Quella di Pasquale Andreacchi, il 18enne di Serra San Bruno barbaramente ucciso nell'ottobre di cinque anni fa, è una morte che, fino ad oggi, è rimasta impunita.

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mini martinocerSORIANO CALABRO - “Spero tanto che questa storia possa avere al più presto possibile un epilogo, che sia fatta piena luce sull'omicidio di mio figlio ma, soprattutto, che siano individuati i responsabili”. A dirlo ai microfoni di "A Sangue freddo" - programma condotto da Nadia Donato e Loredana Colloca sull'emittente tv LaC - è Martino Ceravolo, papà di Filippo, il giovane ucciso per errore nell'ottobre di due anni fa sulla strada che collega Pizzoni a Soriano Calabro. “Mi rivolgo ancora una volta al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, affinchè si faccia carico di questo caso, altrimenti è chiaro che se non ci dovessero essere risposte nel più breve tempo possibile, allora farò una protesta personalmente a Roma. Non vorrei vedere – ha aggiunto Martino – altri ragazzi di 19 anni in una bara bianca così come successo a mio figlio”.

Il fatto, come si ricorderà, risale al 25 ottobre 2012. Era di giovedì. Quella sera Filippo aveva deciso di recarsi a Pizzoni per trovare la ragazza. Non ci sarebbe rimasto, poi, molto, perchè il giorno seguente il giovane di Soriano avrebbe dovuto alzarsi presto al mattino per andare al lavoro con il padre in giro per i mercati della zona. Fatta una certa ora, Filippo ha deciso di rincasare e, nel farlo, ha chiesto un passaggio a Domenico Tassone. Tanti sono state fino ad ora i giovani morti ammazzati. Filippo, però, a differenza di molti altri, era un innocente. Un ragazzo che non ha mai avuto problemi con la giustizia ma che, alla fine, ha pagato con il prezzo più caro la scelta di salire in macchina con la persona sbagliata. Obiettivo dei sicari, infatti, era proprio Tassone ma, per una pura fatalità, uno sbaglio, gli assassini hanno colpito, uccidendo Filippo, molto qualche ora dopo all'ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia.

A distanza di oltre due anni, dunque, la famiglia Ceravolo attende di avere giustizia. Attende di conoscere chi, quella sera, ha avuto il coraggio di sparare senza accorgersi che in quella macchina c'era anche Filippo. Pretende che sul caso sia fatta piena luce. E lo Stato ha il dovere di dare giustizia, perchè un omicidio come quello di Filippo, a distanza di due anni, non può rimanere impunito.

 

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polizia alt2Le Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro hanno tratto in arresto Nunzio Manuel Callà, 28enne, coinvolto nell'operazione "Gringia" scattata alla fine del 2012, che ha fatto luce su alcuni omicidi rientranti nell'ambito della faida tra le cosche del Vibonese. Callà è stato sorpreso in un casolare di campagna, a Spilinga. Assieme a lui c'era anche Bruno Pisano, finito in manette con l'accusa di favoreggiamento. Durante una perquisizione, gli agenti hanno trovato bottiglie di champagne, confezioni di gamberoni e 9.500 euro in contanti. Nel nascondiglio c'erano anche documenti che gli agenti hanno definito "di estrema importanza investigativa" e sui quali sono in corso accertamenti.

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mini consigliosorianoSORIANO CALABRO – Disco verde del consiglio comunale sull'intitolazione di un campo da tennis a Filippo Ceravolo, il giovane ucciso per errore due anni fa sulla strada che collega Pizzoni a Soriano. Accolta, dunque, la richiesta della minoranza, che inizialmente aveva avanzato la proposta di intitolare il campo di calcetto, poi modificata in quanto questo era già intitolato ad una ragazza morta anni fa. "Ci sembra legittimo – avevano dichiarato i componenti dell'opposizione prima della seduta - intitolare un' area frequentata da giovani nel nome di Filippo Ceravolo, affinché questo servi a ricordarlo per come lo conoscevamo tutti, un giovane amante dello sport". Oltre a questo, il consiglio ha dato il via libera anche ad un altro punto, per ricordare la figura di Filippo, ovverosia l'istituzione di una borsa di studio di un valore di 500 euro, le cui modalità verranno concordate nei prossimi giorni con la preside dell'istituto comprensivo. Nonostante tutto, però, non sono mancate le polemiche: prima ancora venisse dichiarata chiusa la seduta, il papà di Filippo, Martino Ceravolo, ha chiesto di intervenire, ma il presidente del Consiglio, Vincenzo Bellissimo, ha replicato dicendo di “aspettare la fine del consiglio, perchè questo prevede la procedura”. Gli animi, quindi, si sono surriscaldati, tanto che è stato necessario l'intervento delle forze dell'ordine. Il sindaco Francesco Bartone ha, dunque, preso la parola, criticando la minoranza, rea a suo dire di “strumentalizzare il tutto e di cavalcare l'onda del disagio”. Critiche, queste, che la minoranza ha subito respinto. Al termine della seduta, Martino Ceravolo è riuscito, comunque, a fare il suo intervento, scagliandosi contro amministrazione e mondo dell'associazionismo, “colpevoli di aver lasciato da sola la mia famiglia nell'organizzazione della fiaccolata che si sarebbe dovuta tenere il 25 ottobre prossimo. Ed, invece – ha proseguito il papà di Filippo – ho deciso che non ci sarà nessuna fiaccolata, soltanto una messa per il secondo anniversario dall'omicidio di mio figlio”.

Omicidio che, come in molti ricorderanno, è avvenuto la sera del 25 ottobre 2012, quando il giovane si trovava in auto in compagnia di Domenico Tassone. Filippo aveva deciso di recarsi a Pizzoni per trovare la ragazza e, al ritorno, aveva chiesto un passaggio proprio a Tassone, vero obiettivo dei sicari. Per una tragica fatalità, il destino ha voluto che a morire fosse proprio Filippo. 

 

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mini filippo_ceravolo_2SORIANO CALABRO – Filippo Ceravolo, il giovane ucciso per errore la sera del 25 ottobre di due anni fa, è stato riconosciuto vittima di Mafia. L'annuncio è stato dato dal padre Martino, ospite ieri sera alla trasmissione “Il rinoceronte”, condotta da Michel Dessì e in onda sul canale SUD 656. Nel corso della puntata, il papà di Filippo ha ripercorso un po' le fasi dell'omicidio del figlio, 19enne di Soriano, “colpevole” di trovarsi quella sera nel posto sbagliato e, soprattutto, con la persona sbagliata.

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Venerdì, 12 Settembre 2014 09:28

Argentina, arrestato il boss Pantaleone Mancuso

mini gendIl boss della 'ndrangheta, Pantaleone Mancuno, 53 anni detto "l'ingegnere" - tra gli eredi designati della nota consorteria mafiosa di Limbadi - è stato fermato il 29 agosto scorso mentre tentava di attraversare la frontiera a bordo di un bus diretto in Brasile. La gendarmeria argentina, però, ha diffuso soltanto ora la notizia, spiegando anche che, a breve, verranno avviate le procedure per la sua estradizione in Italia.

Mancuso è accusato di associazione mafiosa e duplice tentato omicidio. L'uomo, inseguito da un mandato di cattura internazionale, era latitante da tempo. Luni "l'ingegnere", nel momento in cui è stato fermato dalla gendarmeria, era in possesso della somma di 100mila euro in contanti e di un passaporto intestato a Luca De Bortolo. Ad incastrarlo, però, sono state le impronte digitali. 

 

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mini carabinieri_124SORIANO CALABRO - A distanza di quasi un anno, l'assassino di Lucia Ioppolo - 85enne soffocata nella propria abitazione a seguito di un tentativo di rapina finito male - ha adesso nome e cognome: si tratta di Erdei Romeo Bogdan, 23enne romeno, arrestato nel suo Paese dalla Polizia nazionale, tramite il Dipartimento centrale di Polizia criminale. L'uomo, vicino di casa dell'anziana, è stato incastrato grazie al Dna rinvenuto sotto le unghie della donna. 

Il fatto risale al 23 novembre scorso, quando Lucia Ioppolo è stata trovata morta nella sua casa Soriano. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno, guidati dal capitano Stefano Esposito Vangone, ed il medico legale il quale ha ricondotto il decesso della donna a soffocamento. Gli inquirenti, poi, tramite anche la collaborazione di diverse persone, sono riusciti a risalire proprio al 23enne, rifugiatosi in Romania a seguito dell'omicidio. 

 


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mini toga_tribunaleIl sostituto procuratore generale di Catanzaro, Marisa Manzini, nell'ambito del processo antimafia “Luce dei Boschi” ha formulato richieste alla Corte d'Assise d'Appello di un ergastolo e condanne complessive per 43 anni e 10 mesi di reclusione all’indirizzo di nove imputati, accusati di far parte della ‘ndrangheta delle Preserre vibonesi. La pena dell'ergastolo è stata chiesta per Vincenzo Loielo (5 anni in primo grado) accusato del duplice omicidio di Rocco Maiolo ed Emanuele Fatiga. Mentre, 10 mesi è invece la pena richiesta per Enzo Taverniti (collaboratore di giustizia), 6 mesi per Michele Ganino (collaboratore), 4 anni per Francesco Maiolo, 2 anni per Giuseppe La Robina, 3 anni per Rocco Oppedisano (collaboratore), 8 anni per Piero Sabatino, 2 anni per Damiano Zaffino, 8 anni per Angelo Maiolo e 10 anni e 4 mesi per Antonio Forastefano (anch’esso collaboratore di giustizia ed imputato per duplice omicidio). Il processo “Luce dei boschi” ha acceso i riflettori sulla cosiddetta “locale di Ariola”, attiva già dagli anni '80 nel Vibonese. In particolare sono emersi durante la fase inquisitoria importanti elementi sulla faida fra i clan Loielo di Gerocarne e Maiolo di Acquaro. Parti civili nel processo i comuni di Gerocarne, Arena, Acquaro, Dasà, Sorianello, Soriano, Pizzoni, Vazzano e Confindustria Calabria.

 

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mini polizia-1Avrebbero utilizzato l'ex carcere di Vibo, chiuso ormai dal lontano 1995, per custodire all'interno delle armi. Con questa accusa gli uomini della Squadra Mobile hanno arrestato il 35enne Sergio Gentile (che ha già scontato una condanna per omicidio) ed un suo conoscente, Antonio Iannello, di 34 anni. 

Nell'ex carcere "Sant'Agostino" la Polizia ha rinvenuto un fucile a canne mozze ed una pistola clandestina. Trovate anche alcune lampade alogene, che tra l'altro sarebbero state alimentate attraverso un allaccio abusivo all'Enel, che dovevano servire per avviare una coltivazione di canapa indiana. 

Gentile era da poco era tornato in libertà, in quanto aveva già scontato una pena di  7 anni di carcere per l’omicidio di Michele Fedele, avvenuto nel 1999 in viale Kennedy a Vibo Valentia. Omicidio, questo, che sarebbe stato la conseguenza di un diverbio che Fedele ebbe all'epoca con il padre di Gentile. 

 

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de masi thyssenTORINO - Si riapre la vicenda giudiziaria sull’incendio dello stabilimento ThyssenKrupp, l'acciaieria di Torino in cui, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, divampò un tragico rogo che provocò sette vittime - tutti operai - tra cui il giovane Giuseppe Demasi, all’epoca 26enne, i cui genitori sono originari di Fabrizia.

Nella serata di ieri le sezioni unite penali della Cassazione, inaspettatamente, hanno annullato con rinvio le condanne a danno dei manager imputati per il rogo della ThyssenKrupp, multinazionale tedesca leader nel settore dell'acciaio. Quindi, contrariamente alle sentenze precedenti, i giudici supremi hanno confermato la responsabilità degli imputati per omicidio colposo ma allo stesso tempo hanno annullato una parte della sentenza di appello che riguarda una circostanza aggravante, riferita – secondo la difesa - alle omesse misure di sicurezza. Ci sarà bisogno quindi di un nuovo processo d’appello per rideterminare le pene.

Il verdetto ha scatenato la rabbia dei familiari delle vittime, tanto che proprio in seguito alla pronuncia della sentenza, fuori dall’aula, si sono levate le urla di dissenso da parte di molti dei presenti. «Avete scelto di non decidere in modo che questi vigliacchi non vadano in carcere», hanno gridato alcuni parenti degli operai che persero la vita nel tragico incidente di sei anni e mezzo fa.

Si attendono quindi le motivazioni della decisione, soprattutto perché il procuratore generale Carlo Destro aveva chiesto la conferma delle pene inflitte in appello per omicidio colposo: 10 anni di reclusione per l’ex amministratore delegato, Harald Espenhahn, e dai 9 ai 7 anni per i dirigenti Gerald Priegnitz e Marco Pucci, il direttore dello stabilimento Raffaele Salerno, il responsabile dell’area tecnica Daniele Moroni e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri. Pene che erano comunque state ridotte rispetto alla sentenza di primo grado del 15 aprile 2011, in cui Espenhahn - con una decisione definita all’epoca «un verdetto senza precedenti per i casi di morte sul lavoro» - era stato condannato per omicidio volontario con dolo eventuale. Ora, però, le pene per gli imputati dovranno essere rideterminate.

 

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