mini carabieniri_notteI Carabinieri del Reparto Operativo del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno eseguito nella notte sei provvedimenti di fermo, emessi dalla DDA di Catanzaro, nei confronti di altrettante persone ritenute contigue alle cosche Bellocco di Rosarno e a quelle dei Lo Bianco e Fiarè, operanti invece nel territorio di Vibo Valentia. L'operazione, denominata “Insomnia”, ha fatto luce su un giro di estorsioni ed usura, reati tra l'altro aggravati dalle modalità mafiose.

La vittima, un commerciante di abbigliamento e oggetti preziosi, dopo aver subito una rapina per quasi mezzo milione di euro, aveva necessità di denaro per poter riavviare l'attività, ricevendo così una serie di prestiti. Gli usurai, però, a garanzia delle somme prestate, si erano fatti consegnare dal commerciante due orologi preziosi, assegni, una partita di gioielli ed anche una scrittura privata che li ponesse al riparo da possibili denunce.

Per ottenere le somme dovute, inoltre, gli usurai avevano anche più volte minacciato ritorsioni nei confronti del commerciante e dei suoi familiari fino a quando, però, la vittima non ha deciso di denunciare tutto ai militari.

Questi i nomi delle persone fermate: Salvatore Furlano, 46 anni, di Vibo Valentia, finito già in manette in passato per usura ed estorsione; Damiano Pardea, 29 anni, di Vibo Valentia; Gaetano Cannatà, 40 anni, di Vibo Valentia; Francesco Cannatà, 38 anni, di Vibo; Giovanni Franzè, 52 anni, di Stefanaconi e Alessandro Marando, 38 anni, di Rosarno.

 

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mini Uno_dei_momenti_pi_critici_per_MannoRiceviamo e pubblichiamo

Sei, sei sei: 6, il mese, giugno; 6, le riprese del match per il quale si stava preparando prima di essere chiamato per l’europeo; 6, il round al quale ha mollato definitivamente in una sfida che, già agli esordi, si preannunziava impari per via di un gap di preparazione. Volendo fantasticare si potrebbe prospettare lo zampino di Belzebù. Ma, restando coi piedi per terra era così, forse, che il destino aveva già scritto se stesso. A nulla, infatti, sabato scorso a Tolfa, sulle colline romane, è valso il coraggio da leoni di Benoit Manno, il calabrese (di Acquaro, VV), due volte campione italiano dei superpiuma, la cui forza d’animo e intrepidità non sono riusciti a prevalere sulla più accurata preparazione atletica di Emiliano Marsili, il detentore della cintura europea che, meritatamente, ha difeso e riportato in bacheca per la seconda volta. Manno, che ha avuto troppo poco tempo per prepararsi (gli è stato proposta l’opportunità appena 10 giorni prima del match, dopo la rinunzia del francese Anthony Mezaache, mentre il campione si stava preparando da due mesi) ha, inoltre, dovuto affrontare una ulteriore difficoltà, essendo salito sul ring col setto nasale fratturato da un pugno ricevuto nel corso di un allenamento di sparring del martedì precedente. Con la consapevolezza di colui che, qualunque fosse stato l’esito, avrebbe avuto tutto da guadagnare e niente da perdere, la strategia elaborata insieme al maestro Vottero è stata quella di un match di contenimento, per cui Manno ha avuto un approccio cauto sin dal primo round, consentendo, però, al campione in carica di dominare la scena. Così come ad avvio della seconda ripresa, nella quale Marsili, mancino come lo sfidante, ha sfruttato le sue qualità, mettendo in difficoltà Benoit il quale, però, a fine round è riuscito orgogliosamente a reagire sferrando un gancio in pieno viso al campione in carica che, tuttavia, lo ha accusato relativamente. Le successive riprese sono state quasi un deja vu, con un Marsili incalzante ed un Manno che, sebbene costantemente in difesa e ad ogni colpo al volto avvertisse dolori atroci per via del già detto setto fratturato, è comunque riuscito a portare a segno alcuni affondi mancini. Troppo poco per il pugile di Civitavecchia che, intenzionato a riportare a casa la cintura e ad aspirare, nel futuro prossimo, al titolo mondiale, al quinto round manda per ben due volte al tappeto il calabro piemontese il quale, in entrambi i casi, riesce a recuperare, rialzandosi e dimostrando un’audacia ed una caparbietà non convenzionali, come, tra l’altro, suggerisce il suo nomignolo, “The unconventional”. Ma non serve a tanto, poiché, subito dopo l’avvio della successiva ripresa, vittima di un micidiale destro, Manno è nuovamente al tappeto. Trovando quella forza che si riesce a reperire solo nei momenti di estrema criticità, lo stesso si rialza nuovamente ma l’arbitro, intuendo che le energie del valoroso sfidante avevano superato il limite di prolungamento, decreta la fine del match per ko tecnico, re incoronando Emiliano Marsili campione europeo dei pesi leggeri e proiettandolo, a detta degli osservatori esperti, verso un titolo superiore che per il trentottenne laziale rappresenterebbe il naturale prosieguo di una carriera agonistica sin qui impeccabile. Onore al vincitore e, in ogni caso, bravo a Benoit che, come dimostrano i tanti attestati di stima lasciati sulla sua pagina Facebook, rimane l’idolo dei suoi tanti fan e, forte di questo test che, quantunque lo abbia visto soccombente, gli ha dato tanto in termini di esperienza e crescita agonistica, è pronto a risalire in sella e cavalcare nuovamente l’onda dei successi. Con il sogno europeo che, per il momento, rimane nel cassetto, in prospettiva vi è la riconquista, ad ottobre, del titolo italiano contro il vincitore tra Angelo Ardito, attuale detentore, e Nicola Cipolletta (in programma l’11 luglio). Vi era, poi, l’intenzione di combattere, finalmente, un match giù in Calabria, ad agosto, ma l’europeo ha sparigliato tutto, in quanto la federazione gli impone un periodo obbligato di stop. Ad Agosto, ad ogni modo, in Calabria ci verrà comunque, per godersi le meritate ferie nell’azzurro mare della Costa degli Dei. Per i guantoni c’è tempo: ci si rivede ad ottobre.

Valerio Colaci

 

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giovanni bonazzaSERRA SAN BRUNO - Il sistema Tacfit, sviluppato da Scott Sonnon, si sta diffondendo in Italia solo da pochi anni, ma la sua indiscutibile validità lo ha già reso un punto di riferimento imprescindibile per molti soggetti operanti nel settore, tanto da renderlo il principale metodo d'allenamento adottato. Tra questi c’è Giovanni Bonazza, dottore in Scienze Motorie, giovane trainer serrese che, proprio in questi giorni, in seguito ad un semirio tenuto dalla Tacfit Field Instructor School presso il B-functional di Firenze si è guadagnato la prestigiosa International Certification - Level One.

L’attestato, frutto di una due giorni tenuta direttamente dal top trainer Alberto Gallazzi, permetterà quindi a Bonazza di poter svolgere la funzione di istruttore della sempre più famosa disciplina del Tacfit (Tactical Fitness) ai suoi numerosi assistiti.

Questa specialità si sta lentamente guadagnando un ruolo peculiare nell’ambito atletico, proprio per i notevoli miglioramenti raggiunti dai praticanti sia in relazione all’incremento della forza fisica, che per la coordinazione aerobica e la resistenza. Quello del Tactif rappresenta inoltre un programma mai monotono, che gli addetti ai lavori definiscono “vario”, ossia costituito da una serie innumerevole di micro cicli - oltre 108 da 4 giorni per un totale di 432 giorni - il che sta a significare che ci si può allenare anche per 36 mesi consecutivi senza mai ripetere lo stesso micro ciclo per 2 volte. Se a questo si aggiungono i circuiti Cst con i clubbells e i programmi speciali, la varietà diviene illimitata. Il tutto, inoltre, spendendo poco tempo della propria quotidianità: un allenamento Tacfit - tra mobilità, programma e compensazione finale - impegna da un minimo di 45 ad un massimo di 60 minuti. Ciò non può che agevolare, soprattutto, quelle persone che non hanno molte ore a disposizione da dedicare all'allenamento, ma che allo stesso tempo non vogliono rinunciare a conseguire buoni risultati.

Il sistema, in continua evoluzione, viene arricchito costantemente, ecco perché l’importante certificazione che si è meritata di recente Giovanni Bonazza ha una durata di soli due anni. Proprio l’esigenza di migliorarsi ininterrottamente e di raggiungere traguardi sempre più ambiziosi, rendono dunque il giovane trainer serrese uno dei migliori istruttori presenti nel territorio nel settore dell’allenamento fisico.

 

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Domenica, 04 Maggio 2014 16:56

A Mimmo Stirparo il Premio ‘Alda Merini'

mini stirparoCROTONE - Mimmo Stirparo poeta, giornalista e recensionista, con le liriche “All’ombra dell’antico noce” e “Le mie mani”, ha superato felicemente anche la seconda selezione al prestigioso concorso letterario “Premio Alda Merini” promosso e realizzato dall’Accademia dei Bronzi e dalle Edizioni Ursini di Catanzaro con il partenariato della Camera di Commercio della provincia catanzarese. La cerimonia di premiazione, avvenuta nel capoluogo regionale il 3 maggio, ha visto il nostro amico Stirparo insignito della Menzione speciale fuori concorso per la lirica “Le mie mani” ed inoltre questa poesia e l’altra “All’ombra dell’antico noce” sono ospitate nella prestigiosa antologia “Ho conosciuto Gerico”. Alla manifestazione letteraria, che ha avuto il privilegio dell’adesione del Presidente della Repubblica e di quella del Presidente della Camera dei Deputati e del Senato con le loro medaglie ufficiali, hanno aderito centinaia di poeti e scrittori provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa, a conferma della bontà del Premio “Alda Merini” e di tutte le tante altre iniziative culturali promosse dall’Accademia dei Bronzi e dall’editore Vincenzo Ursini. Durante la cerimonia di consegna dei riconoscimenti, realizzati dall’orafo dei Papi il crotonese Michele Affidato, la Giuria, formata dal Presidente Giovanbattista Scalise e da Mario Donato Cosco, Antonio Benefico, Antonio Montuoso e Mauro Rechichi, ha assegnato il 1° premio al calabrese Dante Mafia candidato ufficiale al Premio Nobel per la letteratura, e quattro exaequo a Maria Pina Abate di Angri, Mariella Bernio di Brugherio, Alfonsina Campisano Cancemi di Caltagirone e a Paola Pancaldi Pugolotti di Segrate e numerose segnalazioni di merito e menzioni speciali. Inoltre sono stati assegnati il premio speciale Medaglia del Presidente della Repubblica al prof. Giovambattista De Sarro, già Preside della Facoltà di Medicina dell’Università “Magna Graecia” e attuale Direttore del Dipartimento Scienze della Salute dell’Ateneo catanzarese; la Medaglia della Presidenza del Senato della Repubblica al M° orafo Michele Affidato; altri riconoscimenti speciali sono stati attribuiti a Mons. Domenico Graziani Arcivescovo di Crotone – Santa Severina, al Prof. Aldo Garozzo, Ordinario di Otorinolaringoiatria presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Magna Graecia, a Don Mimmo Battaglia, Presidente del Centro Calabrese di Solidarietà, a Giovanni Marziano, pittore catanzarese e alla giornalista Giulia Zampina. Chi è il poeta Mimmo Stirparo? Prendiamo a prestito le parole del compianto Angelo Pelaia, Direttore del periodico Il Laghetto dei Serresi nel mondo di Toronto, il quale ebbe a scrivere: “Se dovessimo dire qualcosa di lui non esiteremmo a dire che Mimmo Stirparo è un uomo che ha sempre cercato di essere sé stesso contrariamente a quanto accade oggi di fronte a tante persone a cui piace più apparire che essere. E se fossimo d’accordo con coloro che affermano che la vita è una commedia, diremmo che Stirparo segue la commedia umana, a volte con stupore, a volte con rabbia per le ingiustizie sociali, senza però perdere la speranza e tanto meno la fede in Dio, per cui la preghiera rimane sempre in lui l’unica fonte di ristoro reale”.
Per il critico letterario Renzo Baulini, il poeta di Serra San Bruno e crotonese di adozione è “uomo del Sud che ha un grado di sensibilità e di emotività alto, che non lascia sfuggire dal suo bagaglio i connotati della sua gente, le sofferenze in cui si dibatte. Una perlustrazione sofferta per una umanità che muore e che nasce, in un mondo generato da profonde contraddizioni e lacerazioni di classe. Poesia asciutta, limpida, sconvolgente, umana, quella di Mimmo Stirparo; storia d’ un’anima attenta a registrare il nuovo di se stesso,tutto proteso a partire dall’intimità degli affetti personali per elevarsi ad universalità. L’uomo crede poco! Ma l’artista va innanzi, segue la sua ispirazione e pertanto opera come dentro gli detta il cuore…e così ha fatto Mimmo Stirparo.” Secondo il poeta e storico Francesco Cosco, nella poetica di Stirparo “c’è brevitas sintoniae , ma sotto sotto un contenuto volutamente complesso, con carattere chiuso, si intravede un certo stile ermetico. Non lo sarebbe se l’umanità non si presentasse come “smarrita”, il giorno “effimero ed ingannevole” e “finalmente” non fosse notte … è ermetica come il verso – ed è “subito” sera – Noto con piacere la profondità del pensiero del nostro carissimo Mimmo”. Ed ancora. Per il prof. emerito Enzo Stirparo la poesia di Mimmo è “ dolce melodia che parla/ canta/suona/dipinge più di mille oratori/cantanti/musicisti/pittori. Pura estasi che ti fa parlare con Dio”. Infine per Antonina M. Corsaro, poetessa e critico, c’è “…purezza dello stile e lo scavo e ricerca non certo facile a cogliere l’umanizzazione della trascendenza e dell’essere.” Insomma, leggendo qua e là le sue pagine liriche, si ricava che, attraverso il filo sottile e armonico dell’introspezione e della sofferenza, Mimmo Stirparo volge il suo poetare verso una dimensione commovente della bontà e della fratellanza universale, pur nella consapevolezza delle amarezze, delle cadute e delle ingiustizie che accompagnano il cammino dei mortali sulla terra. Sono versi severi ed anche riflessivi e didascalici ma sempre alimentati dalla fiamma salvifica della Fede.
 
All’ombra dell’antico noce
Sotto un’altra luce di sole
giocavi tu
laggiù nella vallata
all’ombra dell’antico noce
lambito dall’acqua fluente
del fiume amico nemico.
Giocavi tu
e dalla collina dei cipressi
soffiava secco il vento
dei rimpianti, dei ricordi,
dei se.
Le mie mani 
Non rinsecchite al vento e al sole
non incallite
non indurite
non conoscono la nobile zappa
ma la penna:
canzone e musica,
palpito e gioia,
sacrificio e amore,
forza e tenerezza,
abbandono.
Le mie mani
fremono e parlano,
ascoltano
e tacciono.
Le mie mani,
silenzio e urla!
 
Dall’Antologia “ Ho conosciuto Gerico” – Ed. Accademia dei Bronzi, Catanzaro 2014
 

(Articolo pubblicato su Il Cirotano.it)

 

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Sabato, 18 Gennaio 2014 15:40

Serra, paese invaso dai topi

 

mini topo_via_silvio_pellicoSERRA SAN BRUNO – Fanno scorribande notturne, in pieno giorno e non sono ladri d’appartamento. Potrebbe essere l’inizio di un indovinello se non fosse che la risposa è fin troppo facile e conosciuta dagli abitanti del centro storico del popoloso centro montano: sono i topi! Secondo quanto siamo riusciti ad apprendere pare che ieri sono passati addirittura sulle scarpe di alcuni lavoratori. «Situazione intollerabile» fanno sapere alcuni abitanti di via Silvio Pellico dove proprio ieri un grosso ratto è stato fatto fuori dalla rabbia di qualche proprietario di case. «Abbiamo più volte denunciato la questione in periodi estivi ed ora anche d’inverno, ma non è stata mai risolta». Ora però il vaso è colmo e i cittadini serresi promettono battaglia. Diverse famiglie del centro storico sia di Terravecchia che di Spinetto lamentano l’inattività dell’amministrazione comunale che dovrebbe interessarsi del problema chiedendo l’intervento dell’Asp per la derattizzazione. Tanti i residenti del paese che rischiano di trovarsi con i ratti in casa o in negozio. La storia dei topi, delle fogne e della convivenza con i serresi è una questione annosa. Impossibile eliminare il problema senza un intervento radicale sulla fognatura e su alcuni fossi, da dove probabilmente, i grossi roditori escono in quanto trovano un terreno fertile per la loro proliferazione. Bene. Immaginate un gruppo di turisti che passeggia e incappa in un topo morto, con l’altissimo rischio di schiacciarlo. Non è un bello spettacolo, vero? Ecco, a Serra San Bruno non serve l’immaginazione, perché questo ‘’spettacolo’’, ultimamente, è andato in scena più volte. Insomma, i cittadini lamentano che in pieno centro - ormai da tempo - è possibile vedere ratti in circolazione, oltretutto a pochi metri da tanti esercizi commerciali molto frequentati. Chissà che come la fiaba dei fratelli Grimm, a soccorrere la popolazione non giunga da qualche paese sconosciuto un uomo che, al posto di trappole e disinfestatori, non porti con se un semplice piffero, con buona pace del borgomastro.

 

(articolo pubblicato su "Il Quotidiano della Calabria")

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cani cimiteroC’è voluto l’intervento di alcuni residenti della zona, nel quartiere ‘Spinetto’ a Serra San Bruno, per evitare il peggio. Nella mattinata di ieri, una donna è stata sorpresa da un branco di cinque cani randagi – tutti tra l’altro di grossa taglia – che l’hanno assalita facendola stramazzare al suolo. La passante, una volta aggredita dai cani, ha iniziato ad urlare terrorizzata, destando quindi l’attenzione di molti residenti del luogo che si sono subito precipitati in strada costringendo i cinque animali alla fuga e salvando quindi la donna dall’aggressione. La stessa è stata poi accompagnata nel locale presidio ospedaliero, dove gli sono state diagnosticate ferite lievi.

Un rapporto decisamente complicato quello tra gli abitanti della cittadina della Certosa ed i randagi. Una problematica dalla doppia faccia, dove a volte ad avere la peggio è l’uomo ed altrettante volte sono invece gli animali a subire soprusi e violenze. Come nel caso del cucciolo trovato – poco meno di un mese fa – letteralmente impiccato in piazza Mercato, poi fortunatamente salvato in extremis da un passante. Altro caso di maltrattamento, quello di quest’estate in piazza Guido – che destò anche le ire dell’ENPA provinciale, quando alcuni bambini furono sorpresi a giocare utilizzando un piccolo cucciolo di meticcio come pallone.

Caso a parte resta quello del locale cimitero, divenuto oggi domicilio fisso per molti randagi, liberati in branco – si sospetta – da qualche azienda, poco ‘diligente’, operante nel settore ‘accalappiacani’. Operazione agevolata dal fatto che il parcheggio afferente allo stesso camposanto è un luogo del tutto fuori mano e chiaramente poco frequentato nelle ore notturne. I cani, circa una ventina, hanno così finito per stanziarsi definitivamente tra le mura del cimitero, incutendo panico fra i visitatori che, sempre più spesso, con i fiori in mano – decisi a far visita ai propri cari defunti – sono costretti a fare dietrofront, intimoriti dalla presenza, appunto, di numerosi randagi, alcuni ancora cuccioli, altri dall’aria non proprio benevole.

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mini prefettura_viboIl record, non certo positivo, l'hanno raggiunto sia Nicotera che Briatico, Comuni sciolti per mafia per ben due volte nell'arco di circa 10 anni. Come loro, in Calabria, solo Rosarno e Roccaforte del Greco, Comune sciolto addirittura 3 volte tra il 1996 e il 2011. In Italia, nessuno. Ma quello delle amministrazioni pubbliche in cui sono state riscontrate ingerenze della criminalità organizzata non è solo l'ennesimo triste primato della nostra regione, e al dato statistico, impressionante, va aggiunto anche quello politico, che racconta di uno stato di temporanea sospensione della democrazia che, in alcune zone in particolare, sta diventando la normalità.

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mini scalacoeli
Riceviamo e pubblichiamo
 
 
Crediamo sia giunto il momento di dare a chi ricopre incarichi dirigenziali all'interno della Regione Calabria, più volte chiamato in causa nella vicenda di Scala Coeli, la possibilità di fornire delle risposte e di rendicontare ai cittadini per il proprio operato, dal momento che la classe politica regionale sembra scaricare sugli uffici ogni responsabilità e che le scelte effettuate hanno conseguenze tanto importanti sull'economia e sulla salute dei territori.  Abbiamo più volte sottolineato pubblicamente quelle che sembrano stranezze nell'iter autorizzativo della discarica di Scala Coeli. 
Le ribadiamo brevemente chiedendo delle risposte ai responsabili di questo procedimento, a partire dall'Ing. Bruno Gualtieri,  dirigente del Dipartimento Politiche per l'Ambiente della Regione Calabria, ovvero il dipartimento che rilascia tutte le autorizzazioni per discariche ed impianti, e chiamando in causa anche l'arch. Orsola Reillo, che ha firmato varie note autorizzative relative alla discarica, nonchè l'ing. Antonio Augruso, attuale responsabile del Piano Regionale dei Rifiuti. 
Ci piacerebbe sapere perché il dipartimento continua ad ignorare le coltivazioni biologiche nell’area intorno la discarica e sembra voler cancellare con un tratto di penna le coltivazioni DOP che sono indiscutibilmente presenti nella zona.
Ci piacerebbe sapere perché, di concerto con l'Arpacal, si permette che una discarica venga progettata in maniera diversa dal progetto, cambiando particelle, bacino idrografico, pendenza, fino al punto di non potere verificare che il volume reale della discarica sia effettivamente quello autorizzato, come confermato dai documenti dello stesso dipartimento, senza alcun intervento se non di parziale sanatoria.
Ci piacerebbe sapere perché, di concerto con altri dipartimenti regionali, una volta appreso (anche grazie alla denuncia dei comitati) che la discarica insiste su un'area priva delle corrette autorizzazioni idrogeologiche, in una zona ad alto rischio, si procede in sanatoria, per quanto a nostra conoscenza, senza alcuna verifica ulteriore e necessaria, il che significa cancellare con un tratto di penna il rischio idrogeologico.
Ci piacerebbe sapere perché si è ritenuto regolare l'utilizzo dei torrenti che passano intorno e attraverso la discarica, seppure il necessario iter di sdemanializzazione è stato avviato colpevolmente in ritardo ed era, al momento del parere positivo, ancora in itinere.
Ci piacerebbe sapere perchè, insieme ad altri enti, si continua a glissare sul problema della strada di accesso, che secondo prescrizioni AIA deve essere percorribile in sicurezza in tutti i periodi dell'anno senza se e senza ma, e che non è affatto  percorribile, come accertato dalle stesse istituzioni locali e da qualsiasi essere dotato di intelletto transitato da quelle parti, e su cui non sono stati autorizzati lavori da parte degli enti competenti. 
Ci piacerebbe sapere perché autorevoli organi regionali continuano ad ignorare che quello è un luogo di interesse rilevante da un punto di vista economico, ma anche naturalistico e archeologico, esattamente come fu ignorato per le discariche di Bucita, a Rossano, laddove insistevano siti archeologici dell'età del ferro e laddove la Regione ha permesso l'insediamento di due discariche ed un impianto regionale; laddove una delle discariche è sotto sequestro per disastro ambientale; laddove l'impianto è una truffa nei confronti dei calabresi perché, come abbiamo più volte denunciato,  non produce materiale a norma; laddove i cittadini attendono bonifiche urgenti ed improrogabili. Visto che tutto questo è di competenza del vostro autorevole dipartimento, ci aspettiamo delle risposte esaurienti.
 
Rete per la difesa del territorio 'Franco Nisticò'
 
 
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Su iniziativa del portavoce del M5S, Massimo De Rosa, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, con il supporto di numerosi parlamentari M5S, è stata depositata una interrogazione in Commissione Ambiente per accertare se le attività dell’impianto di discarica per rifiuti speciali non pericolosi, di proprietà della Ditta Bieco Srl, realizzata nel comune di Scala Coeli (CS), siano conformi alle leggi e tali da mettere al riparo la popolazione ed il territorio, altrimenti esposti ad un gravissimo rischio ambientale.
“Tale discarica - afferma De Rosa – è stata costruita con gravi difformità rispetto a quanto previsto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, difformità documentate da una nota della Provincia di Cosenza – Settore Difesa del suolo e Protezione Civile, dal parere sfavorevole del Dipartimento 6 - Agricoltura Foreste e Forestazione della Regione Calabria e dalla relazione di ispezione A.R.P.A.C.A.L. Il 20 maggio u.s. – prosegue il vicepresidente della Commissione Ambiente – la Ditta Bieco Srl, contravvenendo all’ordinanza n. 05 del 19/05/2013 del sindaco di Scala Coeli, ha avviato le proprie attività, facendo transitare i propri mezzi carichi sull’unica via di accesso alla discarica, costituita dal tratto di strada comunale Capoferro/Cordarella, un sentiero di campagna trasformato in una pista mediante l’esecuzione di lavori abusivi e di conseguenza non collaudati. “Siamo seriamente preoccupati – conclude il deputato – tale condotta rappresenta un serio pericolo per l’incolumità pubblica e privata e per il probabile disastro ambientale che si potrebbe arrecare, considerando che il tutto avviene a soli 4 Km dal mare Jonio. Inoltre la discarica si inserisce con violenza in un contesto agricolo di pregio (DOP Bruzio per l’olio e DOC Cirò per il vino, coltivazioni biologiche) in dispregio alle leggi nazionali e comunitarie (D.Lgs n.36/2003 Capo 2.1 “Ubicazione”), pertanto auspichiamo che vengano realizzati dei controlli approfonditi e presi i provvedimenti necessari alla tutela ambientale, sociale, sanitaria, economica e paesaggistica del territorio”.
 
 
 
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mini regione-Calabria-1Una signora che doveva farsi eseguire una scintigrafia ossea, effettuò la prenotazione presso il civico Ospedale Pugliese di Catanzaro. Poiché il primo turno utile di prenotazione appoggiava su una data distante tre mesi, dopo qualche tempo insistette nel chiedere se per caso si sia resa libera altra data più vicina. La risposta fu negativa, ma venne accompagnata dall’indicazione che l’esame poteva essere erogato a pagamento , ma a dire il vero, si aggiunse l’indicazione che anche altre strutture catanzaresi erano in grado di effettuarlo. La signora si informò della spesa da sostenere per effettuarlo a pagamento e la risposta fu che costava 150 euro. Ritenendo il costo troppo elevato, decise di telefonare al Sant’Anna Hospital, sempre a Catanzaro. Lì la risposta fu che le prenotazioni a convenzione pubblica per il breve periodo (mese successivo) erano esaurite e che per il più lungo termine ancora non si prenotava. Anche qui c’era però la possibilità di prenotazione a più breve distanza per la fascia a pagamento. La signora si informò del costo e seppe che costava 70 euro. Al che non ci pensò due volte a servirsi di quest’ultima alternativa, essendo a conoscenza che il ticket all’ospedale pubblico sarebbe costato forse anche di più.

Qualcuno del profondo nord, corrotto al pari di tutta la nostra bella terra italica, si permette ancora il lusso di affermare che in Calabria non paghiamo le tasse. A costoro va detto che oltre alle tasse paghiamo anche le gabelle, intese come dazi per poter vivere nel suolo in cui siamo nati. In effetti, tra le altre nauseanti esperienze di malfunzionamento di servizi, il più delle volte vitali, se sfortunatamente una persona si ammala ed abbisogna di un accertamento diagnostico, deve corrispondere una quota che però, sovente, non è per nulla una minor parte; spesso, infatti, la quota-parte ammonta a più dell’intero del costo della prestazione. Si deve precisare che per il solo uso della famosa ricetta rossa, si devono sborsare dieci euro, che si aggiungono allo storico ticket. Di conseguenza si può verificare che in taluni casi, tra costo ricetta e quota partecipativa, l’analisi venga a costare al malato più di quanto non costi in totale al servizio sanitario pubblico.  Pertanto è urgente affermare che si rende necessario fare in molti campi una valutazione un po’ più retta, iniziando dal considerare i cittadini come persone con i loro bisogni da amministrare onestamente e non come strumento per l’ascesa al potere. Così anche i conti della sanità potrebbero tornare  in quadra.

Col sistema regionale della sanità è stato creato un mostro sfrenato ed incontrollabile. Si va ripetendo che la Regione Calabria, a causa del suo “profondo rosso” ha bisogno di recuperare gli sprechi. Ma prima di gravare sui cittadini e prima che i cittadini si rassegnino, urgerebbe accertarsi dove siano stati allocati gli sprechi. Sicuramente non in servizi che sono stati invece fortemente compromessi, come per alcuni ospedali di montagna o di utilissimi front-line e guardie mediche nel mirino della nuova camaleontica parsimonia. Molto più efficace sarebbe l’eliminazione di prebende e rendite corruttive elettoral-mafiose. Nell’utopica ipotesi che, viceversa, i soldi dei cittadini fossero stati destinati a premurosi miglioramenti dei servizi, una scusante sarebbe in re ipsa. Oltretutto sarebbe potuto verificarsi un graduale risparmio di ritorno, derivante dal miglioramento della salute pubblica, specie se si tiene conto dell’elevata percentuale di anziani in Calabria, causata dalla forte emigrazione giovanile imposta dalla mancanza di lavoro.

Diversamente, per quale altra comprensibile buona causa dovrebbe essere spremuto ai cittadini il sangue che non hanno più da farsi estrarre neppure per le analisi?

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Martedì, 02 Aprile 2013 09:34

Alaco, il caso approda in Parlamento

mini diga-alacoLa questione “ Alaco” arriva a Roma. Il  deputato del Partito democratico Bruno Censore, insieme al collega Ferdinando Aiello(SEL), presenterà, già domani, un’interrogazione parlamentare relativa alle note vicende che hanno interessato l’invaso “Alaco” e che hanno provocato, e tutt’ora provocano, preoccupazione, disagi ed ansia fra la popolazione. Vicende che ormai da anni interessano i cittadini della Calabria ed in particolar modo quasi tutta la  popolazione residente nelle province di Vibo Valentia e Catanzaro.  “E’ giunto il momento di fare chiarezza sulla qualità delle acque che quotidianamente sgorgano dai rubinetti di 88 comuni calabresi - ha dichiarato l’onorevole Censore - e  di dare risposte precise a migliaia di cittadini stremati da un continuo balletto di ordinanze e di azioni a volte relative al divieto di utilizzo dell’acqua, poi revocate, altre volte alla chiamata in causa di autorevoli istituzioni in campo sanitario al fine di dare sicurezza sull’utilizzo a fini umani dell’acqua.
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