mini polizia-di-statoSarebbero tra gli esponenti della cosca Procopio-Mongiardo, i mandanti – nonché esecutori – del tentato omicidio che si è consumato nell’ottobre 2010 nei confronti di Antonio Gullà, presunto azionista, secondo gli inquirenti, della fazione opposta denominata Sia-Vallelunga. Le suddette responsabilità sarebbero state attribuite dagli inquirenti nell’ambito dell’operazione che ha portato all’arresto, su disposizione della Procura distrettuale antimafia, di 20 persone appartenenti al clan Procopio-Mogiardo, operanti nei comuni del basso versante ionico catanzarese e collegata alle famiglie Gallace di Guardavalle e Gallelli di Badolato. 

Secondo quanto detto dagli inquirenti «le indagini, condotte dalla Mobile, avrebbero consentito di dimostrare come gli arrestati siano responsabili, oltre che di associazione per delinquere di stampo mafioso, anche di una serie di danneggiamenti a imprenditori e attività commerciali alle quali sarebbero state imposte richieste estorsive nonché di un fiorente traffico di armi da parte di alcuni sodali che utilizzavano un canale di approvvigionamento al quale partecipavano soggetti di origine calabrese ma residenti in Svizzera».

A uno dei capi cosca, il presunto boss Mario Mongiardo, viene anche contestato il fatto di aver minacciato un giornalista, con l'aggravante dalla metodologia mafiosa.

Di seguito i nomi degli arrestati:

Gerardo Procopio ('60)

Giuseppe Mongiardo ('60)

Domenico Procopio ('64)

Gregorio Procopio ('64)

Roberto Andracchio('65)

Francesco Procopio ('84)
 
Alessandro Borgnis ('87)
 
Francesco Ranieri ('85)
 
Antonio Procopio ('90)
 
Francesco Agresta ('81)
 
Michele Lentini ('71)
 
Santino Procopio ('83)
 
Alberto La Rosa ('55)
 
Angelo Aloi ('89)
 
Roberto Ierace ('84)
 
Giuseppe Corapi ('83)
 
Carmine Procopio ('87)
 
Giuseppe Fiorentino ('86)
 
Michele Matarese ('76)
 

 

 

 

 

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toga tribunaleLa corte d’Appello ha confermato ieri le condanne a danno di ben nove dei dieci imputati coinvolti nel processo contro il clan Sia-Procopio-Tripodi, operante nel Soveratese ed in altri comuni dello basso Jonio Catanzarese. L’operazione "Show down" - coordinata dai procuratori Vincenzo Lombardo e Giuseppe Borrelli e condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e della Compagnia di Soverato, nonché dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - era stata avviata in seguito ad un presunto caso di “Lupara bianca” legato alla scomparsa di Giuseppe Todaro, avvenuta il 22 dicembre del 2009. Successivamente gli inquirenti si resero autori di un blitz portato a termine attraverso due diverse tranche: la prima scattata all’alba del 15 dicembre 2011 con l’esecuzione di un provvedimento di fermo a carico di diciotto persone; l’altra effettuata tre anni dopo, il 10 maggio scorso, con la notifica di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di dodici persone e di obbligo di firma per altre tre. L’inchiesta ha fatto luce sulla “faida” interna sorta tra i due schieramenti - originariamente alleati - dei Sia e dei Todaro, sostenuti rispettivamente dalle cosche Vallelunga e Novella da un lato e da quella dei Gallace dall’altro. Contrasti intestini che hanno portato ad una vera e propria guerra di mafia con decine di omicidi commessi a cavallo tra il 2009 ed il 2011.

Le accuse contestate, a vario titolo, riguardano i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona, estorsione, rapina, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, omicidio e occultamento di cadavere.

Rispetto alla sentenza di primo grado, emessa il 22 aprile del 2013, i giudici della Corte d’appello di Catanzaro - presieduta da Anna Maria Saullo, con consiglieri Maria Teresa Carè e Vincenzo Galati - hanno ridotto la sola condanna inflitta a Francesco Vitale - per il quale è stata esclusa l’aggravante mafiosa - riducendola da 1 anno di reclusione e 300 euro di multa, fino a 8 mesi e 200 euro. Per tutti gli altri imputati invece sono state confermate le sentenze di primo grado, compresa quella a danno di Vincenzo Alcaro, 47 anni, nato a Soverato, ex brigadiere dei carabinieri in servizio presso il reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perché - secondo gli inquirenti - avrebbe fornito ai componenti dell’associazione mafiosa informazioni sulle indagini svolte dai colleghi nei confronti della stessa cosca Sia-Procopio-Tripodi.

Le altre condanne risultano invece tutte convalidate rispetto a quanto proposto in primo grado:
Patrick Vitale a 7 anni, 6 mesi e 20 giorni;
Giuseppe Santo Procopio a 6 anni e 8 mesi;
Vincenzo Bertucci a 5 anni e 8 mesi;
Angelo Procopio a 4 anni e 8 mesi;
Pannia Salvatore a 4 anni e 935 euro;
Bruno Procopio a 3 anni e 4 mesi;
Vincenzo Todaro a 1 anno e 4 mesi;
Vincenzo Ranieri a 6 mesi 20 giorni e 1000 euro.

 

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mini SoveratoDodici condanne, a pene comprese tra 8 mesi e 7 anni, e tre assoluzioni. È questa la sentenza emessa dal giudice per le udienze preliminari di Catanzaro, Assunta Maiore, al termine del processo con rito abbreviato nei confronti dei presunti appartenenti della cosca di 'ndrangheta dell'area ionica del soveratese Sia-Procopio-Tripodi coinvolti nell'inchiesta “Show Down” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia.
A conclusione della requisitoria il pubblico ministero aveva chiesto 15 condanne a pene comprese tra i 3 ed i 14 anni di reclusione. A 6 anni di reclusione è stato condannato Vincenzo Alcaro, il brigadiere dei carabinieri in servizio al reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa; 3 anni e 4 mesi a Bruno Procopio, Vincenzo Bertucci (5 anni e 8 mesi), Patrick Vitale (7 anni 6 mesi), Francesco Vitale e Giuseppina Mirarchi (1 anno), Pannia Salvatore (4 anni), Pietro Danieli (8 mesi), Angelo Procopio (4 anni e 8 mesi), Giuseppe Santo Procopio (6 anni e 8 mesi), Vincenzo Ranieri (6 mesi e 20 giorni), Vincenzo Todaro (1 anno e 4 mesi). Sono stati assolti Daniela Iozzo, Pietro Aversa detto “Mister” e Vincenzo Mirarchi. Per gli altri indagati nell'inchiesta “Show down” è in corso il processo davanti ai giudici del tribunale che riprenderà il 3 giugno. Nei confronti di altre tre persone, Maurizio Tripodi, Michele Lentini e Davide Sestito, si svolgerà il processo davanti alla Corte d'assise perché accusati dell'omicidio e occultamento di cadavere di Giuseppe Todaro.
L'operazione condotta dai carabinieri portò all'arresto di una quarantina di persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, rapine, sequestro di persona e traffico di droga. Le indagini hanno avuto inizio dopo la scomparsa, nel dicembre del 2009, di Giuseppe Todaro, vittima di lupara bianca. 

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Martedì, 05 Febbraio 2013 18:15

Cosche del Soveratese, le richieste del pm

mini SoveratoMano pesante del pubblico ministero Vincenzo Capomolla contro i presunti appartenenti della cosca Sia-Procopio-Tripodi, operante nel Soveratese. Il pm - nell'ambito dell'operazione ''Showdown'' - ha chiesto al giudice per le udienze preliminari, Assunta Maiore, condanne con pene variabili dai 3 ai 14 anni di reclusione. Tra le persone coinvolte c'è anche il brigadiere dei carabinieri, Vincenzo Alcaro, per il quale sono stati richiesti 10 anni di carcere, in quanto accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Le altre condanne riguardano Daniela Iozzo (4 anni), Bruno Procopio (3 anni e 8 mesi), Pietro Aversa (6 anni), Vincenzo Bertucci e Patrick Vitale (12 anni), Francesco Vitale (4 anni), Vincenzo e Giuseppina Mirarchi e Pietro Danieli e Vincenzo Todaro (3 anni), Angelo e Giuseppe Santo Procopio (10 anni) e Vincenzo Ranieri (8 anni).
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mini santo_procopioEra latitante dal 15 dicembre dello scorso anno, quando era riuscito a sfuggire all'arresto ordinato dalla Dda di Catanzaro nell'ambito dell'operazione "Showdown". Giuseppe Santo Procopio, 27 anni, è stato catturato stamattina dai carabinieri di Catanzaro. L'operazione in cui è coinvolto aveva già portato in carcere diversi presunti affiliati del cartello Sia-Procopio-Tripodi (Soverato, Davoli), accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, sequestro di persona, occultamento di cadavere, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Il clan, attivo nel Soveratese con l'appoggio dei Vallelunga di Serra San Bruno, è contrapposto ai Gallace-Ruga-Leuzzi (Guardavalle, Monasterace, Stignano) nella feroce guerra di 'ndrangheta (la seconda "faida dei boschi") che tra il 2010 e il 2011 ha insanguinato il triangolo di territorio compreso tra le Serre, Soverato e il basso Jonio catanzarese.

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mini I-gemelli-Nicola-e-Vito-GrattaE' stato rinviato al 24 gennaio il processo a tre persone accusate del duplice omicidio dei fratelli gemelli Vito e Nicola Grattà (foto), di 45 anni, avvenuto a Gagliato l'11 giugno 2010 nell'ambito, secondo l'accusa, dello scontro tra le cosche della zona ionica catanzarese e reggina e del vibonese. Il processo, in cui sono imputati Alberto Sia, Patrik Vitale, e Giovanni Catrambone, è stato rinviato alla luce delle dichiarazioni di un nuovo pentito di 'ndrangheta, Bruno Procopio. E' stato il pm della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, a depositare, nel corso dell'udienza con rito abbreviato celebrata davanti al gup, i verbali resi da Procopio, che ha iniziato a collaborare dal 20 dicembre scorso, dopo essere stato arrestato nell'ambito dell'operazione "Showdown" condotta dai carabinieri contro le presunte cosche Sia-Procopio-Tripodi che operano nella zona di Soverato. Bruno Procopio, figlio di Fiorito Procopio che, secondo gli inquirenti, sarebbe uno dei principali esponenti del 'locale' di 'ndrangheta di Soverato, nelle dichiarazioni rese a Capomolla ha parlato anche del duplice omicidio dei due fratelli di Gagliato e per questo il pm ha deciso di chiederne l'audizione. Il collaboratore sara' sentito in videoconferenza. I tre  imputati sono stati arrestati dai carabinieri il 2 luglio 2010 su provvedimento emesso dalla Dda di Catanzaro. Una delle vittime della faida e' stato proprio il boss Vittorio Sia, padre di Alberto, ucciso in un agguato il 22 aprile del 2010. L'agguato mortale contro Vittorio Sia sarebbe all'origine, secondo l'accusa, del duplice omicidio dei fratelli Gratta'. Alberto Sia, insieme a Vitale e Catrambone, e' sospettato di avere rubato lo scooter utilizzato per l'agguato ai fratelli Gratta'.
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mini f._rombolaBruno Procopio, 24enne di Davoli coinvolto nell'operazione della Dda di Catanzaro sulla faida del Soveratese scattata giovedì scorso, avrebbe manifestato l'intenzione di collaborare con la giustizia, e avrebbe iniziato a farlo già sabato scorso durante gli interrogatori di garanzia svoltisi di fronte al Gip Antonio Rizzuti. Da quello che si è riusciti ad apprendere, pare che Procopio si sia autoaccusato dell'omicidio di Ferdinando Rombolà (foto), freddato in spiaggia a Soverato l'estate scorsa davanti agli occhi atterriti della moglie e del figlio. Alcune delle dichiarazioni fornite da Procopio, inoltre, pare che vadano ad incrociarsi con alcune delle testimonianze rilasciate dal pentito Antonino Belnome, che già dalla fine del 2010 sta collaborando con la Dda di Milano facendo tremare molte 'ndrine calabresi.

Il Gip Rizzuti ha convalidato il fermo di Antonio Gullà e dello stesso Bruno Procopio - che giovedì era sfuggito al fermo ma che si è costuito il giorno dopo - mentre, pur non convalidando il fermo, ha disposto la custodia cautelare in carcere per Michele Lentini, Fiorito Procopio, Angelo Procopio e Vincenzo Bertucci. Gli arresti domiciliari, invece, sono stati concessi a Manuel Procopio, Francesco Vitale e Giovanni Nativo, mentre tutti gli altri fermati sono stati rimessi in libertà.  

 

 

https://www.ilvizzarro.it/Cronaca/faida-del-soveratese-18-fermi.html

 

 

 

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Giovedì, 15 Dicembre 2011 11:39

Faida del Soveratese, 18 fermi

Soverato18 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro, di cui 14 eseguiti stamattina dai carabinieri del Comando provinciale del capoluogo e della Compagnia di Soverato. L'operazione di stamane punta a fare luce sulla faida che ha interessato una vasta area compresa tra le province di Catanzaro, Reggio Calabria e Vibo Valentia. I fermati farebbero parte, secondo gli inquirenti, delle presunte cosche Sia-Procopio-Tripodi che sarebbero attive sul territorio di Soverato, Davoli, San Sostene, Montepaone e Montauro. L'accusa a vario titolo, per tutti i fermati, è di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina e ricettazione. Nel corso della stessa operazione gli uomini del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di 30 milioni di euro. Le persone fermate sono: Pietro Aversa (56 anni); Vincenzo Bertucci (28); Pasqualino Greco (50); Antonio Gullà (44); Michele Lentini (40); Giovanni Ativo (28); Giuseppe Pilieci (39); Angelo, Manuel, Fiorito e Francesco Procopio (25, 30, 58, 22); Giandomenico Ratta' (29), Mario Franco Sica (57) e Francesco Vitale (25).

 

 

 

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