sorical punta il dito sulle condotte dei comuni, per molti invece il problema è l’Alaco, la cui acqua risulta sempre troppo “ricca” di ferro e manganese. A Serra San Bruno è nato un collettivo (Coordinamento delle Serre per il diritto all’acqua) che da mesi protesta contro Sorical denunciando le distorsioni del “sistema Alaco”. Secondo il Coordinamento il bacino non è mai stato bonificato prima di essere riempito, ed è difficile sostenere il contrario, visto che ancora oggi si notano chiaramente fusti di alberi e piante che fuoriescono dall’acqua, e qualche volta si vedono anche degli animali che si dissetano sulle rive del lago. Proprio sulle rive è stata fotografata una inquietante schiuma marrone chiaro, e i ciottoli toccati dall’acqua sono stranamente nerastri.

La Sorical ha consentito ad una delegazione del Coordinamento di visitare l’impianto di potabilizzazione: «Ci mancava solo che ci facessero pagare il biglietto – hanno riferito gli attivisti che hanno visitato l’invaso – tanto era stato programmato tutto nei minimi dettagli. Peccato che su una lavagna si fossero dimenticati di cancellare un ordine di servizio: “dalle 18 in poi aprire al massimo la valvola…smaltire più fanghi possibile…”. Ci hanno anche fatto assaggiare l’acqua potabilizzata mostrandoci come tutti i contatori non rilevassero alcuna presenza di sostanze o altro al di fuori della norma, solo che uno di noi si è accorto che il rilevatore del cloro era spento». Infatti l’acqua che arriva nei rubinetti è sempre molto carica di cloro, spesso oltre la norma.

Fonti accreditate raccontano che, per almeno due anni, i fanghi non venivano disidratati e venivano prelevati allo stato liquido con autobotti e trasportati altrove, con costi al di fuori da ogni logica. Le stesse fonti segnalano che le acque di risulta del lavaggio dei filtri e della disidratazione dei fanghi (che oggi non avviene) non vengono smaltite, ma reimmesse in testa all'impianto. Probabilmente il potabilizzatore è sottodimensionato e quindi non adeguato a servire tutte le migliaia di utenti che dovrebbe – il che lascerebbe presupporre che parte dell’acqua che arriva nelle case venga bypassata, magari superclorata, senza passare per il potabilizzatore.

Sicuramente, perché l’acqua di lago come quella possa essere potabile, il bacino andrebbe bonificato, e quello dell’Alaco non lo è affatto. Probabile che una volta terminata la diga e riempito d’acqua l’invaso, quando la Sorical ne prese possesso si prospettò di fronte ai monopolisti dell’acqua calabrese una grande opportunità per sfruttare quel liquido e trasformarlo in guadagno. Alcuni dirigenti Arpacal, nell’agosto 2010, dissero chiaramente che il problema dei continui disagi era senza dubbio l’Alaco con le sue acque difficilissime da potabilizzare. Molto difficile ma interessante, tra l’altro, sarebbe sapere cosa è stato riversato in quel bacino durante tutti gli anni in cui l’acqua non c’era ancora e tutt’intorno non c’erano né recinzioni né controlli. Fatto sta che l’acqua, nonostante adesso sia ufficialmente potabile, è sempre la stessa: ferro e manganese, e molto  cloro (lo hanno confermato analisi ufficiose e ovviamente senza valore legale). I cittadini continuano a pagarla profumatamente (compreso il famoso 7% che Sorical continuerà a incassare anche dopo il referendum) anche nei non rari periodi di non potabilità. Ciò succede nelle Serre, una zona le cui sorgenti sono sempre state catalogate tra le più pure e salubri d’Italia.

p.s.

La zona in cui si trova l’Alaco, a mille metri di altezza, è molto bella. Una zona umida su cui ancora circolano leggende su una baronessa ottocentesca che dopo aver attratto in incontri amorosi giovani contadini del posto li gettava nelle paludi che circondavano il suo castello, di cui ancora ci sono i ruderi poco distante dalla diga. Il centro abitato di Brognaturo sta a 7-8 km di curve, alla stessa distanza dall’altra parte c’è la frazione Elce della Vecchia di Guardavalle. E’ una montagna dove un tempo si nascondevano i briganti; negli anni ’80 i suoi boschi invece furono uno degli scenari della prima faida dei boschi; oggi è colonizzata dai “predoni” di Veolia (la multinazionale che detiene il 47% di Sorical; il restante 53% è della Regione Calabria, ma è chiaro che il socio privato tiene la Regione per le palle, grazie alle clientele e non solo).

 

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