mini aL'estetica è un bisogno reale e sociale che tutti desiderano ricercare in qualsiasi cosa: l'automobile, i vestiti che si indossano, i diversi oggetti che si possiedono, l'arredo che si sceglie per la propria casa o per il giardino. Ha bisogno di estetica anche la città, attraverso spazi collettivi, strutture, vie di comunicazione e altri elementi che la completino. Elementi che la rendano migliore, la facciano vivere, bella e funzionale, ordinata: l’arredo urbano. Si tratta di un importante elemento di design che ha il compito di attrezzare gli spazi pubblici urbani con diversi manufatti che consentano un utilizzo adeguato degli stessi, che diano un aspetto di omogeneità, coerenza e fruibilità tra le parti della città, dando loro le attrezzature per poter essere vissuti. In diverse situazioni l'arredo urbano diventa parte determinate dell'identità di un luogo, basti pensare alle cabine telefoniche di Londra, ai cartelloni pubblicitari e alle cassette della posta che si trovano negli Stati Uniti o alle entrate della metro a Parigi. Tutti elementi che segnano, identificano un luogo.

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mini comitato_pro_serreCon la nota di protocollo n. 4123 del 4 febbraio 2013, inviata questa mattina dall’ufficio della Prefettura di Vibo Valentia, il capo dell' Utg Michele Di Bari, ha convocato un tavolo tecnico “al fine di esaminare la problematica connessa alla verifica della potabilità delle acque dell’invaso Alaco”.  L’incontro avrà luogo presso la Prefettura di Vibo Valentia, domani, martedì 5 febbraio 2013, dalle ore 10.00. Saranno presenti, tra gli altri, il presidente del Comitato Civico Pro - Serre, Salvatore Albanese, il neo Commissario Asp, Maria Bernardi 
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mini TASSONE_FRANCESCO_ANTONIOSERRA SAN BRUNO - Il furto di cui sono ritenuti responsabili è avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 2011, in pieno centro storico. Fu uno dei primi episodi di micro-criminalità che, nei mesi successivi, si sarebbero ripetuti con preoccupante costanza. Quella notte, intorno all'una, tre persone si introdussero a volto coperto in casa di un'anziana signora. I ladri, forzando una porta secondaria, riuscirono ad entrare nell'abitazione dell'ottantenne, che fu sorpresa nel sonno, imbavagliata, legata ad una sedia e derubata di 2000 euro in contanti e di gioielli per un valore di altri 2500 euro.

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mini Serra_San_Bruno_centro_storicoSERRA SAN BRUNO - Pare che abbiano forzato a calci la porta d'ingresso i ladri che, oggi pomeriggio, sono tornati in azione nella cittadina della Certosa. A finire nel mirino dei malviventi, questa volta, è stata l'abitazione di un orefice del luogo. Ad accorgersi del furto sono stati i vicini di casa dell'uomo, insospettiti del fatto che l'entrata secondaria dell'abitazione fosse aperta. Secondo quanto siamo riusciti ad apprendere, i ladri sarebbero riusciti a portare via una pistola legalmente detenuta. Sul luogo del furto, l'ennesimo, sempre nel centro storico, sono intervenuti i Carabinieri della locale Compagnia, guidati dal capitano Stefano Esposito Vangone. Pare che l'episodio di oggi sia stato preceduto da altri analoghi verificatisi a Serra nei giorni scorsi.

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Martedì, 04 Dicembre 2012 18:29

Il Canzonato/1

mini canzoniere_petrarca

 

 

di Francesco Tiron Petrarca

I

Voi ch’ascoltate in rime e farse il tono

di quei comizi ond’io nutrivo il cuore

in sul mio primo e senile errore

quand’era in parte altr’uom da quel ch’i sono:

del vario stile in ch’io bleffo et ragiono,

fra le vane carte e il van clamore,

ove sia che prova intenda di guancia il rossore,

spero trovar chi passa, nonché abbandono!

Ma ben vedo ora, come alla comunità tutta

leggenda fui gran tempo, mentr’ora spesso

di me stesso con me mi vergogno;

e del mio amministrar vergogna è il frutto,

e il pentirsi e il conoscer con certezza

che quanto di me piace al paese è dell’Arrè il segno

 II

Per fare or ora la sua vendetta,

et punire chi fin lì l’offese,

celatamente Umil il mazzo riprese,

come huom che più non nuoce al luogo e la Scopa aspetta.

Era l’incartata sua al cor ristretta

Tanto giulivi i suoi occhi da eschimese,

quando di colpo mortal il Sette di spade discese

dove solea sputarsi la maglietta.

Così, rubata la Primiera d’assalto,

si ebbe conto del Sett’Or in quello spazio

che poteva al bisogno prender d’"arte"

ovvero al poggio faticoso del polso alto

ritrarsi accortatamente da quello strazio

dal quale oggi vorrebbe e non può per parte.

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mini Serra_San_Bruno_2040-12-57-03-4870C’è qualcosa di inquietante nel cielo di Serra San Bruno, nelle strade, nelle relazioni, negli occhi preoccupati di anziani ed anziane. Di vecchietti in preda ad angosce di cui non si sentiva per nulla il bisogno. L’ondata di criminalità che ha travolto il paese sembra non volersi arrestare. Proprio il centro storico, abitato in genere da persone in avanti con l’età, sta divenendo sempre più l’assurdo scenario di un circo all’aperto. Un mondo alla rovescia dove se ti allontani da casa, anche solo per poche ore, ti ritrovi gli armadi e le stanze alleggeriti di tutto. Soldi, gioielli, quadri, monili. La “banda del buco” non vuole proprio arrestarsi.
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mini Pasquale_3SERRA SAN BRUNO - L'11 ottobre 2009 Pasquale Andreacchi fu sequestrato, picchiato brutalmente e, con ogni probabilità, fatto inginocchiare e giustiziato con un colpo di pistola in fronte. Il ragazzo, appena 18 anni, uscì da casa nel tardo pomeriggio, e non vi fece più ritorno. Ai suoi familiari hanno restituito, due mesi dopo, solo dei poveri resti scarnificati: il suo cranio, fatto trovare in un cassonetto, e un mucchio di ossa e di vestiti, sparsi tra la boscaglia. Unica pista plausibile: un debito per un cavallo - era questa l'unica passione di Pasquale, la sua ragione di vita - acquistato da un pregiudicato del luogo e non pagato. Le indagini però non hanno portato a nulla: qualche sospettato ma nessun indagato, e il caso è stato archiviato ad appena un anno dal delitto. I familiari, con l'aiuto dell'avvocato Giovanna Fronte, stanno tentando ogni strada legale utile a fare riaprire le indagini, ma è altrettanto importante combattere l'indifferenza e l'oblio, difendere la memoria degli ultimi, degli innocenti. E continuare a chiedere verità e giustizia.

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mini stilo_megalitiSTILO (RC) - Inghiottita da una fitta vegetazione dalle parti di Ferdinandea, una sommità del gran bosco di Stilo, che fa da confine con le tre province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, dorme di un sonno millenario. Il leggendario e dimenticato “villaggio megalitico”. Un susseguirsi di “statue giganti” irregolari con simboli particolari, alcuni dei quali, forse, cuneiformi. Protetto dal suo sottobosco impenetrabile, è di fatto isolato. In pochissimi possono affermare di averlo visto. Arrivarci è un’impresa ardua. Nella stagione fredda diventa impossibile. Gli unici momenti favorevoli sono l’inizio della primavera, quando la flora non è ancora esuberante e la fine dell’estate, quando cioè il terreno è più facilmente leggibile. Non esiste una mulattiera percorribile: rovi e alberi intrecciati a mo’ di labirinto sbarrano più volte l'ascesa sul ripido versante e non è raro sentire sibilare le vipere. È un posto fuori dal tempo e non alla portata della semplice curiosità dei camminatori feriali. Ma è questo l’aspetto più affascinante, che attira l’attenzione e la curiosità. Un mondo nel mondo.

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mini pasquale_con_la_madre_maria_rosaSERRA SAN BRUNO - Oggi avrebbe compiuto ventun anni, invece di lui non hanno lasciato che dei poveri resti scarnificati dagli animali selvatici. Pasquale Andreacchi non ha potuto vivere, come i suoi coetanei, l'età di passaggio dall'adolescenza alla maturità, perchè tre anni fa è stato sequestrato, picchiato e ucciso brutalmente da assassini che ancora sono in stato di libertà. Impuniti. Aveva compiuto 18 anni da neanche un mese quando cadde vittima della barbarie che lo ha strappato, poco più che bambino, alla sua famiglia. 11 ottobre 2009, questa la data della sua scomparsa. Poco prima, per festeggiare il suo ingresso nella maggiore età, Pasquale si era fatto un regalo, un cavallo. Si chiamava Joe, ed insieme allo stallone Hidalgo, e ad altri, era la sua vera ragione di vita. La sua unica smisurata passione.

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mini Certosa 2Ci sono storie che diventano misteri per la loro capacità di vincere il tempo, diventando tetragone ad ogni indagine. La storia tormentata e misteriosa di Ettore Majorana, il geniale fisico catanese sparito nel nulla il 27 marzo 1938, è senza dubbio una di esse. Una storia segnata da continue rivelazioni che, in realtà, non hanno mai rivelato un bel nulla. Da oltre settant’anni, tra ipotesi, congetture e false verità, il mistero rimane fitto ed inaccessibile. Un mistero che Leonardo Sciascia ha cercato d’indagare e ricostruire, nell’ormai, celebre “La scomparsa di Majorana”, il volume pubblicato, da Einaudi, nel 1975. Un “giallo filosofico”, nel quale sono stati raccolti i sette articoli pubblicati, dallo scrittore di Racalmuto, su “La stampa”, di Torino, tra 31 agosto ed il 7 settembre 1975, con il quale viene messa in relazione la fuga dal mondo” dello scienziato con una crisi etica e religiosa. Per Sciascia, il fisico avrebbe deciso di sparire, perché tormentato da dubbi e scrupoli morali derivanti dall’aver intuito, con grande anticipo, gli effetti terrificanti delle ricerche sull’atomo. Secondo la tesi avanzata dallo scrittore siciliano, Majorana avrebbe accuratamente architettato la scomparsa, prima di placare i propri tormenti interiori dietro la porta di un convento, o meglio di una certosa. Un luogo che Sciascia visita (foto) e del quale, nell’ultimo dei sette articoli dal titolo, “Nella Certosa la rivelazione”, dice: « […] siamo entrati in questa cittadella dei certosini, per seguire una sottile, inquietante traccia di Ettore Majorana. Una sera, a Palermo, parlavamo della sua misteriosa scomparsa con Vittorio Nisticò, direttore del giornale L’ora. Improvvisamente Nisticò ebbe un preciso ricordo: giovanissimo, negli anni della guerra o dell’immediato dopoguerra, insomma intorno al 1945, aveva visitato, in compagnia di un amico, un convento certosino; e ad un certo punto della visita, da un “fratello” […] avevano avuto la confidenza che nel convento, tra i “padri”, si trovava un grande scienziato. ». La certosa di cui parla lo scrittore, ben presto verrà associata a quella di Serra San Bruno. Eppure, Sciascia non ne fa mai il nome. In nessuno dei suoi scritti, infatti, viene esplicitamente indicata la località in cui si sarebbe rifugiato Majorana. Si parala genericamente di “una cittadella dei certosini” senza, mai, associarla al luogo in cui San Bruno trascorse gli ultimi anni della propria esistenza terrena. Come si giunse, quindi, ad identificare il luogo descritto da Sciascia con la Certosa di Serra San Bruno? Il “giallo”, a dire il vero, non durò molto, a rivelarlo, fu un giornalista della “Stampa”, Lorenzo Mondo, in un’intervista del 5 ottobre 1975, nella quale, per la prima volta, Sciascia rivela il luogo in cui ha condotto la sua indagine. Il titolo: “Parlando con Sciascia del fisico e di altre cose”, è corredato da un catenaccio quanto mai esaustivo: “Lo scrittore fa per la prima volta il nome del convento dove sarebbe fuggito lo scienziato: la certosa di Serra San Bruno”. Secondo l’estensore del pezzo: «A Sciascia venne in mente d'occuparsi di Majorana, di fargli posto tra le sue storie siciliane, quattro o cinque anni fa, sulla base di un'intervista rilasciata da Erasmo Recami. […]. Recami lo mise in rapporto con Maria Majorana, la sorella superstite dello scienziato: i documenti - lettere, appunti, testimonianze di amici - sui quali la singolare scomparsa gettava una forte luce di ambiguità, furono un grosso regalo per la disposizione investigatrice e raziocinante di Sciascia. Nei lettori del suo racconto resta però insoddisfatta la curiosità sulle conclusioni. Si sospetta che, dopo avere smontato la tesi del suicidio. Sciascia abbia imboccato, come dire, una « scorciatoia » poetica. « No - dice - sono convinto che sia andata così come ho scritto, che Majorana si sia ritirato in un convento». E’ disposto anche, per la prima volta, a fare il nome della certosa in cui Majorana avrebbe sepolto la sua angoscia per il terrificante potere, appena intravisto, di «una manciata di atomi». Si tratta della certosa di Serra San Bruno, in Calabria, provincia dì Catanzaro. Sciascia c'è stato davvero: ha visto i boschi verdissimi che la circondano e i resti del portico secentesco scampato al terremoto del 1783, ha indugiato nel piccolo cimitero con i trenta tumuli e le trenta croci nere senza nome. Lo ha accompagnato proprio un vecchio, enigmatico frate straniero dallo « sguardo chiaro in cui trascorrono diffidenza e ironia». […] a Serra San Bruno era passato, inseguito dalle sue furie, il colonnello Paul W. Tibbets, l'uomo che il 6 agosto 1945 guidò la missione dell'Eriola Gay su Hiroshima. Quest'ultima storia i certosini, e particolarmente il nuovo priore Dom Anquez, l'hanno smentita più volte, ma continua a sedurre, a muovere visitatori anche da lontano. Per Sciascia questo strano accostamento, preparato dal destino o forse dalla leggenda, tra il primo uomo che diede la « morte per atomo » e un altro che se ne ritrasse inorridito, ebbe il valore di una folgorazione. «Anche se la storia non fosse vera e la certosa di Serra San Bruno non c'entrasse - spiega - l'identificazione da me proposta avrebbe una sua verità».


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