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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Si è chiuso nella mattinata di ieri il sipario sulla tre giorni di volley mercato a Bentivoglio, in provincia di Bologna, presso la Zanhotel & Meeting Centergross. Nell'occasione, sono stati, inoltre, presentati i calendari della Superlega UnipolSai e del campionato di A2 UnipolSai. E adesso, per la Tonno Callipo Vibo Valentia, è già tempo di primi bilanci: la compagine del patron Pippo Callipo è stata sicuramente tra le protagoniste grazie anche all’eccellente performance di coach Fefè De Giorgi, autentico mattatore insieme al giornalista di RaiSport Alessandro Antinelli. Un’allegria e un entusiasmo che hanno contagiato tutti. A far parte della delegazione giallorossa a Bologna, oltre a coach De Giorgi, anche il direttore sportivo Chico Prestinenzi, il vice allenatore Antonio Valentini e il team-manager Giuseppe Defina. E proprio a quest’ultimo è stata affidata l’analisi sulla “tre giorni” di volley mercato. Il dirigente giallorosso vanta, peraltro, una pluriennale esperienza nella kermesse di metà/fine luglio organizzata ogni anno dalla Lega Volley. Da molti anni ormai, Defina è il principale referente della società giallorossa per ciò che concerne l’ufficializzazione dei tesseramenti e le pratiche burocratiche da formalizzare in Lega. Un profondo conoscitore, dunque, della “tre giorni” di volley mercato. "E’ sempre una bella sensazione – ha detto Defina – andare a Bologna e ritrovare amici e addetti ai lavori con i quali si è stipulato nel corso del tempo un rapporto di stima e amicizia. Rispetto agli anni passati, è innegabile che la crisi economica stia facendo sentire i propri effetti. Non ci sono più i botti di mercato di qualche anno fa, ma il volley mercato rappresenta in ogni caso un appuntamento proficuo per tutte le società e gli addetti ai lavori che vi partecipano". Ieri anche il team-manager vibonese ha assistito allo show sul palco di coach Fefè De Giorgi: "Fefè sa perfettamente abbinare il ruolo di allenatore a quello di comunicatore ed opinionista e sa distinguere i due aspetti. E’ stato davvero affascinante vederlo sul palco ad intrattenere la platea insieme ad Alessandro Antinelli". Questo il pensiero di Defina sul calendario della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia: "La partenza ad Ortona non sarà semplice. Andremo a giocare in un palazzetto caldo al cospetto di una squadra ben costruita e che può vantare una buona diagonale palleggiatore-opposto. Credo che sarà un campionato equilibrato, le nostre avversarie contro di noi giocheranno alla morte. Sappiamo di essere i favoriti, ma vogliamo tenere i piedi per terra. Il derby del 26 dicembre contro Corigliano, squadra che ha ambizioni importanti, potrebbe essere il crocevia della stagione. Il fatto di giocare – ha concluso Defina – una volta a settimana sarà un aspetto molto importante per De Giorgi, da questo punto di vista la A2 sarà un campionato molto meno stressante rispetto alla Superlega. Il campionato però è lungo con l’appendice dei play-off dopo la regular season".
LA FORMULA DELLA DEL MONTE COPPA ITALIA SERIE A2 - Ci sarà una società organizzatrice che ospiterà la Final Four in programma sabato 7 e domenica 8 febbraio 2015. Il 6 gennaio di disputeranno i quarti di finale che vedranno ai nastri di partenza le prime sei squadre classificatesi al termine del girone d’andata. Le tre vincitrici si aggiungeranno alla società organizzatrice della F4, qualificata di diritto Nella foto, il team-manager della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia Giuseppe Defina nel pre-partita del match del 6 aprile 2013 contro la Bre Lannutti Cuneo.
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SORIANO CALABRO – Due anni di attese, di speranze, di buoni propositi. Martino Ceravolo sa cosa significa perdere un figlio. Soprattutto se chi, come Filippo, non ha mai avuto problemi con la giustizia. Mai una denuncia, mai un processo. Eppure, ci sono dei casi nei quali la vita, spesso, riserva degli incidenti di percorso. Piccoli o grandi che siano. E la perdita di un figlio, specie se innocente, non può mai passare inosservata. In silenzio, come se nulla fosse accaduto. Da circa due anni Martino Ceravolo conduce una battaglia contro la burocrazia nella giustizia italiana. Ad oggi il volto dell'assassino di Filippo Ceravolo non ha un nome. Colpa della giustizia, o meglio della malagiustizia che, nel nostro Paese, ha spesso ucciso vittime innocenti.
Intanto sono trascorsi quasi due anni dall'omicidio di Filippo, avvenuto la sera del 25 ottobre 2012, quando il giovane si trovava in auto in compagnia di Domenico Tassone, sulla strada che collega Soriano a Pizzoni. Filippo, quindi, aveva deciso di recarsi appunto a Pizzoni per trovare la ragazza ma, al ritorno, ha chiesto un passaggio alla persona sbagliata. Il vero obiettivo dell'agguato era, appunto, Tassone ma il destino ha voluto che a cadere sotto i colpi dei sicari fosse proprio Filippo Ceravolo.
Nonostante il tempo trascorso, Martino Ceravolo non ha ancora avuto giustizia e, per cercare di smuovere quantomeno le coscienze, nella mattinata odierna si è incatenato davanti alla prefettura d Vibo Valentia, portando con sé anche una tanica di benzina. Vista la situazione, il capo dell'Utg Giovanni Bruno ha deciso di ricevere Martino per capire un po' la situazione: «Il prefetto – ha detto il papà di Filippo – si è dimostrato sensibile verso l'argomento. Ha detto che farà il possibile affnché si possa arrivare presto a una solzuione e seguirà passo dopo passo l'evolversi della vicenda. Così come mi ha assicurato che farà il possibile affinché Filippo sia riconosciuto vittima di mafia e di questo lo ringrazio. Se, però – ha aggiunto Martino – non ci saranno risposte certe in tempi brevi allora sarò disposto anche a sacrificare la mia vita: mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco».
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Il 18 luglio 1974, giusto 40 anni orsono, moriva a Roma Mons. Bruno Pelaia, Vescovo di Tricarico. È stato l’ultimo, in ordine cronologico, dei prelati figli di Serra San Bruno, feconda terra di spiritualità. I suoi predecessori, li ricordiamo, furono: Mons. Domenicantonio Peronaci (1682 – 1775) vescovo di Umbriatico; Mons. Domenico Giancotti, vescovo di Isola Capo Rizzuto; Mons. Giuseppe Barillari, Pastore di Cariati (1847-1902); coevo a questi fu Mons. Biagio Pisani (1850 - 1919), arcivescovo di Famagosta, Cesarea e Lepanto; l’arcivescovo di Rossano Calabro, Mons. Bruno Maria Tedeschi, morto a Salerno nel 1843.
Il nostro Mons. Bruno Pelaia nasceva, sulle sponde dell’Ancinale e all’ombra della millenaria Certosa, il 27 maggio 1903. Nasceva, come ci ricorda il compianto Sharo Gambino nel suo “Sull’Ancinale…” (Ed. Mit. 1982), «da umile famiglia nella quale c’era stato già un suo zio prete memorabile per bontà e semplicità, don Angelo Pelaia, morto per improvviso attacco cardiaco mentre sull’altare della chiesa dell’Addolorata, dove era padre spirituale, stava officiando il vespro».
Compiuti gli studi ginnasiali nel Seminario di Squillace, il seminarista Pelaia passò al Seminario Regionale di Catanzaro per gli studi liceali e teologici e conseguita la laurea in Sacra Teologia, è stato ordinato sacerdote il 29 luglio 1928 da Mons. Giovanni Fiorentini, arcivescovo di Squillace-Catanzaro e già vescovo di Tricarico. Nello stesso anno si portava a Roma per frequentare il corso triennale di specializzazione in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico e qui, nel 1931, conseguiva la licenza in Materie Bibliche.
Sempre nello stesso anno gli veniva affidata, dalla Sacra Congregazione dei Seminari ed Università degli Studi, la cattedra di Sacra Scrittura, Ebraico e Greco biblico, prima nel Seminario Regionale di Chieti, quindi in quello di Catanzaro e poi nel Pontificio Regionale di Reggio Calabria.
Di nuovo a Catanzaro, dal 1954, nel ricostruito Seminario Teologico, distrutto dai bombardamenti, e qui vi rimaneva per molti anni. In questo trentennio è stato apprezzato e chiarissimo maestro portando l’alto livello scientifico del Cardinale Agostino Bea e di Padre Alberto Vaccari, dei quali era stato fedele allievo. Tanti sono i suoi lavori editoriali lasciatici in eredità: Traduzione dai testi originali, ebraico ed aramaico, dei libri di Esdra e Neemia (Ed. Marietti, Torino 1957); La Rivelazione (Lezioni di Teologia per Laureati, Reggio C. 1947); la collaborazione per la sezione biblica alla Enciclopedia Ecclesiastica (Marietti - Vallardi 1941); alcune monografie su: Sant’Alberto Magno (Chieti 1932), L’abbandono di Gesù in Croce (Roma 1934), L’Eucarestia nel Vangelo (Teramo 1935), L’apostolato nel pensiero e nel cuore di S. Paolo (Roma 1936), Il Professor Francesco Scerbo, orientalista calabrese (Milano 1958), Eschatologia messianica Quarti Libri Esdrae (Roma 1931)
Così scriveva il Bollettino Diocesano di Tricarico nel 1960: «Singolarmente impegnativo è l’insegnamento dell’esegesi e delle altre materie bibliche, sicché prendono molte ore di studio ed obbligano ad un continuo aggiornamento. Ma il prof. Pelaia ha sempre voluto mettere a servizio della Chiesa, oltreché il suo intenso studio, anche il suo sacerdozio. Sacrificando perciò il tempo del suo riposo, ascoltava volentieri le confessioni ed impartiva la direzione spirituale ai seminaristi...assolveva con la precisione e la competenza, che lo distinguono, il delicato compito di confessore ordinario e straordinario delle comunità religiose affidategli dagli Ecc.mi Vescovi; si prestava ben volentieri nel ministero delle confessioni anche al popolo...L’A. C. ha trovato in Monsignor Pelaia il sacerdote assistente ed il maestro nei corsi regionali e diocesani, sia per la FUCI che per la G. F., per i Laureati ed i Maestri Cattolici, domandandovi bontà sacerdotale e chiarezza di dottrina. In questo succedersi di lavoro senza pausa, è doveroso ricordarlo, mai fu vinto da stanchezza o impazienza, ma l’affabilità ed il sorriso erano la veste e l’anima del suo apostolato....Ovunque Mons. Pelaia si distingueva per serenità e precisione, fedeltà e praticità».
Nel 1960, il 29 giugno festa di San Pietro, nella Basilica dell’Immacolata di Catanzaro, Bruno Maria Pelaia riceveva, dall’allora arcivescovo catanzarese Armando Fares, la Consacrazione Episcopale. Il 14 agosto, accolto festosamente da clero e fedeli, arrivava a Tricarico, in provincia di Matera, doveva iniziava il suo apostolato di Pastore prima come vescovo titolare di Landia, quindi Coadiutore del vescovo di Tricarico Mons. Raffaello Delle Nocche e, alla morte di questi, Vescovo di quella Chiesa il 10 febbraio 1961, prendendone solenne possesso l’11 maggio 1961.
È stato uno zelante, amico e severo Pastore della sua Chiesa e soprattutto un Padre, un Padre particolarmente rivolto ai suoi seminaristi, ai quali donava tutto il suo interesse, li aiutava nei problemi personali, li aiutava anche materialmente perché potessero proseguire con serenità i loro studi e per essi istituì con i propri risparmi una borsa di studio diocesana e segnatamente per quelli più bisognosi. E ancora. Il magistero pastorale di Mons. Pelaia, durante i suoi quattordici anni di episcopato, si è sviluppato in vari modi: dai discorsi e dalle conferenze, dalle esortazioni semplici per i fedeli semplici e soprattutto attraverso le dodici lettere pastorali indirizzate a clero e popolo finalizzate al richiamo alla fede, alla fedeltà alla chiesa, all’autentica e genuina interpretazione del Concilio. Scriveva nella 1^ Lettera Pastorale: «Siate fermi nella fede in Dio Padre Onnipotente, senza di cui non si comprende il mondo, la vita, il nostro destino, la storia stessa. Una raffica violenta di materialismo ateo si appresta, con malcelata baldanza, ad avvelenare le nostre popolazioni semplici e laboriose con orpelli di progresso, di scienza e di benessere».
Ed in altra Lettera: «La fede è adesione personale, convinta, sofferta, che non può trovare surrogati di nessun genere;... è il “sì” che consente al pensiero divino di entrare nel nostro, per arricchirlo, per illuminarlo e per conseguenza impone alla nostra vita scelte nuove e impegnative, non solo nel settore intellettuale e ideologico ma anche e soprattutto in quello morale, professionale e familiare».
Il Prelato serrese avrebbe voluto donare di più, «dolente se per motivi di salute non sempre ho potuto mettere in opera quanto avrei desiderato e talvolta anche dovuto», chè i suoi quattordici anni di episcopato tricaricese furono caratterizzati da condizioni fisiche assai precarie con frequenti ricoveri ospedalieri. Le note delle “Attività del Vescovo” si son fermate al 31 dicembre 1973. E però non si rese estraneo alla vita della Diocesi, fu sempre “presente”.
Ma, confortato dalla presenza affettuosa di pochissimi intimi e di alcuni familiari che erano sopraggiunti da Serra San Bruno, all’età di 71 anni, Mons. Bruno Maria Pelaia si è spento a Roma alle 9.30 del 18 luglio 1974. Aveva tanto amato la sua Serra, non se n’era mai dimenticato, vi tornava sempre d’estate, nella casa del fratello Angelo e circondato dai devotissimi nipoti, per ossigenare il corpo e rinforzare la sua spiritualità davanti alla tomba del Santo di Colonia. Chi scrive lo ricorda nelle sue passeggiate serali nei pressi della chiesetta di san Rocco assieme ai giovani seminaristi serresi oggi apprezzati e amati sacerdoti.
Serra San Bruno, la madre terra, lo ha sempre amato e cercato. E dalla Serra San Bruno di oggi, Mons. Bruno Pelaia meriterebbe maggiore attenzione e memoria anche in questo 40° della sua morte.
Mimmo Stirparo
La sanità regionale affossa sempre più. Ora, come già era nell’aria da tempo, a chiudere battenti potrebbe essere il Popolo oncologico della Fondazione Campanella di Catanzaro, unico centro oncologico di eccellenza nell’intera regione. Il provvedimento, che porterà contestualmente anche al licenziamento irreversibile dei 180 dipendenti occupati nella struttura, è stato reso noto qualche ora fa dai vertici amministrativi e sanitari dello stesso Polo.
Il management della fondazione Campanella è stato, infatti, costretto ad avviare la procedura che porterà, a partire dal prossimo giovedì 17 luglio, alla soppressione di tutte le attività di ricovero ed ambulatoriali, svolte fino ad ora nella struttura di Germaneto. Secondo quanto comunicato dagli stessi dirigenti del Campanella, «non vi sono più le condizioni per garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari».
La decisione è stata ufficializzata anche tramite una lettera indirizzata all’attenzione del Governo, dove testualmente viene indicato come il Centro oncologico – di proprietà della Regione Calabria e dell’Università Magna Græcia di Catanzaro – sia stato trasformato nel tempo «in una clinica privata e ridotto in una situazione economica disastrosa, costretto a chiedere in prestito farmaci alle altre strutture sanitarie per non interrompere le cure dei propri pazienti».
Nella stessa missiva sottoscritta direttamente dal Direttore generale Mario Martina e dal Presidente Paolo Falzea, viene sottolineato, inoltre, come l’imminente soppressione riguardi il fallimento di un «progetto culturale» imprescindibile per la rete sanitaria ed universitaria calabrese e non solo. Un dramma che «sta facendo affondare la Fondazione in un mare di debiti costringendola a chiudere i battenti» con circa, al momento, 500 pazienti «che sono in cura presso il Centro costretti a trovare un'altra struttura». Tutto ciò, viene fatto notare, «mentre nella vicina Crotone sta avviando la sua attività un Centro oncologico veramente privato».
Già lo scorso 19 maggio tutti i soggetti istituzionali interessati alla questione erano stati informati della condizione a dir poco complicata in cui verteva il presidio. In seguito il consiglio regionale ed il presidente dalla giunta regionale facente funzioni, Antonella Stasi, avevano dichiarato l’intenzione di avviare tutte le procedure utili a perseguire una giusta risoluzione del problema, tanto che la paventata soppressione era stato prolungata proprio fino alla scadenza del 17 luglio prossimo. Ma, a soli sei giorni di distanza, come rimarcato dalla lettera presentata oggi, «non si sa se e quando saranno trasferite le risorse necessarie per poter acquistare farmaci, dispostivi medici e pagare gli stipendi ai dipendenti». «Per la gestione di tutte le attività – si aggiunge nella nota – da parte della Fondazione sono necessari circa 30 milioni all'anno; ne sono stati previsti solo 10 milioni. Solo per la gestione delle attività non oncologiche un'apposita commissione paritetica Università - Regione ha stabilito il costo in circa 26 milioni all'anno».
«Sarà sempre la Regione – continua la nota – nei prossimi anni a pagare comunque i debiti accumulati dopo aver distrutto una struttura ove sono presenti eccellenti competenze che non possono essere sminuite nella loro professionalità da miopie di vario genere. Quotidianamente siamo costretti a ricorrere allo scambio al prestito di farmaci con altri ospedali della Regione; le case farmaceutiche si rifiutano di fornire i farmaci e dispositivi medici che comunque devono essere pagati in anticipo dopo estenuanti trattative». Nel comunicato è evidenziato inoltre che «già dal 14 luglio non sarà possibile effettuare presso la Fondazione le Pet. Nei prossimi giorni si darà corso ad ulteriori iniziative giudiziarie nella speranza che sia ancora la volta la magistratura ad intervenire per ripristinare il diritto alla salute dei cittadini calabresi».
È stato necessario l’intervento dei Vigili del fuoco per sedare l’incendio di un consistente cumulo di rifiuti ammassato in uno slargo adiacente a via Giacomo Matteotti, nel cuore del centro abitato di Serra San Bruno. Le fiamme, divampate poco dopo le 22 di ieri sera, hanno interessato diverse buste di immondizia accumulate in fondo alla piazza, adibita a parcheggio comunale, sita a pochi metri di distanza dallo storico quartiere “Zaccanu” dove, tra le altre cose, c’è anche l’edificio che fu l’abitazione del celebre “poeta scalpellino” mastro Bruno Pelaggi.
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